
Protezione internazionale, quali sono le forme attive oggi in Italia e come funzionano
Sono tre le tipologie di assistenza che lo Stato fornisce a chi arriva: al centro dell’attenzione c’è oggi la protezione speciale, di cui il governo vorrebbe cambiare le regole, e che viene rilasciata dalla Questura nel caso in cui la persona sia “oggetto di persecuzione o a rischio tortura”. Tuttavia, ci sono anche l’asilo politico e la protezione sussidiaria, concesse meno rispetto alla prima, che vengono rilasciate per chi rischia la morte nel proprio Paese

Sono tre le principali forme di protezione internazionale che in Italia uno straniero può richiedere, dall'asilo politico alla protezione sussidiaria fino a quella speciale, quella che potrebbe subire significative modifiche in Parlamento
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LA PROTEZIONE SPECIALE – La prima, quella oggi al centro dei riflettori, è la protezione speciale, che può essere chiesta dai cittadini stranieri direttamente alla Questura e viene rilasciata dal questore nel caso in cui, ai sensi dell’art.19 del Testo Unico Immigrazione, la persona possa essere "oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali"
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CASI ALTERNATIVI – Lo stesso vale anche in altre circostanze, cioè se ci sono “fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”
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RISCHIO PERSECUZIONE - Una modifica all'articolo 19 introdotta nel 2020 ha inoltre esteso il divieto di respingimento, espulsione o estradizione anche nell'ipotesi del rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare e del rischio persecutorio a causa dell'orientamento sessuale e di identità di genere
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DURATA E FUNZIONAMENTO - Il permesso di soggiorno per protezione speciale, dal 2020 convertibile anche in permesso di lavoro, dura due anni e il suo rinnovo è legato ad una rivalutazione della situazione da parte di una commissione territoriale. Le modifiche richieste dal governo nel decreto Cutro, con un subemendamento presentato sulla scia del decreto sicurezza del 2018, prevedono in diversi casi la cancellazione della possibilità di convertire la protezione speciale in permesso di lavoro
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IN CASO DI PATOLOGIE – Inoltre, si chiede di non considerare più le "gravi calamità" e le "cure mediche" tra i motivi dell'accoglimento della domanda: anche chi soffre di "condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie" potrà essere espulso, ad eccezione di chi soffre di patologie "non adeguatamente curabili nel Paese di origine"
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LE CALAMITÀ - Riguardo alle calamità (non più quelle "gravi" ma solo quelle "contingenti ed eccezionali") il permesso, per 6 mesi, non sarà più rinnovabile, ma prolungabile "per un periodo ulteriore di sei mesi"
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COME FUNZIONA - Dalla richiesta fino all'accoglimento della domanda, la persona assume lo status di richiedente asilo e può soggiornare regolarmente in Italia. Se concesso, l'asilo garantisce al rifugiato un permesso di soggiorno di almeno cinque anni (ma può essere rinnovato) durante i quali è possibile lavorare, accedere ai servizi per il diritto allo studio, alloggio, vitto e servizi sanitari
LA PROTEZIONE SUSSIDARIA - Diritti simili sono quelli garantiti anche da chi usufruisce della protezione sussidiaria, introdotta dall'Unione europea e recepita dall'Italia. Ne può beneficiare chi, pur non potendo essere considerato un rifugiato (quindi chi non può godere dell'asilo politico) "correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno" nel caso in cui tornasse nel proprio Paese di origine, dalla condanna a morte fino alla tortura

LE STATISTICHE - Nel 2023, su 19mila decisioni adottate finora dalle commissioni territoriali sulle richieste, il 20% è stato di riconoscimento della protezione speciale (3.800 permessi circa), il 17% di riconoscimento di asilo o protezione sussidiaria e il 63% è stato di diniego. Nel 2022 invece su circa 59mila decisioni delle commissioni, il 19% è stato di riconoscimento della protezione speciale (poco più di 10mila permessi), a fronte del 25% di riconoscimento della protezione internazionale. Il 56% delle decisioni è stato invece di diniego
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