Secondo il cardinale, in attesa del processo d’appello dopo la condanna in primo grado a cinque anni e sei messi di reclusione per peculato, la pubblicazione delle chat riservate "non può che suscitare profondo sconcerto. Tali rivelazioni confermano quanto da me denunciato sin dall'inizio e che, in gran parte, il processo ha già dimostrato. Solo scelte discutibili adottate dal Tribunale, su sollecitazione dell'Ufficio del promotore di giustizia, hanno consentito a queste conversazioni di rimanere segrete"
Condannato a dicembre del 2023 dal Tribunale vaticano, il cardinale Giovanni Angelo ha voluto replicare alle chat “omissate”, pubblicate dal quotidiano “Domani”. Nel ruolo di sostituto alla Segreteria di Stato, il cardinale Becciu, insieme ad altre persone, era stato ritenuto colpevole di peculato (uso illecito di denaro e beni da parte di chi li gestisce per motivi legati al ruolo) per tre diversi capi di imputazione, tra cui la compravendita del palazzo di Londra in Sloane Avenue con fondi elargiti a favore dell'imprenditore Raffaele Mincione. La pubblicazione delle chat riservate, ha detto Becicu, "non può che suscitare profondo sconcerto. Tali rivelazioni confermano quanto da me denunciato sin dall'inizio e che, in gran parte, il processo ha già dimostrato. Solo scelte discutibili adottate dal Tribunale, su sollecitazione dell'Ufficio del promotore di giustizia, hanno consentito a queste conversazioni di rimanere segrete".
Le conversazioni pubblicate
Le chat in questione, finora “omissate” dai magistrati vaticani, sono quelle relative a conversazioni tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di monsignor Alberto Perlasca, Genoveffa Ciferri. Oltre che di quest'ultima con il pg Alessandro Diddi. Messaggi nei quali vengono anticipati dettagli segreti dell'inchiesta sulla gestione dei fondi della Santa Sede. "Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni – ha aggiunto Becciu – in un'indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell'inganno sia giunto al termine", ha detto ancora.
“Condotte sconcertanti”
"Se scoprono che eravamo tutti d'accordo è finita" si legge in uno dei passaggi emersi dalle chat. "Una frase che, da sola, è più che eloquente", rileva il cardinale, in attesa per il prossimo 22 settembre del processo d’appello dopo la condanna in primo grado a cinque anni e sei messi di reclusione. "Rimane un'amarezza profonda nel constatare che individui capaci di tali nefandezze nei confronti di un cardinale - o indifferenti di fronte a esse - continuino a ricoprire ruoli di prestigio in Vaticano", ha spiegato ancora Becciu, il quale ha dato mandato ai suoi avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo "di intraprendere ogni azione giudiziaria necessaria per fare piena luce su condotte così sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità".
La difesa dell’imprenditore Mincione
Tra i nomi legati alla vicenda c’è anche quello dell'imprenditore Raffaele Mincione, co-imputato nel processo sulla compravendita del Palazzo di Londra. Secondo i suoi legali tali contenuti "confermano quanto da tempo già documentato e denunciato anche dalla nostra difesa davanti al Tribunale Vaticano e in sede internazionale". Le chat, affermano gli avvocati Gian Domenico Caiazza, Andrea Zappalà, Ester Molinaro e Claudio Urciuoli, rivelano, in particolare, “il coinvolgimento attivo dell'autorità giudiziaria vaticana e degli investigatori, nonché di soggetti estranei alle indagini e al processo, nella preparazione della testimonianza di monsignor Perlasca". Ci sono poi state "interferenze per orientare la narrazione accusatoria contro alcuni degli imputati". Insomma, concludono i legali, le conversazioni emerse "denunciano che il processo è stato, sin dalla sua origine, gravemente falsato”.
