Una storia di sopravvivenza impregnata di speranza, una "fiaba per adulti" che parla a tutti e di tutti: leggi la recensione di 'Anna', la visionaria serie tv di Niccolò Ammaniti tratta dal suo romanzo del 2015, una produzione Sky Original, interamente disponibile on demand e in streaming su NOW. ** ATTENZIONE, SPOILER SU TUTTO, ANCHE SUL FINALE!! **
ANNA, DI COSA PARLA LA SERIE TV
NO SPOILER
Sono passati quattro anni dall’arrivo in Italia della Rossa, una malattia causata da un virus che molto probabilmente è partito dal Belgio e poi si è diffuso in tutto il continente europeo (e quasi sicuramente anche nel resto del mondo). La Rossa, però, è una malattia molto particolare: è letale solo per gli adulti, mentre i bambini e i ragazzini sono temporaneamente risparmiati. Il virus, infatti, è legato agli ormoni, e si attiva solo quando viene raggiunta la pubertà.
Nel presente della serie, la tredicenne Anna vive da sola ormai da quattro anni, per l'appunto, col fratellino novenne Astor presso il Podere del Gelso, l’antico casale di famiglia situato non molto lontano da Palermo. Dopo la morte della madre – la coraggiosa e determinata Maria Grazia, che prima di spegnersi scrive il Libro delle cose importanti, un vero e proprio manuale di sopravvivenza per i figli –, i due sono cresciuti lì, protetti dal bosco, e le loro giornate, nel bene e nel male, si ripetono uguali ormai da più di mille giorni: la mattina Anna va in cerca di cibo in città, mentre Astor l’aspetta senza uscire dal confine segnalato con “le pezze,” perché, come sua sorella gli ha detto, fuori sono tutti morti ed è pieno di mostri, e lui, che è ancora troppo piccolo, a differenza sua non è invisibile, dunque per adesso non può muoversi.
Un giorno, però, Anna torna a casa e non trova più suo fratello. Capisce immediatamente che Astor è stato rapito dai Blu, dei bambini allo stato semi-selvaggio che se ne vanno in giro per l’appunto con la faccia e il corpo tinti di blu, così chiede aiuto a Pietro – un ragazzino di un paio di anni più grande di lei –, per ritrovarlo. Pietro le indica dove vivono i rapitori di Astor – in un’antica villa abbandonata a Bagheria –, ma si rifiuta di andare con lei: sta bene dove sta, al canneto, con la sua roulotte e il suo orticello, non vuole grane.
Anna, che ha promesso alla madre di proteggere Astor, si mette così in viaggio da sola, decisa a ritrovare tutto ciò che le è rimasto della sua famiglia. Viene fatta prigioniera da Mario, un ragazzino della sua scuola che vive rintanato nel supermercato di famiglia insieme al gemello Paolo, morto da poco proprio a causa della Rossa, ma, anche grazie all'arrivo di Pietro, riesce a liberarsi. Giunta a Bagheria, riesce a oltrepassare il cancello della villa e viene portata al cospetto della perfida Angelica, la regina dei Blu e dei Bianchi – i ragazzi più grandi, dei veri e propri morti che camminano. Divenuta sua prigioniera, conosce la famigerata Picciridduna, la grande bambina, l’unica persona adulta rimasta in vita, colei che, corre voce, può salvarti dalla Rossa con un bacio.
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** ATTENZIONE: qui cominciano gli SPOILER sulla trama, sui personaggi e SUL FINALE!! **
Dopo aver raggiunto per l’appunto la villa a Bagheria dove vivono i Blu e i Bianchi, Anna conosce Angelica la perfida “regina pazza” di quel luogo irreale. Angelica, che è un po’ più grande di lei e che è sempre stata profondamente cattiva (fin da bambina, come scopriamo nei flashback) presenta già i primi sintomi della Rossa – le macchie esantematiche che hanno dato il nome alla malattia –, ma si copre il viso e il corpo di pittura bianca e blu e promette ai suoi sudditi che grazie alla Picciridduna nessuno di loro si ammalerà e morirà. Ovviamente si tratta di una colossale bugia.
A proposito della Picciridduna: prima dello scoppio dell’epidemia si chiamava Katia e faceva la sarta, un’esistenza tranquilla, addirittura quasi nascosta, fino all’incontro con la bella e spigliata Ginevra, la sorella maggiore di Angelica, l’unica persona capace di risvegliarle qualcosa dentro. Anche Ginevra – che comunque stava per sposarsi – muore in poco tempo per colpa della Rossa, e Katia, rimasta ormai sola, dopo aver conosciuto per caso Angelica decide di seguirla e di affidarsi totalmente a lei, in un rapporto di dipendenza morboso e malato, finendo per vivere con la catena al piede (letteralmente!).
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Anna, il cast della serie tv di Niccolò Ammaniti. FOTO
Anna – che nel frattempo ha trovato Astor, ma lui non vuole seguirla, in fondo sta bene lì, insieme ai suoi nuovi amici – si rifiuta di sottomettersi. Angelica ordina ai Blu di catturarla e farla volare giù da un terrazzo, ma durante la fuga la nostra viene morsa alla mano sinistra da una vipera. Si risveglia legata a un letto, dolorante e con la febbre, e alla fine, nonostante la Picciridduna chieda di evitarlo, subisce l’amputazione del braccio, una decisione della sadica regina pazza. Riesce però a portare dalla sua parte Katia, e grazie a lei – che finalmente decide di ribellarsi, per non finire bruciata viva durante un assurdo rituale – riesce a uccidere Angelica. Intanto Astor, che si è pentito dopo quanto successo, su ordine di Anna è scappato ed è andato a cercare Pietro, ma per strada incontra un bambino appassionato di pupi siciliani e si ferma qualche giorno a casa sua.
Nel frattempo, Anna ha raggiunto la roulotte di Pietro, ma di Astor neanche l’ombra. In compenso il suo amico – o meglio, il suo più che amico – è stato colpito dalla Rossa. Prima di morire vuole raggiungere l’Etna, e per un motivo ben preciso. Quattro anni prima, dopo la morte della madre, Pietro viene preso sotto l’ala del loro vicino di casa, il bizzarro Saverio, che gli insegna come smettere di far soffrire le persone ammalate usando due sacchetti di plastica. Inizialmente Saverio sembra immune, ma poi anche per lui arrivano le macchie, e alla fine Pietro è nuovamente solo. Anche l’anima del suo amico, come quella della mamma e degli altri trapassati, è volata fino al vulcano, ne è certo: glielo ha detto proprio Saverio, d’altronde.
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Anna, un "mondo di orfani" nella nuova serie tv di Niccolò Ammaniti
Anna e Pietro raggiungono così l’Etna, ma incappano nel pazzoide Nucci, che si crede il padrone di quel luogo. Per punire Pietro, che l’ha sfidato, Nucci ordina ai suoi due compari di sigillargli la testa dentro un innaffiatoio di metallo. Anna, senza un braccio, purtroppo non può fare molto, ma riesce comunque ad accompagnare l’amico in alto, là dove ci sono le anime brillanti. Pietro muore di notte, da solo, perché perde l’equilibrio e cade mentre la sua compagna di (dis)avventure dorme. Rimasta nuovamente sola, Anna torna al Podere del Gelso…e lì ritrova Astor!
Dopo un lungo flashback incentrato sul momento della morte di Maria Grazia e sui cento giorni successivi, torniamo nel presente. I due fratelli si rimettono in viaggio, perché Anna, dall’Etna, ha visto la sponda calabra, il Continente, ed è convinta che forse lì qualche adulto ci sia ancora. Forse addirittura qualcuno ha trovato il modo di sconfiggere la Rossa, chi può dirlo? Raggiunta la spiaggia, Anna e Astor, dopo aver incrociato un elefante, salgono su un pedalò e pedalano, pedalano, pedalano verso l’infinito. Quando ormai tutto sembra perduto – il Libro delle cose importanti è caduto in acqua, non è un buon segno –, si imbattono in una enorme nave che sembra abbandonata in balia delle onde. Ma così non è: a bordo, infatti, ci sono ben cinque persone, quattro adulti e un neonato…allora è vero, un futuro migliore, un futuro diverso da quello immaginato fino a quel momento, è possibile, per lei e soprattutto per Astor…
UN CAST DI BRAVISSIMI ESORDIENTI (E NON)
Non si poteva non partire dal cast per aprire il commento alla serie, e non si poteva non partire da lei, dalla protagonista, interpretata dalla talentuosa esordiente Giulia Dragotto. I casting sono stati un processo lungo e impegnativo, e prima di scegliere Giulia sono stati fatti tantissimi provini. Alla fine, però, a spuntarla è stata lei, determinatissima, e in effetti bisogna dire che è stata proprio la scelta vincente, al punto che adesso è impossibile pensare alla ragazzina al centro della storia creata da Ammaniti senza vedere il suo volto e il suo sorriso. La giovane palermitana è riuscita a incarnare alla perfezione il suo personaggio, e la sua Anna è un mix vincente di “testa dura,” tenerezza e pragmatismo. Pollici in alto anche per il simpatico Alessandro Pecorella, l’interprete di Astor, che Lorenza Indovina – acting coach per i minori sul set – ha definito un professionista fatto e finito. Affidare la storia in mano a interpreti così giovani è stato senza dubbio un rischio calcolato – non si sarebbe potuto fare altrimenti, d’altronde –, ma dopo aver visto la serie si può dire che questa sfida è stata completamente vinta.
Giovanni Mavilla, anche lui esordiente, è un Pietro semplicemente perfetto (e anche un po’ diverso dalla sua controparte letteraria, ma questo è successo con quasi tutti i personaggi, dal momento che Anna, la serie, è una rivisitazione del romanzo più che un semplice adattamento). Leale e disponibile nei confronti di Anna – di quella ragazzina che, anni prima, per gioco, gli ha dato un bacio –, Pietro allo stesso tempo desidera solo una cosa: vivere senza “rogne,” almeno fino all’arrivo della Rossa, ormai vicinissima. Arrivati al penultimo episodio, quello dedicato in larga parte a lui, grazie a una serie di flashback scopriamo che questo suo desiderio di tranquillità ha un’origine ben precisa: deriva infatti dal suo rapporto con Saverio, il vicino di casa che, quattro anni prima dell’inizio della serie, lo prende sotto la sua ala dopo averlo aiutato a far smettere di soffrire sua madre, ormai agli sgoccioli. Un’interpretazione, quella di Mavilla, misurata ma allo stesso tempo molto intensa, non c’è che dire.
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A rimanere impressa più di tutti gli altri nella nostra mente – non ce ne voglia Giulia Dragotto, che ha fatto veramente un ottimo lavoro – è però l’Angelica di Clara Tramontano, la folle regina dei Blu e dei Bianchi, ma la cosa non deve stupire: i villain fatti bene sono sempre indimenticabili. L’attrice, artista e modella palermitana condivide il suo personaggio con Matilde Sofia Fazio – che compare nei flashback, un’Angelica ancora bambina, eppure già cattivissima (non c’è altro modo per definirla, come sa bene chi ha visto la serie!) –, e porta in scena un mix di sadismo, spietatezza e psicopatia (perché Angelica qualche disturbo ce l’ha inutile negarlo) assolutamente convincente e affascinante, seppur estremamente disturbante.
A proposito di giovanissimi: è doveroso citare anche Viviana Mocciaro (Anna da piccola, notevole la sua prova attoriale nell’ultimo episodio), Nicola Mangano (Astor da piccolo, anzi, da piccolissimo!), e Ludovico Colnago (Pietro da piccolo). Menzione d’onore – o meglio, di disonore! – ai gemelli Mario e Paolo, interpretati da Danilo e Dario di Vita, all’inquietante “Biancaneve,” interpretata da Sara Ciocca, e al bizzarro Nucci, interpretato da Vincenzo Masci, che sicuramente sarebbero andati d’accordo con Angelica, anche se lei in quanto a sadismo e cattiveria batte veramente tutti!
Veniamo poi agli adulti, in minoranza, eppure fondamentali. Le figure da segnalare, che compaiono tutte tranne una solamente nel passato, sono sostanzialmente quattro: Maria Grazia (Elena Lietti), Katia la Picciridduna (Roberta Mattei), Ginevra (Miriam Dalmazio) e Saverio (Nicola Nocella). Partiamo dalla fine, cioè dal personaggio di Nocella, che, volente o nolente, quattro anni prima dell’inizio della serie, quando scoppia l’epidemia di Rossa, si ritrova a fare da guida e da mentore a Pietro, che chiede aiuto proprio a lui per porre fine alle sofferenze della madre morente: chi l’avrebbe mai immaginato che per raggiungere la pace bastassero due sacchetti di plastica (anche biodegradabile, no problem) e che le anime brillanti volassero fino alle pendici dell’Etna? Saverio compare solo nel quinto episodio, eppure è una figura costruita a tutto tondo, nonostante abbia spazio solo in alcuni flashback. Convinto di essere stato toccato dalla Grazia e di essere immune al virus, anche lui, pietoso angelo della morte che si diverte a scorrazzare per le strade deserte su una rombante auto sportiva, a un certo punto è costretto a fare i conti con la realtà…e non la prende bene neanche un po’. La sua reazione, comprensibilissima, lo porta ad allontanare Pietro in maniera forte, emotivamente violenta, ma poi, quando i due si ritrovano per caso – Saverio, ormai morente, ha fatto un incidente ed è bloccato in macchina su una montagna di sabbia – non può fare a meno di rivolgersi a lui con affetto. È grazie a lui se Pietro “impara le basi” per sopravvivere in quel nuovo, assurdo e disordinatissimo (metaforicamente e letteralmente) mondo, ed è grazie a lui che, tutto sommato, se ne va in pace. Meglio credere a qualcosa di bello che non credere a niente quando è ora di morire, no?
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Il personaggio di Dalmazio è più che altro legato a quelli di Matilde Sofia Fazio e di Roberta Mattei. Ginevra è una ragazza dolce, solare, positiva, sincera e buona, praticamente l’opposto della sorellina, l’incarnazione del male. Sono queste sue qualità, oltre al suo splendido sorriso, a smuovere qualcosa dentro Katia, che si innamora all’istante di lei. Anche Ginevra, però, non fa una bella fine, e l’ultima volta che la vediamo è distesa sul suo letto, già in stato di decomposizione… Ovviamente Ginevra serve più che altro per caratterizzare Katia, la misteriosa Picciridduna, che nella serie trova finalmente lo spazio che si merita (ma lascia comunque il segno, specialmente in contrapposizione alla sorella). Il regno di Katia pre-Rossa è la sua stanza, dove lavora e dove sono appesi i bozzetti delle sue creazioni sartoriali. Il personaggio di Mattei è assolutamente affascinante, e rappresenta alla perfezione la solitudine: chissà come ci si deve sentire a essere l’unica persona adulta in un mondo di bambini… Il mistero che circonda la Picciridduna viene svelato verso la fine: è immune alla Rossa perché è un’ermafrodita, e la cosa deve aver mandato “in tilt” il virus. Molto belle le ultime scene di cui è protagonista, quando, insieme a Anna – a quella ragazzina che per certi aspetti le ricorda Ginevra nella sua forza vitale e che, soprattutto, le fa ricordare chi è – uccide la sua aguzzina e poi ne prende ufficialmente il posto, ma il suo sarà un regno molto, molto, molto diverso, ne siamo sicuri.
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Anna, il cast della serie tv: Roberta Mattei è la Picciridduna
Chiudiamo con il personaggio dell’ottima Elena Lietti. Premessa: chi scrive ha particolarmente apprezzato questa caratterizzazione di Maria Grazia e l’interpretazione dell’attrice saronnese. La mamma di Anna e Astor, come dichiarato dalla stessa Lietti durante la conferenza stampa di presentazione della serie, è una donna indipendente, pragmatica, autonoma, libera da vincoli, fedele solo a sé stessa e ai suoi bambini. Il modo in cui Maria Grazia si rapporta a e con Anna è assolutamente interessante: è la sua bambina, è ancora una bambina, ma lei, che la conosce meglio di chiunque altro, sa bene che è più matura dei suoi nove anni. Soprattutto, sa bene che dovrà crescere molto più in fretta del previsto… Lietti dà vita al suo personaggio con una tenerezza e una forza che colpiscono fin dalla prima scena. Nonostante compaia solo nei flashback, Maria Grazia è assai presente, passateci il gioco di parole, anche nel presente: i suoi insegnamenti sono racchiusi nel Libro delle cose importanti – un testamento d’amore totale come solo può e sa esserlo l’amore materno, quello che si preoccupa di sapere se hai mangiato e altre cose piccole ma non scontate –, mentre il suo ricordo, seppur sempre più sbiadito, perché la memoria oltre a essere imperfetta è anche “levigata” dal passare del tempo, è custodito dentro i suoi figli, soprattutto dentro Anna, molto simile a lei già fin da piccola, e ora più che mai. Bellissima l’ultima scena in cui compare, nel sesto episodio, nella visione di sua figlia, che la vede come un’astronauta, come una luce in mezzo al buio, un vero e proprio faro nella notte (ndr, è l’immagine del poster, in coda alla recensione).
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Anna, la serie tv di Niccolò Ammaniti: Elena Lietti è Maria Grazia
UNA FIABA PER “I GRANDI” CHE PARLA DI TUTTI E A TUTTI, UNA STORIA DI SOPRAVVIVENZA E SPERANZA
Anna si inserisce a pieno titolo nel cosiddetto genere survival, ma, allo stesso tempo, è anche una sorta di romanzo di formazione a doppia, forse anche tripla, velocità, e non potrebbe essere altrimenti, visto che i protagonisti ancora vivi nel presente sono tutti giovanissimi (e tutti diretti verso una morte anticipata, non dimentichiamolo). L’epidemia e le sue conseguenze sono solo il punto di partenza, come spiegato dallo stesso Ammaniti, per immaginare un mondo fatto solo di bambini e ragazzi, una sorta di universo parallelo regolato da nuove leggi e nuove dinamiche. Un mondo in preda al disordine – fisico e metafisico – in cui bisogna imparare molto presto a bastare a sé stessi, eppure, allo stesso tempo, un mondo in cui l’infanzia non è negata. Semplicemente è diversa dall’infanzia come la conosciamo oggi.
Anna è “un fiaba per adulti,” e alterna momenti di spensieratezza e leggerezza a momenti di estrema durezza e crudeltà. Riassumendo: così è la vita, piaccia o non piaccia, facciamocene una ragione. Ovviamente tutto è volutamente portato all’estremo: la crudeltà, per esempio, non è solamente quella di Angelica, dei gemelli, soprattutto di quello rimasto in vita, di Biancaneve, o di Nucci, ma è proprio quella dell’esistenza stessa, perché cosa c’è di più crudele di una bambina di nove anni che si ritrova a pulire le ossa della propria madre? E consideriamo che Anna è stata anche “fortunata:” non solo è cresciuta relativamente al sicuro entro i confini del bosco del Podere del Gelso, ma ha avuto anche il Libro delle cose importanti come guida. E poi c’è Astor, quell’ultimo pezzetto di famiglia da difendere e accudire, come promesso alla mamma, diventando lei stessa a tutti gli effetti una sorella-madre. È da lì che nasce la forza interiore del personaggio di Giulia Dragotto, una giovane eroina post apocalittica che ha veramente tante cose da insegnarci. Importantissima, a questo proposito, la tematica della memoria: Maria Grazia raccomanda a Anna di insegnare al fratellino a leggere, rimarcando inoltre l'importanza vitale del racconto come forma di memoria e del raccontare per non dimenticare il passato, perché è solo conoscendo il passato che si può costruire il futuro.
La visionaria serie tv scritta e diretta da Niccolò Ammaniti per Sky è una spietatissima storia di sopravvivenza impregnata di speranza. Se è vero che homo homini lupus, è anche vero che, restando sui modi di dire, la speranza è veramente l’ultima a morire, e alla fine la determinazione di Anna viene ripagata: ha vissuto momenti difficilissimi, ha un braccio in meno, ma ha ritrovato suo fratello, ed è riuscita a portarlo al sicuro. Non ci è dato sapere se gli adulti presenti sulla nave sono ancora vivi perché non contagiati o perché, effettivamente, nel frattempo qualcuno è riuscito a trovare una cura per la Rossa, ma quel neonato non lascia spazio a dubbi: un altro futuro è possibile, perché la vita, in un modo o nell’altro, continua.