Springsteen: Liberami dal nulla, la recensione del film con Jeremy Allen White al cinema

Cinema
Vittoria Romagnuolo

Vittoria Romagnuolo

20th Century Studios

Arriva nelle sale italiane l'atteso film biografico e musicale dedicato al Boss, al lavoro su uno degli album più rappresentativi della sua musica. Una fotografia autentica ed intensa degli anni Ottanta firmata da Scott Cooper con protagonista Jeremy Allen White, interprete maturo di un momento emozionante e complesso di crescita del cantautore

Bruce Springsteen è un mito che attraversa due secoli, un rocker pazzesco, un'icona generazionale, un uomo misterioso, un intellettuale non accademico, affascinante e profondo.
Un film biografico su di lui, Springsteen: Liberami dal nulla, che arriva nelle sale italiane il 23 ottobre, in una stagione cinematografica iniziata con i riflettori puntati su un altro biopic musicale di successo, A Complete Unknown, dedicato a Bob Dylan, sembra essere un'uscita perfetta per un momento storico di grandi proteste sociali — chi meglio del Boss ha saputo cantare il senso di smarrimento, di ingiustizia, di crisi degli ideali e non solo.
Aggiungiamoci il fatto che l'uomo chiave del progetto,  Jeremy Allen White, è uno degli attori più talentuosi della sua generazione, un artista che in due anni ha dovuto fare parecchio spazio sulla mensola del camino per metterci tutte le statuette vinte con The Bear.
Vorremmo poter dire che questo film, scritto e diretto da Scott Cooper, è figlio di scelte dettate dalle logiche di un'industria che spesso lavora intercettando le mode del momento, ma questa pellicola non ha nulla di contemporaneo, perché profuma già di classico del suo genere.
Merito, forse, della luce calda dell'autunno nel New Jersey, della vicenda senza tempo di un uomo dall'animo tormentato e di una colonna sonora con brani così familiari che sembrano vivere da sempre dentro di noi.

La trama: la genesi di Nebraska

L'arte nasce dal dolore, cresce dalla vita umana, è un pensiero attribuito a molti grandi creativi e che vale senz'altro per Bruce Springsteen che ha acconsentito a realizzare un racconto su una delle fasi più dolorose della sua vita quarant'anni dopo i fatti che vediamo sullo schermo.
È il 1982 e uno Springsteen poco più che trentenne si rinchiude in una casa di campagna con un registratore a quattro piste per incidere nuova musica nata da riflessioni solitarie nella sua camera da letto. I tour andavano bene, tutto il Paese conosceva il suo nome ma è proprio sulla soglia del salto verso una fama da cui non si torna più indietro che l'uomo ha paura di smarrire la sua voce, il suo legame viscerale con i sobborghi, con la casa dove è nato e con ciò che significa: una madre vulnerabile e un padre difficile, depresso e violento.
Il risultato è Nebraska, album intimo e struggente, che il Boss volle mettere sugli scaffali esattamente come lo aveva immaginato. Col suo buio, i suoi testi oscuri, il sound ovattato e grezzo, frutto di pensieri dalla stessa consistenza. Il disco più personale, quello che lo descrive meglio, senza hit, in apparenza. 

Leggi anche

Arriva a Roma Springsteen: Liberami dal nulla, film "spoglia il mito"

Il Boss di Jeremy Allen White

Le emozioni delle canzoni di Springsteen, specie quelle scritte nel periodo inquadrato dal film, sono dense, colpiscono come ondate violente, lasciano segni anche su chi sta seduto ad ascoltare la storia sullo schermo. Non è facile digerire il racconto di Cooper che è fedele alla storia come un documentario appena abbellito dal mezzo cinematografico. Il regista e sceneggiatore, personalmente legatissimo alla musica del Boss, ha portato la troupe nei luoghi del cantautore ma se il suo Springsteen risulta così autentico è merito della volontà comune con Jeremy Allen White di non farne un'imitazione.
L'attore statunitense, che ha imparato straordinariamente a cantare come il Boss (dopo aver registrato Born in U.S.A. ha perso la voce per due giorni, ha detto) e a suonare con la chitarra giusto le canzoni inserite nella pellicola, ha messo a punto l'ennesimo ritratto (dopo lo chef Carmen Berzatto di The Bear, impossibile non pensarci) di giovane uomo tormentato che trova nell'arte una formula di sopravvivenza.
Quando per lui era già arrivato il successo e le sue hit erano ovunque in radio, Bruce Springsteen mise una distanza tra sé e il mondo per affrontare i suoi demoni. Il cantautore visse questo momento della sua vita con grande imbarazzo: adesso è comune parlare di problemi di salute mentale anche tra gli artisti ma quarant'anni fa per lui fu durissimo capire che avrebbe potuto cominciare a risolvere le cose iniziando un percorso di psicoterapia.

Innamorarsi dei luoghi di Springsteen

La regia fatta di primi piani strettissimi, che alterna al presente il passato in bianco e nero, ci fa innamorare della vita che freme inquieta sotto le foglie del New Jersey, della brezza dell'Oceano e delle luci delle giostre di Asbury Park. Qui viviamo attimi di tenerezza tra il Boss e Faye, sua musa e interesse amoroso dell'epoca, interpretata da Odessa Young, una scelta di cast eccellente come quella di Stephen Graham nel ruolo del padre del cantante, Douglas.
Jeremy Strong, che dà il volto a Jon Landau, è memorabile nei panni del manager storico di Springsteen. Un ruolo di poche parole e molti sguardi che nella scrittura fanno storia a sé.
Scott Cooper, a Roma per la promozione del film, ha spiegato la pressione che sentiva mentre lo stava realizzando perché sia Springsteen che Landau sono cinefili incalliti. Il loro era un giudizio esperto.
Entrambi sono stati di supporto durante la lavorazione del titolo. Il Boss ha messo a disposizione della produzione materiali inediti dell'epoca e pare che, alla fine, non sia stato affatto deluso del risultato. Lo si capisce da quanto sia stato presente nel tour che ha accompagnato l'uscita del film. E della voglia di cantare dal vivo, a sorpresa, per il pubblico delle anteprime. Lo ha fatto a New York e anche alla première di Los Angeles, dove ha imbracciato la chitarra e ha accennato Atlantic City, primo estratto di Nebraska. Il film esce il 24 ottobre negli States (stesso giorno di uscita del box Nebraska ’82: Expanded Edition). Il Boss ha scherzato sulla sua "ultima notte nel business del cinema”. L'avventura del film dedicato a lui, invece, è appena iniziata.

Vedi anche

Deliver Me From Nowhere, Springsteen alla prima mondiale. FOTO

Spettacolo: Per te