Jeremy Allen White a Roma per Springsteen: Liberami dal nulla, un film che spoglia il mito
Cinema ©GettyIl regista e il protagonista dell'atteso biopic sul Boss hanno fatto tappa nella Capitale nell'ambito del tour promozionale che precede l'uscita del film nelle sale mondiali. L'incontro con la stampa e con i fan è l'occasione per discutere un progetto che svela i retroscena della nascita dell'album più personale di Springsteen, quello che lo racconta come uomo, in maniera profonda
Manca ancora qualche giorno all'uscita al cinema di Springsteen: Liberami dal nulla (in Italia esce il 23 ottobre con 20th Century Studios), il biopic dedicato a una parte della vita e della carriera di Bruce Springsteen ma tra i fan del Boss e i cinefili l'attesa per l'ultima fatica dell'americano Scott Cooper è tanta da mesi, sia per l'attenzione che ormai hanno i film biografici musicali (vedi A Complete Unknown, protagonista della scorsa stagione dei premi), che per la curiosità per la prova di Jeremy Allen White nei panni di una assoluta icona della musica.
Cooper e la sua star, l'attore americano consacrato da The Bear, interprete di ruoli difficili da dimenticare (tra cui The Warrior - The Iron Claw), sono a Roma per le anteprime con la stampa e con il pubblico (sfileranno stasera sul red carpet in Piazza della Repubblica) del film che preparano da anni.
Per Cooper si tratta di un privilegio incredibile, portare sullo schermo un pezzo della vita di Springsteen (in cinquant'anni, ricorda, il Boss non ha mai concesso a nessuno di adattare la sua storia) e in particolar modo, la genesi di Nebraska, uno degli album meno popolari ma tra i più apprezzati della leggenda del rock.
Che Springsteen: Deliver Me From Nowhere fosse un progetto speciale si era capito dal fatto che il Boss ne ha seguito la lavorazione fornendo la sua consulenza e molto materiale inedito.
Cooper, anche sceneggiatore e produttore, in prima linea nel tour che dopo Roma lo porterà a Lione, poi a Londra, ha spiegato quanto lo renda fiero parlare di Nebraska, primo album del Boss che ha ascoltato da bambino grazie a suo padre, morto alla vigilia del primo ciak. Nel film (che il regista ha dedicato proprio al genitore scomparso) la paternità e il rapporto tra padri e figli è centrale. Come succede in questi casi, la musica è un pretesto per parlare di una storia umana.
Nebraska, un disco che parla dell'America di oggi
“Bruce ha realizzato Nebraska nel 1982 ma è come se l'avesse scritto oggi”, ha detto Scott Cooper. “È un album che parla di un certo malessere, di una mancanza spirituale, di ambiguità morale. Springsteen è politico ma da un punto di vista umano. Il suo album parla di persone che vivono ai margini della società, in una quieta disperazione, persone che lottano per raggiungere il sogno americano ma non ci riescono. È pertinente per il periodo che stiamo vivendo adesso in America”.
Jeremy Allen White aggiunge: “Quando lo ascolto mi sento capito, nel disco c'è empatia. Nel mondo e negli Stati Uniti c'è tantissima rabbia, solitudine e confusione ma nel disco sento molta speranza”.
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Un film autentico come la musica del Boss
Nel film c'è tanta musica, come è ovvio, ma uno dei suoi temi è l'autenticità, nei confronti di un personaggio e una storia reale e non solo.
Il protagonista dice: “Molto di questo film riguarda l'onestà di Springsteen, quando torna nella sua città e non la riconosce. Ha problemi nel riconoscersi”.
Nebraska nasce da un momento di profonda crisi personale. Jeremy Allen White descrive Springsteen come un uomo che nel processare traumi irrisolti ha dato vita a un atto di creazione istintiva.
Scott Cooper aveva l'obbligo morale di riprodurre sullo schermo in maniera autentica la vita del Boss, per questo ha visitato i suoi luoghi mitici, gli studi di registrazione di New York, i posti dove ha suonato. Anche alcuni capi del guardaroba di Jeremy Allen White provengono dall'armadio del cantante.
L'effetto documentario è amplificato dal modo in cui ha operato sulla colonna sonora e sul suono. In linea con lo spirito di Nebraska e sulla scorta de La rabbia giovane di Terrence Malick, tutto è imperfetto.
Springsteen registrò un album a casa, “una pratica assolutamente non ortodossa”, dice Cooper, per l'epoca. “Bruce adottò un approccio radicale”, dice l'attore. Gli fa eco il regista: “Nebraska è il suo disco più punk, non come sound ma come spirito”.
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L'incontro con Springsteen
Jeremy Allen White ha esitato ad accettare il ruolo quando gli è stato proposto, per rispetto verso i fan del cantante ma ha cambiato subito idea quando ha saputo che Springsteen stesso aveva chiesto che lui lo interpretasse.
Il primo incontro tra i due è stato a un concerto a Wembley. “Springsteen era nel suo elemento e io avevo solo pochi mesi per cercare di catturare il personaggio”, ha detto l'attore. Springsteen sul palco carica le sue esibizioni di una fisicità quasi violenta, dice Jeremy Allen White, ma in lui c'è anche una dolcezza incredibile.
Sia Bruce Springsteen che Carmen Berzatto (lo chef che l'attore interpreta in The Bear, ruolo per cui ha vinto il Golden Globe, l'Emmy e vari altri premi) sono uomini che si portano dietro un vuoto. Dice l'attore: “Questi uomini soli, persi, sono interessanti per me, quelli in cerca di uno scopo. I film che significano qualcosa per me sono storie di appartenenza di ricerca di una famiglia. Sia Carmen che Bruce non sono in grado di comunicare emotivamente ma poi (il secondo) ci è riuscito con la sua arte, la sua musica”.
Per il trentaquattrenne già si parla di candidatura all'Oscar e lui sorride quando gli viene chiesto di commentare i giudizi positivi sulla sua performance. “Se siamo abbastanza fortunati da attirare quel tipo di attenzione sarà bello perché significherà che sempre più persone guarderanno il film”. Scott Cooper aggiunge: “Jeremy e Bruce hanno molto in comune, prima fra tutte l'umiltà. Credo che Jeremy meriti l'Oscar”.
Un film sull'uomo e non sul mito
Springsteen: Deliver Me From Nowhere è un film sull'uomo Bruce, che inquadra l'artista Springsteen nel momento in cui la sua popolarità stava per diventare globale.
La scrittura e la pubblicazione di Nebraska sono un momento perfetto per Scott Cooper per offrire un'immagine del cantante che non è quella di Born in USA o Born to Run. Precisa Cooper: “Il nostro obiettivo era spogliare l'icona, spogliare la mitologia. Ognuno ha la sua idea di Springsteen ma quando io, Jeremy e Bruce abbiamo parlato del progetto, l'idea non era quella di fare un film sull'icona ma su un uomo che soffre, su un uomo che in silenzio si stava sgretolando, Su un'anima che cerca di ripararsi attraverso la musica. Volevamo renderlo più umano”.
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