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A casa tutti bene 2, luci e ombre della borghesia romana secondo Gabriele Muccino

Cinema

Alessio Accardo

A distanza di un anno, ritorna in esclusiva su Sky Cinema e su Sky Serie, la seconda stagione della serie di Gabriele Muccino, reboot del suo omonimo film, prodotta da Sky Studios e Lotus Production - società di Leone Film Group. Invariato il cast, con alcune interessanti new-entry.

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Nel cinema di Gabriele Muccino, e ora anche nelle serie, non esistono i mezzi toni: tutto è sopra le righe, survoltato, parossistico. Esiste nei comportamenti dei suoi personaggi una costante esasperazione sentimentale che li porta a correre, agitarsi, inquietarsi, gridare, anzi urlarsi in faccia. Non ci si ama in queste storie, ci si adora appassionatamente in modo vagamente melodrammatico. Non ci si odia ci si detesta visceralmente. È quel che passa sotto il nome di “mucciniano” che è nel tempo divenuto persino un lemma della Treccani, questo: “s. m. e agg. Seguace o imitatore del regista Gabriele Muccino; tipico di Gabriele Muccino e delle sue rappresentazioni cinematografiche. Derivato dal nome proprio (Gabriele) Muccino con l’aggiunta del suffisso -(i)ano”.

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A casa tutti bene, Muccino racconta a Sky Tg24 la seconda stagione

Non fa eccezione l’incipit della prima puntata della seconda stagione di A casa tutti bene (LO SPECIALE), che torna a distanza di un anno sugli schermi di Sky, ancora prodotta da Sky Studios e Lotus Production - società di Leone Film Group, forte della vittoria del Nastro d’Argento 2022 come miglior serie dell’anno.

Inizia in medias res questa nuova stagione, tra corpi esagitati, gesti febbrili e respiri ansanti, come Muccino comanda. Strillano tutti, ricchi e poveri; quelli educati e agiati e i truci e miserabili. E tutti si baciano e si abbracciano disperatamente. Gli uomini sono per lo più fragili, le donne si direbbe isteriche se oggi non suonasse politicamente scorretto, ma insomma: ci siamo capiti. Sempre tampinati dappresso, assediati, dalla macchina a mano del regista che ha fatto di questo stilema la sua inconfondibile cifra stilistica.

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A casa tutti bene 2, i personaggi di Euridice Axen e Sveva Mariani

C’è tutto Muccino in questa serie-tv, come lo abbiamo imparato a conoscere da L’ultimo Bacio, se non addirittura da Ecco fatto o Come te nessuno mai: c’è l’amore in tutte le sue sfumature, dal sesso acrobatico all’apprensione paterna; e il suo contrario: i tradimenti laceranti e poi le vendette mefistofeliche, quando la fiamma della passione si è tramutata nella cenere del risentimento. E ancora i sussurri e le grida come in una versione patinata e romana di Ingmar Bergman. Perché a bene vedere è ben questo il paradosso apparente del cinema di Muccino: ritrae ambienti altoborghesi, affrontando per lo più tematiche sentimentali, eppure racconta storie pervase da un senso di ansia permanente, come se i personaggi che le abitano siano incapaci di essere felici, a prescindere dalla propria condizione sociale. In questo tratto sta, a nostro avviso, la cifra più interessante di questo autore il quale, forse persino al di là delle sue intenzioni, riesce a farsi interprete di un male di vivere tutto contemporaneo che, prendendo a prestito il titolo di un noto saggio di qualche anno fa, potremmo definite “l’epoca delle passioni tristi”.

D’altro canto, anche i peggiori detrattori del regista romano, non possono esimersi dal riconoscergli una dote indiscutibile che deriva da un talento innato (che o si ha o non si ha): la capacità di narrare. Vediamo. 

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A casa tutti bene 2, I personaggi di Milena Mancini e Valerio Aprea

Il primo degli otto episodi ha il compito di riallacciare le fila del discorso. Troviamo Carlo (Francesco Scianna) sull’orlo di una crisi di nervi perché Ginevra (Laura Adriani) è in coma. Diego (Antonio Folletto) costretto a giustificare l’impossibile al cospetto di sua moglie Sara (Silvia D’Amico) pervia di un’amante indomita e passionale; un caso di amore tossico, psicopatologico, a un passo dalla cronaca nera. E c’è Paolo (Simone Liberati) in preda a una disperazione inconsolabile a causa del figlio Giovanni (Federico Ielapi). A monte delle singole linee di plot aleggia nell’aria il trauma del finale tragico della scorsa stagione, che genera ferite impossibili da rimarginare e impone sul proscenio la figura matriarcale di Alba (Laura Morante), la nuova capofamiglia dei Ristuccia dopo la dipartita del marito Pietro, la quale rivela inquietanti zone d’ombra stile Lady Macbeth. Si palesa dunque subito, sin dalle prime scene, il tema principale della serie, anch’esso tutto inscritto nella poetica di Muccino: la famiglia, intesa come risorsa e come prigione, scaturigine di passioni e di tormenti; descrivendo una dinamica relazionale perversa che parrebbe a tutta prima voler assolvere la generazione dei figli (e delle figlie) segnati ineluttabilmente dalle colpe dei padri (e delle madri). Ma attenzione, non tutto è necessariamente quel che sembra.

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A Casa Tutti Bene 2, i personaggi di Laura Morante e Paola Sotgiu

Seppure il cuore del racconto mucciniano descriva principalmente la società benestante romana (che è evidentemente quella che il regista conosce meglio), in questo sequel il ventaglio sociale dello spaccato si allarga, passando dal ristorante stellato dei Ristuccia e dalla loro lussuosa casa vista mare dell’Argentario per finire nelle sordide celle di Regina Coeli dove viene tradotta la coppia di fratelli\carrozzieri Abbattista che nella prima stagione taglieggiavano Riccardo Mariani (Alessio Moneta) e sua moglie Luana (Emma Marrone) i quali vivono una condizione piccolo-borghese suscettibile di miglioramenti avendo ereditato una parte del ristorante. Il loro subplot è quello più popolare, adagiato su un registro stilistico dialettale, di stampo neorealistico. Completano il mosaico parentale gli altri Mariani: Sandro (Valerio Aprea) afflitto ancora e sempre di più da una forma precoce di Alzheimer che lo spinge a travisare l’identità di sua moglie Beatrice (Milena Mancini). Seguendoli scopriremo l’abisso delle malattie mentali e lo squallore delle case di cura, e tutto il dolore che cova sotto la patina del luccicore soltanto apparente di questi borghesi benestanti.

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A casa tutti bene 2, i personaggi di Laura Adriani e Antonio Folletto

Insomma, sebbene Muccino si ponga nel solco stilistico della commedia all’italiana di Dino Risi o Ettore Scola, per sua stessa ammissione e pervia dei tanti reiterati omaggi (il più esplicito dei quali è Gli anni più belli, quasi un plagio di C’eravamo tanto amati), di quel retaggio egli sembrerebbe interessato a ricalcare soprattutto l’anima dolente e più drammatica. Forse perché questo genere di cinema (anche se è tv, ormai le serie sono cinema a tutti gli effetti) è sempre stato un sismografo della società che lo ha prodotto, e se i maestri venerati di cui sopra potevano raffigurare le viltà cialtronesche dei Gassman e dei Sordi come una sorta di nemesi storica della società allegra e rampante del lungo dopoguerra, gli autori contemporanei sono costretti a riflettere i tempi contratti e lividi dei giorni nostri. Ecco allora che i rapporti famigliari sono per lo più turbolenti e rissosi e le relazioni sentimentali persino feroci, tra avvocati matrimonialisti e tribunali per l’infanzia.

Ecco che dunque, quello che all’apparenza sembrerebbe essere il più pacificato dei nostri autori (almeno nella vulgata più diffusa) si rivela quello più capace di registrare e rappresentare tutte le inquietudini represse della borghesia italiana (e non solo), e perciò le luci e le ombre della nostra vita.

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Stories, "Gabriele Muccino - Lessico Famigliare". VIDEO

Confermatissima la compagine produttiva al cui capo c’è la Leone Film Group società di produzione e distribuzione fondata alla fine degli anni ’80 dal grande Sergio e oggi gestita dai figli Andrea e Raffaella. Produttore creativo è Barbara Petronio che ha scritto la meglio serialità italiana da Romanzo criminale a Suburra. Esce invece rispetto alla prima stagione la sigla di Jovanotti che apriva ogni puntata, ma viene sostituita da brani meravigliosi come, ad esempio, Extreme Ways di Moby. La colonna sonora è invece affidata ancora una volta a Paolo Buonvino, che ha debuttato al cinema nel 1988 proprio musicando l’esordio di Muccino Ecco fatto.

Occhio a Tom Leeb, cantautore e attore francese dalla bellezza sconvolgente che, in omaggio alla tendenza imperante dei cooking show, interpreta uno chef stellato in un piccolo ruolo cruciale.