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Blonde, le recensioni della critica, dal New York Times al Los Angeles Times

Cinema
©IPA/Fotogramma

Secondo alcuni critici internazionali il regista Andrew Dominik ha raccontato le ombre della vita di Marilyn Monroe senza fare spazio alla luce: l'infanzia tormentata, gli abusi sessuali e gli aborti rappresenterebbero soltanto una parte della dolorosa ma intensa esistenza di una delle attrici più talentuose e amate di Hollywood

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Gli sbuffi della grata della metropolitana agitano le pieghe del vestito bianco di Marylin Monroe, che mentre trattiene a stento la stoffa ribelle sorride illuminata dai riflettori. La nota scena del film Quando la moglie è in vacanza apre Blonde, il biopic sulla vita di Norma Jeane Baker, la donna, e di Marilyn Monroe, la maschera, diretto da Andrew Dominik e presentato alla settantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dove è stato accolto da quattordici minuti di standing ovation. Dopo l'uscita sulla piattaforma Netflix, il rumore delle critiche ha però sostituito il suono degli applausi: la rappresentazione di Marilyn (interpretata dall’attrice cubana Ana de Armas) risulterebbe sessista e crudele, a partire dalla prima iconica scena in bianco e nero nella quale la star di Hollywood compiace le telecamere esibendo il suo corpo.

UNA VITA TRAGICA

Basata sull’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, la pellicola ripercorre la breve, intensa e dolorosa vita di Marilyn Monroe. “In Blonde, il dolore non finisce mai. Gli insulti, gli abbandoni, le percosse, gli stupri, le dipendenze, le perdite di coscienza e di identità non sono solo colpi di scena o ostacoli crudeli; sono i principi organizzativi del film”, ha commentato il Los Angeles Times. Dall’infanzia solitaria e inquieta, pervasa dall’instabilità mentale della madre Gladys (che tenta di affogare la figlia in una vasca da bagno) e svuotata dalla presenza di una figura paterna, Norma Jeane abita orfanotrofi e case-famiglia, vive periodi di povertà, cerca Cechov ma ottiene ruoli mediocri, sopporta insulti sulla propria intelligenza, combatte per la propria salute mentale, affronta problemi di dipendenza da sostanze, sopravvive agli abusi sessuali e assorbe l’attenzione morbosa dei fans. Secondo il New York Times, “considerati tutti i trattamenti indegni e gli orrori che Marylin Monroe ha tollerato durante i suoi 36 anni di vita, è un sollievo che non abbia dovuto sopportare le volgarità di Blonde, l’ultimo intrattenimento necrofilo per sfruttarla”.

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OPINIONI DIVERGENTI: ADRIEN BRODY E PLANNED PARENTHOOD

Adrien Brody, che nel film interpreta Arthur Miller, drammaturgo e terzo marito di Marilyn Monroe, ha invece difeso le scelte narrative del regista Dominik. In un’intervista a Hollywood Reporter, l’attore ha infatti spiegato che “dal momento che il film racconta una prospettiva in prima persona, finisce in qualche modo per diventare un’esperienza traumatica, perché tu sei dentro di lei – il suo percorso e i suoi desideri e il suo isolamento – in mezzo a tutta questa adulazione. È coraggioso, e ci vuole un po’ per digerirlo. E penso che confligga con la percezione che il pubblico ha della sua vita”. Tra le scene più discusse, l’abuso sessuale subito da un produttore agli esordi nel mondo del cinema, il sesso orale consumato tra Marilyn - “carne in consegna" - e il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e gli aborti esplorati dall’interno della vagina. La scena dell’interruzione di gravidanza, tra rimorsi di coscienza, allucinazioni e un surreale dialogo tra Monroe e il feto mai nato, ha peraltro provocato l’indignazione di Planned Parenthood per aver contribuito alla propaganda anti-aborto: “Dal momento che i film e la televisione forgiano la comprensione di molte persone sulla salute sessuale e riproduttiva, è cruciale che queste rappresentazioni raffigurino accuratamente le reali decisioni ed esperienze delle donne. Sebbene l’aborto sia sicuro, un’assistenza sanitaria essenziale, i fanatici anti-abortisti hanno contribuito a lungo a rafforzare lo stigma sull’aborto, sfruttando descrizioni mediche inaccurate dei feti e della gravidanza”, ha contestato a Variety Caren Spruch, direttrice nazionale per l’impegno artistico e dello spettacolo. In particolare, secondo l'organizzazione la riproduzione con tecnologia CGI di un neonato completamente formato causerebbe misinformazione sul tema, rafforzando così la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che lo scorso giugno ha ribaltato il precedente Roe v. Wade per negare il diritto all’aborto.

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UN RITRATTO A METÀ

“Tutto ciò che manca da questo ritratto è, quindi, qualsiasi altra cosa, incluse la personalità e la vita interiore della Monroe, la sua intelligenza, il suo spirito, la sua esperienza e tenacia; il suo interesse nella – e la conoscenza della - politica; l’impegno che ha dedicato al ruolo di attrice e la vera profondità delle sue ambizioni professionali”, ha scritto il New York Times, lamentando l’assenza di riferimenti cinematografici al talento, agli straordinari tempi comici, alla capacità comunicativa e gestuale e alla grazia dell’attrice.

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LE CRITICHE SOCIAL DI EMILY RATAJKOWSKI

Alle voci contrarie alla rappresentazione tragica della Monroe si è aggiunta quella della modella e attrice Emily Ratajkowski, che in un video su TikTok ha criticato il film. “Amiamo esaltare il dolore femminile. Guardate Amy Winehouse, guardate Britney Spears, guardate il modo in cui siamo ossessionati dalla morte di Diana, il modo in cui siamo ossessionati da ragazze uccise e serial killers. Guardate qualsiasi episodio di CSI, è incredibile questa folle esaltazione del dolore e della morte femminili”.

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LA DIFESA DELLA SCRITTRICE OATES

Una diversa interpretazione è stata data da Oates, che ha invece apprezzato l'indagine sulla vulnerabilità di Marilyn: “Penso che sia uno splendido lavoro di arte cinematografica, ma ovviamente non per tutti. Mi sorprende che nell’era post #MeToo la forte esposizione della predazione sessuale a Hollywood sia stata interpretata come sfruttamento. Sicuramente Andrew Dominik ha voluto raccontare la storia di Norma con sincerità”, ha dichiarato, sottolineando poi il messaggio di denuncia del film: "La giovane star Norma Jeane Baker non aveva la possibilità di raccontare di aver subito uno stupro. Nessuno avrebbe creduto a una starlet, o gliene sarebbe importato; e lei sarebbe stata licenziata e inserita nella lista nera".

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