Si tratta di uno dei dati discussi nel corso di un congresso organizzato da AstraZeneca a Roma, dove sono intervenuti i maggiori esperti in materia. Ad oggi, hanno spiegato tra l’altro gli oncologi, i pazienti che vivono dopo la diagnosi di tumore, e che continuano a crescere di anno in anno, sono circa 3,6 milioni
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Nell’arco degli ultimi sei anni, ovvero dal 2015 al 2021, la mortalità legata ai tumori in Italia è diminuita del 10% negli uomini e dell'8% nelle donne. A fare il punto della situazione sul tema e sulle terapie oncologiche è stato l'evento scientifico, organizzato da AstraZeneca, svoltosi presso il Centro Congressi La Nuvola, a Roma, che ha raccolto i maggiori esperti in materia. Durante i lavori, gli specialisti hanno analizzato i dati relativi, tra gli altri, ai tumori del sangue e a quelli della mammella e della prostata, patologie per cui sono stati compiuti molti progressi anche grazie alle campagne di prevenzione. Ma anche grazie alla diffusione degli screening oncologici e alle molecole più recenti che permettono di centrare con sempre maggior accuratezza il “bersaglio” presente sulle cellule tumorali. I pazienti però, hanno spiegato gli oncologi, potrebbero beneficiare di cure migliori se tutti potessero avere accesso ai test genetici, abili nell’individuare la presenza di mutazioni che rendono alcune neoplasie rispondenti alle terapie.
Alcuni numeri emersi
Tra i numeri discussi, quelli che riguardano i pazienti che vivono dopo la diagnosi di tumore e che continuano a crescere di anno in anno: oggi sono circa 3,6 milioni. In particolare, hanno sottolineato gli specialisti, 7 pazienti su 10 colpiti da tumori del sangue sono vivi a 10 anni dalla diagnosi o possono essere considerati guariti. La leucemia linfatica cronica, ad esempio, riguarda 3.400 persone ogni anno nel nostro Paese e rappresenta la più frequente fra le leucemie. Per trattarla, è stato ribadito, la più consueta immuno-chemioterapia è però efficace solo in alcuni casi. Infatti, “dopo la revisione delle linee guida europee, che ha ridotto i pazienti candidabili a questo approccio, le terapie mirate sono destinate a diventare sempre più lo standard di cura”, ha riferito Armando Santoro, direttore dell'Humanitas Cancer Center presso l'Istituto Clinico Humanitas Irccs di Rozzano (Mi).
L’importanza dei test per la ricerca di mutazioni genetiche
Ad essere fondamentale, come detto, è spesso e volentieri la possibilità di accedere a test per la ricerca di mutazioni genetiche. Infatti, hanno riferito ancora gli esperti, conoscere se siano o meno presenti, risulta particolarmente importante nella scelta delle terapie migliori per determinate tipologie di tumore. Per quanto concerne, ad esempio, i tumori del seno ereditari in stadio precoce, su donne con mutazione dei geni Brca1 e 2, la terapia mirata con il farmaco “olaparib” colpisce le mutazioni di questi geni per abbassare la percentuale legata al rischio di recidiva. Ma lo stesso medicinale, come riferito da Romano Danesi, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio Aou Pisana, ha anche “aperto l'era della medicina di precisione anche nel tumore della prostata”. Infatti, “la molecola ha più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione di malattia, garantendo buona qualità di vita per pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione con mutazioni Brca1/2”, ha aggiunto. Le mutazioni genetiche, tra l’altro, possono indirizzare la scelta della terapia anche nei casi di tumore del polmone che, in Italia, ha provocato 34mila decessi solo nel 2021. “Nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce il trattamento post-chirurgico con osimertinib, terapia mirata anti EGFR, ha intento curativo. Parlare di guarigione in questa malattia è un grande risultato, impensabile pochi anni fa”, ha sottolineato ancora Danesi.