Lo ha sottolineato una ricerca condotta dagli esperti dal New York-Presbyterian Hospital che hanno elaborato una serie di dati, riferiti a pazienti americani e a partire dal 2016, da cui è emerso anche che lo screening con PSA ha consentito di salvare circa 270mila vite
Il rapporto tra rischi e benefici legati allo screening per il cancro alla prostata con il test del PSA, esame che misura i livelli nel sangue dell’antigene prostatico specifico, una proteina prodotta dalle cellule della ghiandola prostatica, è più evidente di quanto creduto fino ad oggi. È vero, infatti, che in molti pazienti che si sottopongono all'esame vengono diagnosticati tumori a crescita così lenta da non creare nessun problema nel corso della vita, ma la probabilità che ciò avvenga è circa la metà di quanto si ritenesse. Lo ha segnalato una ricerca condotta dagli esperti dal New York-Presbyterian Hospital e pubblicata sulla rivista “NEJM Evidence”.
Il rapporto rischi - benefici
Fino a oggi, hanno rilevato i ricercatori, si è creduto che per ogni persona salvata dal decesso causato dal cancro alla prostata grazie allo screening, 23 persone potessero ricevere una diagnosi legata ad un tumore che non avrebbe creato nessun problema nel corso della vita, anche perché a crescita molto lenta (sovra-diagnosi). Invece, sono 18 i pazienti che si sottopongono a trattamenti antitumorali da cui non traggono alcun vantaggio, andando incontro però agli effetti collaterali delle cure stesse (sovra-trattamento). Lo studio americano, in sostanza, ha ridimensionato e smentito questi valori. Gli scienziati coinvolti nel lavoro di ricerca, infatti, hanno elaborato nuovi calcoli attraverso i quali è stato possibile allungare il periodo di osservazione, sulla base della tesi per cui il cancro alla prostata è un tumore a crescita molto lenta. E, così facendo, si è scoperto che il rapporto tra benefici e rischi risulta più favorevole di quanto si fosse creduto in precedenza.
I dati emersi dallo studio
Per arrivare a questa tesi, i ricercatori hanno elaborato una serie di dati riferiti a pazienti americani a partire dal 2016, da cui è emerso che lo screening con PSA ha consentito di salvare circa 270mila vite. Inoltre, gli stessi esperti hanno stimato che il numero di diagnosi in eccesso per ogni vita salvata risultava essere tra 11 e 14 e non più 23, mentre il numero di trattamenti in eccesso era tra 7 e 11, non 18. Tra l’altro questo rapporto è risultato essere ancora più favorevole per le persone di pelle nera, per le quali i valori sono rispettivamente 8-12 e 5-9 per ogni vita salvata. In virtù di questi dati elaborati, i ricercatori hanno rivolto un appello, invitando i “policy maker a riconsiderare l'utilità dello screening per il cancro alla prostata basato sul test PSA, soprattutto per le persone di pelle nera”.