Ricordi, scoperto il meccanismo con cui si rafforzano dormendo

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Lo ha indagato un team internazionale di ricercatori, in uno studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications”. I risultati, hanno confermato gli esperti, “gettano nuova luce sulla funzione di memoria del sonno e sottolineano l'importanza di rispettarne i ritmi per orchestrare la creazione di ricordi”

Durante il sonno, il nostro cervello arriva ad elaborare particolari e specifici schemi di attività e, quando alcuni di queste si intrecciano, le esperienze apprese in precedenza vengono riattivate, aiutando a cementare i ricordi. E’ quanto sostiene uno studio condotto da un team internazionale di esperti, che sono riusciti ad esplorare l'affascinante ma altrettanto misterioso legame che intercorre tra i ricordi ed il sonno stesso.

Il monitoraggio dell’attività cerebrale durante il sonno

Gli esiti di questo lavoro di ricerca sono stati pubblicati di recente in un articolo apparso sulla rinomata rivista scientifica “Nature Communications”. Gli studiosi, per arrivare a produrre la loro tesi, sono partiti da un dato abbastanza riconosciuto. Come noto da tempo, infatti, durante la fase del sonno vengono riattivate nel cervello una serie di informazioni apprese già in passato e tale meccanismo permette di conservare i ricordi, anche a lungo termine. Per approfondire questo aspetto e comprendere più nel dettaglio come tutto ciò avvenga, il team di ricercatori ha ideato alcuni nuovi test in cui ai partecipanti sono state mostrate informazioni prima di addormentarsi. In seguito, la loro attività cerebrale è stata monitorata durante il sonno attraverso i movimenti oculari non rapidi (NRem). I partecipanti sono stati poi intervistati dopo il risveglio, con l’idea di collegare l'entità della riattivazione della memoria mentre dormivano, alla effettiva capacità di ricordare una volta terminata la fase del sonno.

Gli esiti dello studio

Da ciò che è emerso, i ricercatori hanno potuto valutare come centrale la combinazione di due attività cerebrali che svolgono un ruolo significativo: le oscillazioni lente, in sostanza gli impulsi neurali che viaggiano come fossero delle “onde” da un punto all'altro nella corteccia cerebrale durante il sonno profondo, ed i fusi del sonno, ovvero inattese e rapide “esplosioni di attività cerebrale oscillatoria”, come le hanno definite gli esperti. Si tratta, in questo caso, di situazioni che preannunciano il passaggio da uno stadio leggero di sonno, ad uno più profondo. “Abbiamo scoperto un'intricata interazione di attività cerebrale, oscillazioni lente e fusi del sonno, che creano finestre di opportunità che consentono questa riattivazione”, proprio come finestre che riattivano i ricordi, ha spiegato Bernhard Staresina, della School of Psychology dell'Università di Birmingham. “Questi risultati gettano nuova luce sulla funzione di memoria del sonno e sottolineano l'importanza di rispettarne i ritmi per orchestrare la creazione di ricordi”, ha aggiunto invece Thomas Schreiner, ricercatore della Ludwig-Maximilians-University di Monaco.

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