Caso Conte-Meloni, il presidente della Camera Fontana scioglie il Giurì d'onore

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La decisione segue la richiesta inoltrata ieri dal leader del M5s che lamentava l'assenza di criteri di "imparzialità che avrebbero dovuto ispirare i lavori". L'organismo presieduto dal forzista Mulè si stava occupando delle accuse rivolte dalla premier Meloni all'ex presidente del Consiglio sulla firma del Mes avvenuta "da dimissionario" e "contro il parere del parlamento". Lo stesso Mulè attacca: "Oltraggiata l'istituzione del Giurì"

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Dopo la richiesta inoltrata ieri dal leader del M5s Giuseppe Conte di sciogliere il Giurì d'onore perché sarebbero venuti meno i criteri di "imparzialità che avrebbero dovuto ispirare i suoi lavori", il presidente della Camera Lorenzo Fontana "prende atto di tale istanza" e annuncia che "il Giurì d'onore deve considerarsi sciolto". La decisione è stata letta in un comunicato dalla vicepresidente di turno della Camera Anna Ascani.

Mulè: "Oltraggiata istituzione Giurì"

Come si apprende da fonti di Montecitorio, Fontana - prima delle comunicazioni in Aula - ha incontrato il presidente dell'organismo, Giorgio Mulè, per comunicargli la decisione dopo il ritiro dell'istanza da parte di Conte. Il presidente della Camera ha ringraziato Mulè "per l'accuratezza e la precisione del lavoro svolto e per la perfetta aderenza al regolamento della Camera della procedura seguita per giungere alla relazione finale". Successivamente, lo stesso Mulè ha commentato così la decisione:  "Se fossimo stati in un Tribunale tutto quello che è successo sarebbe stato considerato un oltraggio alla Corte". "Tutto quello che è stato detto riguardo al fatto che nel Giurì si fosse già arrivati al voto di una relazione è falso", ha assicurato.

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Cosa doveva decidere il Giurì d'onore

Il Giurì d'onore, ora sciolto, si stava occupando dello scontro sul Mes tra il leader del M5s Conte e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Nelle scorse settimane erano stati entrambi ascoltati per cercare di capire se l'accusa che la premier aveva rivolto al pentastellato il 13 dicembre 2023 (quando dichiarò che il secondo governo Conte aveva firmato il Mes da "dimissionario", "contro il parere del parlamento" e con "il favore delle tenebre") fosse lesiva dell'onorabilità dell'ex presidente del Consiglio.

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Cosa è successo

Arrivati alle battute finali, con la relazione conclusiva sulla contesa Conte-Meloni da mettere a punto, l'organismo parlamentare è di fatto andato in pezzi. I componenti di opposizione Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti (Avs) non si sono presentati alla riunione convocata per tirare le somme e hanno rassegnato le dimissioni tramite una lettera a Mulè e Fontana. A stretto giro è intervenuto anche Conte, che al presidente della Camera ha consegnato una lettera per chiedere che lo scioglimento del Giurì d'onore "essendo stata compromessa l'imparzialità".

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni arriva a palazzo Chigi, Roma, 19 gennaio 2024. ANSA/ETTORE FERRARI

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Le accuse delle opposizioni

Il Giurì d'onore, aveva scritto Vaccari nella lettera, dovrebbe "mantenere un profilo di terzietà". E "invece nella relazione che ci è stata sottoposta" da Mulè "sono prevalse motivazioni, ancorchè significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria" della premier Meloni. Analogo il giudizio di Zaratti: "La ricostruzione documentale, l'unica che conta, non può essere oggetto di interpretazioni di parte". E poi ha osservato: "Nella prima parte della relazione vi è una chiara ricostruzione dei fatti e dei documenti, che mostrano in modo inequivocabile la correttezza istituzionale e formale delle procedure parlamentari adottate" da Conte, ma "nella seconda parte si adducono motivazioni di ordine politico, finalizzate ad avvalorare le tesi accusatorie sostenute" da Meloni.

Il leader del M5S, Giuseppe Conte, con Giorgia Meloni ad "Atreju", la manifestazione organizzata da Fratelli d'Italia, Roma, 08 dicembre 2021.
ANSA/GIUSEPPE LAMI

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La reazione di Mulè

"Sono sorpreso e amareggiato dalla decisione improvvisa degli onorevoli Stefano Vaccari e Filiberto Zaratti di dimettersi dalla Commissione di indagine nominata dal presidente della Camera - aveva già detto Mulè -. Mai e in nessuna occasione, mai e in nessuna forma, fin dalla prima seduta del 10 gennaio e per le successive sei, Vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza, sollevato alcuna protesta, presentato reclamo, palesato rimostranze rispetto all'organizzazione e all'evolversi dei lavori. Al contrario, avevano sempre manifestato spirito collaborativo e istituzionale nell'assolvimento dell'incarico ricevuto". Mulè aveva poi aggiunto: "La Commissione che presiedo ha lavorato fino alla seduta odierna in totale e assoluto accordo nel metodo e nel merito, su ogni passo compiuto nella fase istruttoria prima e, successivamente, in quella della redazione conclusiva della relazione. Ancora nella giornata del 6 febbraio, la Commissione aveva a lungo discusso nel merito degli aspetti oggetto dell'accertamento dell'indagine confrontandosi in un clima di serenità".

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