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Riforme, strada in salita. Meloni: "Le voglio condivise ma ho il mandato per farle"

Politica
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 Martedì sarà il giorno degli incontri con i gruppi parlamentari di minoranza. Tra i nodi, l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. Tajani: "Avanti anche senza opposizioni". Ma il no al presidenzialismo è già pressoché corale

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Quella che si apre oggi è una settimana chiave per il confronto nella maggioranza, sulle nomine, e tra governo e opposizione, sulle riforme. Rebus Guardia di Finanza per la premier Giorgia Meloni: il comandante Zafarana mercoledì sarà presidente dell'Eni e serve un successore. Martedì sarà, invece, il giorno degli incontri con le opposizioni sulle riforme. Tajani punta sul premierato e avverte: “Se c'è un muro, avanti lo stesso, pronti a collaborare ma le riforme vanno fatte. Ci auguriamo atteggiamento costruttivo dalle opposizioni”. E in serata la premier Meloni ha ribadito: "Basta con le legislature ostaggio di chi cambia casacca, ne parleremo, io voglio fare una riforma ampiamente condivisa ma la faccio e la faccio perchè ho avuto il mandato dagli italiani e tengo fede a quel mandato. Domani abbiamo convocato le opposizioni per parlare delle riforme costituzionali. Dicono che non è una priorità. Io penso che sia una priorità dire basta ai governi costruiti in laboratorio dentro palazzo che passano sulla pelle dei cittadini e legare chi governa al consenso popolare e dare a questa nazione stabilità, governi che durano cinque anni".

Salvini: "Domani ascoltiamo, basta che ci sia dialogo"

Dal centrodestra, l'altro vicepremier Matteo Salvini aggiunge: "Domani ascoltiamo, basta che ci sia la voglia di dialogare e non ci siano pregiudiziali, perché in questo mesi c'è qualche opposozione che dice di no a tutto, perfino no agli aumenti in busta paga per gli operai e per i lavorartori, no al ponte, no all'autonomia, no alle riforme no alla Tav, no, no e no". 

Il calendario e le parole di Conte

Il calendario degli incontri con le delegazioni delle forze politiche di opposizione in merito al tema delle riforme costituzionali inizierà con il faccia a faccia con i 5 Stelle (ci sarà anche Giuseppe Conte), dalle 12:30 alle 14:00. Dalle 14:00 alle 14:45 sarà la volta del gruppo per le Autonomie e Componente Minoranze Linguistiche; alle 15:15, per un'ora, il turno di Azione - Italia Viva - Renew Europe mentre per mezz'ora, dalle 16:15 alle 16:45 verrà ricevuta la Componente +Europa. Dalle 17:30 alle 18:30 toccherà quindi al gruppo Alleanza Verdi e Sinistra. Il giro di consultazioni con le opposizioni terminerà alle 18.30 (fino alle 19.45) con la delegazione del Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista. Il leader politico del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha detto: "Noi abbiamo delle ottime proposte, utili per migliorare in particolare l'assetto costituzionale. Chi parla di Aventino è fuori luogo. Ora vediamo cosa ci dirà il governo, se per loro sarà un prendere o lasciare il proprio progetto, che peraltro ha già annunciato e che a me sembra molto avventuroso, allora sarà il governo che vorrà rompere il dialogo con il Movimento 5 Stelle".

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Il progetto per l'elezione diretta del presidente della Repubblica

Il giorno chiave sarà dunque domani. Tra i nodi, l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. La premier, la ministra per le Riforme Maria Elisabetta Casellati e un'ampia delegazione dell’esecutivo vedranno a Montecitorio i gruppi parlamentari di minoranza, in una serie di bilaterali che serviranno per capire il margine di disponibilità al dialogo dei diversi partiti sia sul contenuto delle riforme, sia sul percorso da seguire. Da quanto trapela, Meloni e Casellati cercheranno di aprire un percorso, provando a coinvolgere le opposizioni. Ma il governo, in caso di veto dei partiti di minoranza, sarebbe pronto ad andare avanti da solo. A spiegarlo è stato il vicepremier Antonio Tajani. Le riforme saranno condivise, ma se le opposizioni si tirano indietro il governo "andrà avanti lo stesso", ha avvertito. Il rischio è che si arrivi a un referendum, come Berlusconi nel 2005 e Renzi nel 2016.

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No a presidenzialimo quasi corale

Seppure tutte le forze di opposizione abbiano risposto positivamente alla 'chiamata' della presidente del Consiglio, sul merito le premesse non sono delle migliori: il no al presidenzialismo è pressoché corale. Spiragli, invece, si ravvisano sull'ipotesi di una sorta di premierato alla tedesca, ovvero affidare al presidente del Consiglio più poteri. Su questa linea, ad esempio, si posiziona Carlo Calenda: “Siamo favorevoli a rafforzare i poteri del premier, assolutamente favorevoli al monocameralismo e troviamo che ci sia la necessità di rivedere il federalismo”. Favorevole all'elezione diretta del premier è poi Italia viva: da tempo Matteo Renzi caldeggia una riforma sul solco del 'sindaco d'Italia', ovvero un sistema di elezione diretta con doppio turno e superamento del bicameralismo. "Se introduciamo un premierato, un capo del governo eletto dai cittadini, stravolgiamo le funzioni del Capo dello Stato: sarebbe una figura che va a tagliare i nastri alle cerimonie, niente di più”, ha invece sostenuto il leader del M5s, Giuseppe Conte.

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