Governo martedì vede opposizioni. Tajani: riforme condivise, ma se c’è muro si va avanti

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Il 9 maggio Meloni, la ministra per le Riforme Casellati e un'ampia delegazione dell’esecutivo vedranno a Montecitorio i gruppi parlamentari di minoranza. Le riforme saranno condivise, ma se gli altri partiti si tirano indietro il governo "andrà avanti lo stesso", ha avvertito il vicepremier. Tra i nodi l’elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio: le opposizioni pronte al dialogo solo sul cancellierato. Per lunedì Schlein ha riunito la segreteria del Pd

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Martedì sarà il giorno degli incontri tra la premier Giorgia Meloni e i partiti di opposizione sulle riforme istituzionali. Tra i nodi, l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. La premier, la ministra per le Riforme Maria Elisabetta Casellati e un'ampia delegazione dell’esecutivo vedranno a Montecitorio i gruppi parlamentari di minoranza, in una serie di bilaterali che serviranno per capire il margine di disponibilità al dialogo dei diversi partiti sia sul contenuto delle riforme, sia sul percorso da seguire (se cioè ricorrere alla via ordinaria, a una Bicamerale o a una Costituente). Da quanto trapela, Meloni e Casellati cercheranno di aprire un percorso, provando a coinvolgere le opposizioni. Ma il governo, in caso di veto dei partiti di minoranza, è pronto a "posare sul tavolo la pistola", vale a dire la minaccia di andare avanti da solo. A spiegarlo è stato il vicepremier Antonio Tajani. Le riforme saranno condivise, ma se le opposizioni si tirano indietro il governo "andrà avanti lo stesso", ha avvertito. Il rischio è che si arrivi a un referendum, come Berlusconi nel 2005 e Renzi nel 2016.

Il nodo elezione diretta

Una delle proposte del centrodestra che crea più discussione è quella di una elezione diretta, sia essa del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. Pierferdinando Casini ha sottolineato che il modello presidenzialista è in crisi nei Paesi che lo ho hanno adottato, come Usa e Brasile, e insieme a Mara Carfagna ha ricordato che l'elezione diretta del presidente della Repubblica porta a "polarizzare le contrapposizioni", mentre all'Italia è utile una "figura terza" che "faccia da arbitro" o, come ha detto il costituzionalista Francesco Clementi, "un motore di riserva" per le crisi politiche. Su questo punto hanno convenuto anche il M5S con Giuseppe Conte, il Pd con Francesco Boccia, Azione con Carlo Calenda, +Europa con Riccardo Magi e i Verdi con Angelo Bonelli. "Non possiamo stravolgere la Costituzione", ha detto Conte.

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Il vicepremier Antonio Tajani, nelle scorse ore, ha indicato un'altra opzione rispetto al presidenzialismo o al semipresidenzialismo alla francese, finora visti da Meloni e dal centrodestra come opzioni principali. "Per l'Italia il premierato potrebbe essere una soluzione, la vedo più gradita tra le forze politiche, io sono pragmatico", ha detto riferendosi al sì di Matteo Renzi al cosiddetto "sindaco d'Italia". Tajani ha quindi indicato il premierato, cioè l'elezione diretta del capo del governo, come l'opzione principale attuale del centrodestra. Ma la maggior parte dei partiti di opposizione - Pd, M5S, Azione, +Europa e Verdi - hanno spiegato di non vedere di buon occhio neppure questa proposta. I partiti, infatti, si sono dichiarati contrari all'elezione diretta, sia essa del capo dello Stato o del capo del governo: tutti hanno indicato nel cancellierato il modello su cui sono disposti a dialogare, quindi spingono per il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, compresa la possibilità di proporre lo scioglimento del Parlamento e sfiducia costruttiva. Insomma, un sistema simile a quello tedesco, per antonomasia tra i più stabili pur non prevedendo alcuna elezione diretta.

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