Chi è Pedro Sanchez, il leader del partito socialista spagnolo

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Classe 1972, di Madrid, ha guidato il Psoe una prima volta tra il 2016 e il 2017. La sua carriera si rilancia con la mozione di sfiducia al governo Rajoy che gli permette di diventare premier. Poi la vittoria alle elezioni del 28 aprile 2019

Le persone più vicine a Pedro Sanchez lo definiscono "determinato e costante, riflessivo e a volte poco empatico, ermetico". Classe 1972, madrileno, è laureato in Economia ed è in politica dal 2000, quando fu uno dei delegati al 35esimo Congresso del Psoe – il partito socialista spagnolo - che elesse come segretario generale José Luis Rodríguez Zapatero. Il primo incarico di Sánchez fu quello di consigliere comunale a Madrid, nel 2004. Poi ha scalato le gerarchie diventando leader del partito, che guida dal 2017 dopo essere stato costretto alle dimissioni dalla segreteria una prima volta nell’ottobre 2016. Nel 2019 ha portato il Psoe ad essere il primo partito alle elezioni di aprile.

Una carriera di alti e bassi

Nei suoi vent'anni di politica Sánchez ha vissuto sorti altalenanti: nel 2016, oltre a lasciare la guida della segreteria del Psoe, si dimise anche da deputato. È sua la mozione di sfiducia che porta alla caduta del governo di Mariano Rajoy e alla sua designazione come nuovo capo del governo, secondo la Costituzione spagnola. Ma dopo soli 8 mesi è stato costretto a lasciare e a indire nuove elezioni, travolto dalla bocciatura della legge di bilancio in Parlamento e dalla questione della Catalogna. Del suo privato si sa che è sposato con Begoña Gómez e ha due figlie. Ha giocato a pallacanestro fino ai 21 anni ed è lì, dicono, che ha "imparato a vincere". 

L'elezione a segretario del Psoe e l'arrivo al governo

La rinascita politica di Sánchez è cominciata il 21 maggio 2017, con la vittoria contro tutti i pronostici alle primarie del Partito socialista contro Susana Díaz. Sánchez ha ripreso la guida del partito ed è riuscito a riportarlo al governo in una situazione di crisi profonda del sistema politico in Spagna. Una carica, quella di presidente del governo, che è arrivata dopo la prima mozione di censura (da lui stesso presentata il 25 maggio 2018) della storia della democrazia spagnola, con l'esecutivo guidato dal popolare Mariano Rajoy travolto dagli scandali su fondi neri e corruzione. La mozione è stata appoggiata da Podemos e dai gruppi indipendentisti. Sánchez è stato il primo premier non eletto come deputato. Tra le sue prime dichiarazioni da premier, ha affermato che il Governo "si fonderà sulla Costituzione" e che "non sarà ammesso alcun diritto di autodeterminazione per la Catalogna".

La questione catalana e la caduta dell'esecutivo Sanchez

Proprio la questione dell’indipendenza catalana lo ha travolto dopo soli otto mesi di governo. Il suo esecutivo ha sofferto in Parlamento la bocciatura della legge di bilancio a opera dei partiti di centrodestra ma soprattutto di quelli indipendentisti, che hanno così sostanzialmente decretato la fine della legislatura dopo il rifiuto del governo di discutere la convocazione di un referendum sull'autodeterminazione della Catalogna. Il 15 febbraio 2019 Sánchez convoca nuove elezioni per il 28 aprile successivo, le terze in meno di 4 anni. Una mossa per rilanciare, sperando che dalle urne gli arrivasse quel mandato popolare che fino ad ora gli era mancato.

Le elezioni del 2019: il Psoe primo partito

Si può dire che ha funzionato: il partito socialista esce vincente dalla nuova tornata elettorale, in un voto caratterizzato da un’altissima affluenza (oltre il 75%). "Ha vinto il futuro e ha perso il passato”, dichiara Sanchez esultando per l'esito uscito dalle urne. E aggiunge: "Formeremo un governo pro europeo". Il Psoe distanzia nettamente il Partido Popular, che ha fatto registrare un calo consistente dei consensi, ma è senza una maggioranza chiara per formare il nuovo governo e i partiti indipendentisti potrebbero ancora una volta ricoprire un ruolo chiave nel gioco delle alleanze.  

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