
La crisi si è inasprita da quando, nell'agosto 2022, l'allora Speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, ha visitato l'isola, de facto indipendente dal 1949 ma da sempre rivendicata da Pechino. Il gigante asiatico teme che Washington voglia violare la sua sovranità. Ad aprile 2023 le tensioni sono riemerse dopo l'incontro a Los Angeles tra la presidente Tsai Ing-wen e il presidente della Camera Usa McCarthy. La Cina ha reagito con una simulazione di attacco sull'isola

I rapporti tra Taiwan e la Cina da mesi sono sempre più tesi. Da quando l'allora Speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, ha visitato l'isola nell'agosto 2022, la situazione si è aggravata. La minaccia militare cinese nei confronti di Taiwan è considerata sempre più seria. Ad aprile 2023 la situazione è di nuovo precipitata con l'attacco simulato da Pechino nei confronti dell'isola
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Ad inasprire la già difficile situazione geopolitica è stata, come detto, anche la visita dell'allora Speaker della Camera Nancy Pelosi a Taiwan, nell'estate del 2022. Si è trattato di una visita - durata appena 20 ore - che non avveniva da 25 anni e che ha subito innalzato il livello di allerta nei rapporti tra Washington e Pechino
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Appena atterrata, la politica aveva dichiarato via Twitter che la visita “onora l'incrollabile impegno dell'America nel sostenere la vivace democrazia taiwanese”. Pechino aveva duramente replicato, denunciando una “grave violazione della nostra sovranità” e dando il via a vaste esercitazioni militari nell’area. Mentre la Casa Bianca aveva rivendicato il diritto di Pelosi di recarsi sull’isola
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La tensione intorno a Taiwan ha radici profonde. L’isola è de facto indipendente dalla Cina dalla fine della guerra civile nel 1949, ma Pechino ha sempre rivendicato la sua sovranità su Taipei
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La legittimità di Taiwan in passato era stata supportata anche a livello internazionale: fino al 1971, infatti, Taipei ha occupato il seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu riservato al legittimo governo cinese. Posizione che da allora è invece tenuta da Pechino
Perché la Cina vuole Taiwan
Ufficialmente oggi pochi Stati riconoscono l’indipendenza di Taiwan. Tra questi non ci sono gli Stati Uniti: "Gli Usa non sostengono l'indipendenza di Taiwan e continuano a supportare la politica dell''Unica Cina'", ha ribadito il portavoce della Sicurezza nazionale a Washington, John Kirby
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Prima della visita di Pelosi, in un colloquio tra i presidenti cinese e americano Xi Jinping e Joe Biden, il leader americano aveva anche rassicurato sul sostegno degli Stati Uniti alla politica dell' 'Unica Cina’, ma lo aveva anche avvertito che non sarebbero stati tollerati colpi di mano. Biden aveva voluto sottolineare a Xi che Washington si sarebbe opposta "fermamente agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo o minare la pace e la stabilità attraverso lo Stretto”
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Xi Jinping da parte sua aveva avvertito gli Stati Uniti che "chi gioca con il fuoco si brucia", una metafora che la Casa Bianca si era rifiutata di confermare. "Entrambi i lati dello Stretto dell'isola appartengono ad un'unica Cina", aveva tuonato il presidente cinese ribadendo la "ferma opposizione al separatismo" e "all'interferenza di forze esterne". "Non lasceremo mai spazio alle forze indipendentiste", aveva messo in chiaro il leader di Pechino
Pochi mesi dopo, a ottobre, il presidente cinese, ha poi avvertito che la Cina dovrà affrontare "grandi sfide" in futuro e che Pechino "non rinuncerà mai all'uso della forza" per prendere il controllo su Taiwan. Un messaggio forte, arrivato nel discorso all'apertura del ventesimo Congresso del Partito Comunista Cinese
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Un mese dopo, a novembre, il leader cinese ha incontrato per la prima volta di persona Joe Biden, al G20 di Bali. E, in quell'occasione, i due politici hanno affrontato anche il tema di Taiwan. Biden ha ribadito la contrarietà degli Usa ad azioni "aggressive e coercitive" di Pechino verso Taiwan. "Dobbiamo trovare il giusto corso delle relazioni attraverso scambi schietti", ha replicato Xi
GUARDA IL VIDEO: G20, a Bali storico incontro fra Biden e Xi Jinping
La tensione tra Usa e Cina riguardo lo status di Taiwan parte dal fatto che Pechino considera l’isola suo territorio nazionale e vuole annetterla per motivi non solo storici, ma anche strategico-militari ed economici. Dall’altro lato, per gli stessi motivi, gli Usa vogliono che il territorio resti de facto indipendente per poter mantenere un avamposto nell’oceano Pacifico e proteggere gli equilibri commerciali e logistici globali

Taiwan è infatti un polo unico per il settore della tecnologia, manifattura, automotive, elettronica e informatica. È tra le più importanti economie al mondo e il suo Pil ha superato nazioni come Svizzera, Svezia e Arabia Saudita. Avere il controllo di Taiwan permette di ottenere un ruolo strategico sul Pacifico, nonché economico riguardo i principali scambi internazionali

Nei mesi seguenti Pechino ha più volte invaso lo spazio aereo di Taipei, ha accerchiato l’isola con le proprie navi e a inizio aprile 2023 il livello di tensione è tornato altissimo dopo che la presidente Tsai Ing-wen ha incontrato a Los Angeles il nuovo Speaker della Camera Usa Kevin McCarthy
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Pechino ha reagito con una “tre giorni" di esercitazioni militari intorno all’isola di Taiwan, simulando attacchi contro "obiettivi chiave”, con jet da combattimento dotati "di armi reali", e testando "un blocco intorno all'isola" con l’impiego della portaerei Shandong. La Cina ha avvertito: siamo "pronti a combattere". Lo stesso presidente cinese Xi Jinping ha invitato le forze armate del Paese a "rafforzare l'addestramento militare orientato al combattimento reale”. Gli Usa hanno risposto dando il via libera a operazioni militari congiunte nelle Filippine
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