Crisi governo Francia, cosa succederebbe se si andasse oggi al voto? Gli scenari
Le dimissioni di Lecornu da premier francese sono l'ultimo capitolo di un'impasse politica sempre più difficile da superare. Cosa succederebbe nel caso in cui Macron si dimettesse da presidente? O se decidesse semplicemente di sciogliere il Parlamento? E da dove viene la crisi in corso? Anche di questo si è parlato nella puntata di "Numeri", andata in onda il 6 ottobre
ANCORA CAOS POLITICO IN FRANCIA
- La Francia è di nuovo nel caos politico. Sébastien Lecornu (in foto) si è dimesso da premier dopo le forti critiche che hanno accompagnato l’annuncio dei ministri della sua squadra di governo. È successo a 27 giorni dalla nomina: ora detiene il record del primo ministro con il mandato più breve della storia francese. Cosa ha portato alla crisi? E se si votasse oggi chi vincerebbe? Anche di questo si è parlato nella puntata di Numeri, approfondimento di Sky TG24, andata in onda il 6 ottobre
LO SCENARIO DELLE ELEZIONI POLITICHE E PRESIDENZIALI
- Le strade ora sono tre. Si dice che Macron potrebbe rinominare lo stesso Lecornu per riprovare a formare un governo. L’ipotesi che il presidente si dimetta non è però più un tabù. Più probabile - anche se non scontato - è però che sciolga il Parlamento, con nuove elezioni legislative anticipate (a circa un anno dalle ultime). Il sistema elettorale, maggioritario a doppio turno di collegio, è macchinoso e prevedere l’esito di eventuali voti è difficile, però si può guardare alle intenzioni dei cittadini
SONDAGGI, RASSEMBLEMENT NATIONAL AL 32%
- La media dei sondaggi, aggiornata al 6 ottobre, vede l’estrema destra del Rassemblement National al 32%. Poi il Nuovo Fronte Popolare è al 25% (che però è composto da vari partiti di sinistra e non si sa se andrebbero davvero uniti al voto), l’Ensemble di Macron crolla al 15%, i Repubblicani sono al 12%
COSA È CAMBIATO RISPETTO AL 2024
- Le varie e diversissime anime della sinistra francese lo scorso anno si sono unite nel Nuovo Fronte Popolare di fatto soltanto per non lasciare la strada aperta al Rassemblent di Marine Le Pen. I centristi di Macron e i Repubblicani praticarono poi la “desistenza”, non presentandosi ad esempio in alcuni seggi, per evitare di disperdere i voti contro il Rn, che infatti non ha ottenuto nemmeno la maggioranza relativa. Se si votasse oggi potrebbe comunque non bastare: Le Pen è più forte, sinistra e Macron più deboli
IPOTETICO CANDATO RN PRIMO ANCHE ALLE PRESIDENZIALI
- Se la Francia andasse invece alle presidenziali ora e non del 2027, come da naturale scadenza, secondo l’IFOP (Institut français d'opinion publique), il candidato del Rn – che potrebbero essere Le Pen o il presidente Bardella – sarebbe primo con il 30%. Gli altri leader attuali sono staccati di un po’
IMPREVEDIBILE IL CANDIDATO CONTRO IL RN AL BALLOTTAGGIO
- Con queste cifre, non è per ora possibile prevedere nemmeno chi andrebbe al ballottaggio contro l'esponente del Rassemblent. E senza questa informazione anche l'esito finale del voto non è affatto chiaro. In foto: Le Pen e Bardella
LA CRISI ECONOMICA FRANCESE - LO SPREAD ITALIA/FRANCIA SI STA AZZERANDO
- La crisi attuale nasce principalmente da ragioni economiche e dall’impossibilità riscontrata nell’approvare una Finanziaria molto dura per risanare i conti pubblici. Prendiamo lo spread come metro di paragone per capire cosa sta succedendo. Il divario tra Italia (da sempre giudicata inaffidabile e con un costo di indebitamento molto alto) e Francia si sta azzerando. Nella giornata del 6 ottobre lo spread francese ha anche brevemente superato quello italiano
INDEBITAMENTO FRANCESE QUASI DOPPIO RISPETTO A ITALIA PER IL 2025
- Tutto questo sta succedendo perché lo sbilanciamento nei conti francesi è ormai sempre più netto. L’indebitamento pubblico previsto per il 2025 in Francia è quasi il doppio di quello italiano: 5,6% contro il 3%
LO SQUILIBRIO DEL BILANCIO FRANCESE
- Lo bilancio francese è quello che è costato il ruolo da premier a François Bayrou, che si è dimesso a settembre (proprio a favore di Lecornu). Aveva previsto di riportare il rapporto tra deficit e Pil al 4,6% nel 2026
I SACRIFICI RICHIESTI DA BAYROU
- La Finanziaria su cui Bayoru aveva chiesto (e non ottenuto) la fiducia prevedeva 30 miliardi di euro in meno per la spesa pubblica e quasi 14 miliardi di euro in più di tasse