Tony Blair, cosa c'entra l'ex primo ministro britannico con il piano di Trump su Gaza

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Introduzione

L’ex premier britannico è stato indicato fra i componenti di quel comitato che dovrà guidare la transizione post-bellica nella Striscia, come indicato nella proposta di pace avanzata dalla Casa Bianca il 29 settembre (LE NEWS LIVE SUL CONFLITTO).

 

Intanto Hamas ha già fatto sapere che "Blair è una figura inaccettabile per il nostro popolo. Abbiamo accettato la formazione di un comitato che non rappresenti alcuna fazione palestinese per gestire gli affari di Gaza dopo la guerra, e non accetteremo l'imposizione di una tutela straniera sul nostro popolo".

 

Ma qual è la storia di Blair? E perché Trump ha scelto proprio lui?

Quello che devi sapere

Blair e il Medio Oriente da primo ministro

Blair ha 72 anni ed è stato primo ministro britannico tra il 1997 e il 2007, con il partito laburista. Nella sua carriera politica si è occupato a più riprese del Medio Oriente, spesso finendo al centro di controversie. Da primo ministro ha sostenuto le guerre in Afghanistan e in Iraq, iniziate dall’allora presidente americano George W. Bush, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. In particolare, ha sostenuto il repubblicano Bush nell’invasione dell'Iraq per rovesciare Saddam Hussein, accusato di possedere armi di distruzione di massa. Con la fine del conflitto, accertata l'infondatezza delle accuse che avevano motivato l'aggressione, il premier britannico finì al centro di dure critiche, anche all'interno del suo stesso partito.

 

Per approfondire:

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Blair e il Medio Oriente da primo ministro

Dopo Downing Street

Poi, una volta lasciata Downing Street, nel 2007, Blair annunciò subito che sarebbe diventato “inviato speciale” del Quartetto per il Medio Oriente, un gruppo composto da rappresentanti di Nazioni Unite, Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Il Quartetto aveva il compito di trovare soluzioni per il conflitto israelo-palestinese e Blair ne divenne capo negoziatore. Ma, fin dall'inizio, la sua figura creò divisioni a causa proprio del suo sostegno alla guerra in Iraq del presidente Bush, nonché per i suoi stretti rapporti con Israele, che hanno portato negli anni molti palestinesi a diffidare di lui. Lasciò l’incarico nel 2015.

 

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Il Tony Blair Institute for Global Change

Ma, come ricorda il New York Times, Blair ha anche lavorato a stretto contatto con i leader arabi, compresi quelli dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, attraverso la sua organizzazione no-profit, il Tony Blair Institute for Global Change.

 

Sul sito dell'istituto, si legge: "Aiutiamo governi e leader a raggiungere i loro obiettivi. Lo facciamo fornendo consulenza su strategia, policy e implementazione, sfruttando il potenziale della tecnologia in tutti e tre i settori. Come organizzazione no-profit, possiamo lavorare nei contesti più difficili e sui progetti più trasformativi, perché la nostra attenzione è rivolta ai leader piuttosto che ai profitti. E come organizzazione apartitica, possiamo offrire il meglio della nostra competenza ai leader che desiderano tradurre le proprie ambizioni in azioni significative per i propri cittadini".

I contatti con i leader arabi

Ad ogni modo, Blair ha difeso i suoi legami con il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, nonostante le prove che il reale saudita fosse coinvolto nell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi.

 

"Non credo che nessuno di noi che crede di dover interagire con l'Arabia Saudita abbia mai ridimensionato la propria disapprovazione al riguardo", ha affermato Blair in un'intervista nel 2024. "Ma penso che ciò che sta accadendo in Arabia Saudita sia una rivoluzione sociale che ha implicazioni immense e positive per la nostra sicurezza e per il Medio Oriente".

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L’avvicinamento a Trump

Dal 2015 in poi, Blair si è avvicinato a Donald Trump. Ha avuto contatti soprattutto con Jared Kushner, il genero di Trump che durante il primo mandato del tycoon era stato suo consigliere per il Medio Oriente.

 

Lo scorso agosto, poi, Blair ha partecipato a un incontro alla Casa Bianca con Trump per discutere i piani per il territorio di Gaza, che l'inviato statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff ha descritto come "molto esaustivi", anche se poco altro è stato rivelato sull'incontro.

Blair: "Piano di Trump è coraggioso e intelligente"

Fino ad arrivare a oggi, con Blair scelto dal presidente americano per guidare i progetti sul futuro della Striscia. "Il presidente Trump ha elaborato un piano coraggioso e intelligente che, se approvato, può porre fine alla guerra, portare sollievo immediato a Gaza, la possibilità di un futuro migliore e più luminoso per il suo popolo, garantendo al contempo la sicurezza assoluta e duratura di Israele e il rilascio di tutti gli ostaggi", ha detto Blair nella sua prima dichiarazione pubblica sulla questione. "Ci offre la migliore possibilità di porre fine a due anni di guerra, miseria e sofferenza e ringrazio il presidente Trump per la sua leadership, determinazione e impegno”, ha aggiunto.

 

Per approfondire:

Quali Paesi riconoscono lo Stato palestinese e quali sono contrari. LA MAPPA 

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