Accordo Israele-Hamas, in migliaia festeggiano la tregua per le strade di Gaza. FOTO
I palestinesi hanno esultato e applaudito, mentre altri suonavano il clacson delle auto nella città meridionale di Khan Younis, quando è giunta la notizia di un accordo per il cessate il fuoco dopo 15 mesi di guerra
- Migliaia di persone in tutta Gaza celebrano l'accordo per il cessate il fuoco raggiunto fra Israele e Hamas e annunciato dal presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. Una notizia che la popolazione attendeva con ansia ma che in molti temevano non arrivasse neanche stavolta. Poi è esplosa la gioia, e la voglia di tornare alle proprie case, anche se distrutte
- I palestinesi hanno esultato e applaudito per strada, mentre altri suonavano il clacson delle auto nella città meridionale di Khan Younis, quando è giunta la notizia di un accordo per il cessate il fuoco dopo 15 mesi di guerra
- "Quando ho sentito parlare dell'accordo per la tregua ero felice e triste allo stesso tempo", dice all'Ansa Ahmad Abed Almoeti, 32 anni, ferito un anno fa in un attacco aereo: la moglie e i due figli sono rimasti uccisi, lui non può più camminare. "Almeno molte persone sopravvivranno se questa tregua reggerà", spiega Ahmad. Secondo lui, "Gaza ha pagato un prezzo incalcolabile per liberare poche centinaia di ostaggi. Decine di migliaia di persone sono morte e altre sono sotto le macerie: l'accordo sui rapiti non vale questo prezzo"
- "Ho perso la speranza di vedere la fine di questa guerra, non sono ancora sicura di sopravvivere senza essere ferita. È troppo presto per essere felici: siamo stati in questa situazione molte volte e siamo rimasti delusi", sostiene invece Majd Ramadan, 34 anni e madre di due figli che ha lasciato la sua casa nel nord di Gaza 14 mesi fa, ha raggiunto la sua famiglia a Nuseirat, per poi essere sfollata cinque volte verso sud, a Rafah, e poi di nuovo nel centro della Striscia. "Ora voglio tornare nel mio vecchio quartiere, riavere la mia casa"
- Mustafa ricorda di essere uscito da Gaza il 17 aprile 2024: "Da allora non ho visto mia madre e i miei fratelli, pensavo di non rivedere mai più la mia famiglia e i miei amici. A Gaza ho perso tutto, non c'è più traccia della mia casa, e ci vorranno anni di ricostruzione per rendere di nuovo abitabile il nord". Ora, dopo tante telefonate con amici e familiari, vuole tornare: "Voglio vedere mia madre. Lei ha detto che vuole mettere una tenda sopra le macerie della nostra casa e vivere lì fino alla fine della sua vita"
- L'accordo è un'intesa in tre fasi, le prime due da 42 giorni ciascuna, con il cessate il fuoco e il rilascio dei primi ostaggi già dal primo giorno. Hamas dovrebbe rilasciare tre persone "entro domenica prossima": nella prima fase sono 33 gli ostaggi (bambini, donne, anziani e malati) che saranno liberati gradualmente. Altri 4 dovrebbero poter tornare a casa una settimana dopo, altri tre in quella successiva e altrettanti al 21° giorno. Nell'ultima settimana della prima fase è prevista poi la liberazione di 14 rapiti
- Tra i 33 ostaggi dovrebbero esserci 5 soldatesse israeliane in cambio di 250 prigionieri palestinesi. Hamas e i suoi alleati detengono 94 persone portate via il 7 ottobre: almeno 34 di loro sono morte, secondo il governo israeliano, anche se si teme che il numero sia più alto. Tra i 94 presi a ottobre 2023 ci sono 81 uomini e 13 donne, secondo l'ufficio del premier israeliano. Due hanno meno di 5 anni (si tratterebbe dei fratellini Bibas, la cui sorte è sconosciuta) mentre 84 sono israeliani, 8 thailandesi, uno nepalese e uno tanzaniano
- Israele avrebbe accettato di rilasciare almeno mille prigionieri palestinesi (potrebbe arrivare fino a 1.650 secondo alcune fonti e dipenderà dagli ostaggi liberati) durante la prima fase, tra cui circa 190 che hanno scontato condanne di 15 anni (un centinaio quelli all'ergastolo). Chi è accusato di aver ucciso israeliani non sarà rilasciato in Cisgiordania ma nella Striscia di Gaza o all'estero (si parla di Qatar e Turchia), in base ad accordi con i Paesi stranieri
- Non sarà invece liberato Marwan Barghouti, il leader della prima Intifada condannato a vita. Il governo Netanyahu avrebbe anche respinto la richiesta di Hamas di riavere il corpo di Yahya Sinwar, il leader di Hamas ucciso ad ottobre scorso, mentre avrebbe accettato di rilasciare un numero maggiore di prigionieri palestinesi per gli ostaggi vivi rispetto ai corpi. Nella prima fase sarebbe esclusa anche la liberazione di miliziani che hanno partecipato all'attacco al Nova Festival e ai kibbutz in cui furono uccise circa 1.200 persone
- Al 16esimo giorno dall'intesa inizierebbero i colloqui per la definizione della successive: nella seconda, sempre di 42 giorni, dovrebbero essere rilasciati tutti i rimanenti ostaggi maschi e le forze israeliane dovrebbero ritirarsi quasi completamente dalla Striscia
- E, ancora, dovrebbe essere affrontato il nodo della restituzione delle salme, la cui consegna sarebbe prevista nella terza fase in cui dovrebbe essere definito anche un piano di ricostruzione e di una nuova struttura di governo sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite
- Per quanto riguarda il delicato nodo della presenza di Israele nella Striscia, l'accordo prevedrebbe un graduale ritiro dai centri abitati durante la prima fase mentre ai civili palestinesi di Gaza sarà consentito tornare nel nord con un ombrello di non meglio precisati "accordi di sicurezza" (possibile un passaggio adiacente alla Salah al-Din Road, monitorato da una macchina a raggi X)
- L'Idf dovrebbe rimanere lungo il confine tra Gaza e l'Egitto, noto come Corridoio di Filadelfia, che separa la Striscia dal Sinai egiziano, mantenendo una zona cuscinetto di circa 800 metri lungo i confini orientali e settentrionali durante la prima fase. Le forze israeliane dovrebbero poi ritirarsi gradualmente anche dal corridoio di Netzarim che divide la Striscia in due e conduce fino al Mediterraneo
- L'attuazione dell'accordo sarà garantita da Qatar, Egitto e Stati Uniti e prevede, secondo alcune fonti, un meccanismo di monitoraggio internazionale
- Progressi sarebbero stati raggiunti anche per un regolare flusso di aiuti umanitari alla Striscia, stremata da 15 mesi di guerra, con un aumento dei convogli (si parla di 600 camion al giorno, di cui 300 diretti al Nord) delle organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite