Attentato a Trump, “Mark Violets” e non solo: così la disinformazione si è diffusa online

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Tommaso Spotti

Tommaso Spotti

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Il tentativo di omicidio dell’ex presidente degli Stati Uniti è stato accompagnato da diverse false informazioni, teorie del complotto e contenuti presentati in modo fuorviante: ecco alcuni di quelli più diffusi, e il contesto in cui stanno circolando

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L’attentato ai danni di Donald Trump (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA) è stato accompagnato dalla diffusione di diverse informazioni false o fuorvianti, che hanno cominciato a circolare sui social network subito dopo il fallito tentativo di uccidere l’ex presidente e candidato repubblicano. Come sottolineato dal Washington Post nell’immediatezza dell’attacco, quando ancora erano pochi i dettagli confermati, in quel vuoto un “fiume di teorie infondate ha inondato i social media e altri canali, alimentando narrazioni false e contrastanti”. Offrendo così una “panoramica di quanto velocemente false teorie possano diffondersi online nell’attuale contesto politico molto teso”. E anche dopo che l’autore dell’attentato è stato individuato, le false teorie “nate sabato sera si sono rafforzate in narrative che hanno ulteriormente politicizzato la violenza”, con “alcuni account appartenenti alla sinistra che subito hanno affermato che l’attentato fosse una ‘falsa operazione’ messa in campo dai supporter di Trump", mentre "alcuni appartenenti all’estrema destra hanno accusato Biden di aver ordinato un attacco al suo rivale politico”.

Dall’identità dell’attentatore fino a immagini e video presentate fuori contesto, sono diversi i casi in cui contenuti fuorvianti o falsi sono stati identificati da fact-checkers ed esperti del settore. Ecco alcuni dei più rilevanti, e il contesto in cui hanno trovato terreno fertile per essere diffusi.

 

La fake news su “Mark Violets”

Tra le più note false teorie circolate in rete subito dopo l’attentato c’è quella che identificava il responsabile come “Mark Violets”: la falsa informazione è nata da un post pubblicato su X, in cui un account scriveva in inglese che “secondo la polizia di Butler l'attentatore è stato arrestato sul posto ed è stato identificato come Mark Violets, un fanatico antifascista”. Ad accompagnare il post c’è una foto di Marco Violi - un cronista sportivo che si occupa della Roma e che non ha nulla a che vedere con quanto accaduto - braccia incrociate, occhiali scuri e berretto nero in testa. La falsa informazione ha però fatto il giro del mondo, tanto da essere oggetto di debunking non solo in Italia ma anche a livello internazionale
“Sono trasecolato”, ha commentato il giornalista: “Le notizie sono totalmente prive di fondamento. Sono organizzate da un gruppo di hater che dal 2018 mi stanno rovinando la vita. Ci sono indagini per stalking e cyberbullismo".

La disinformazione, nel caso in cui colpisca una persona specifica, oltre a diffondere una notizia falsa può causare anche sofferenza all’individuo bersaglio: “È inquietante vedere come l'identità di una persona possa essere sfruttata per diffondere fake news, causando gravi danni e sofferenze”, ha commentato su X il fact-checker David Puente.

Il reale responsabile è stato identificato dall’FBI come Thomas Matthew Crooks, che è stato ucciso dalle forze di sicurezza dopo aver tentato di assassinare Donald Trump

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La bufala del cecchino non autorizzato a sparare

Quella di “Mark Violets” non è l’unica bufala ad essere stata diffusa online subito dopo l’attentato. Un’altra falsa informazione - identificata dal giornalista di BBC Verify Shayan Shardarizadeh - è circolata su 4chain e veniva mostrata la foto dei cecchini della polizia presenti all’evento accompagnata da una presunta dichiarazione di uno di loro, secondo cui l’agente avrebbe avuto sotto tiro l’attentatore “per almeno 3 minuti, ma il capo del Secret Service si è rifiutato di dare l’ordine” di eliminare il bersaglio. Shardarizadeh ha smentito la veridicità del contenuto, e non risulta nessuna conferma di una simile informazione.
Questo tipo di contenuti falsi si inserisce nelle polemiche che sono divampate sull’operato del Secret Service, con il presidente Biden che ha annunciato di aver “ordinato un'indagine indipendente sull'operato” dell’agenzia incaricata della protezione dei presidenti degli Stati Uniti e delle loro famiglie.

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Foto e video falsi o fuori contesto

A fianco alle informazioni totalmente false, subito dopo l’attentato sono circolati anche contenuti manipolati o presentati fuori contesto. Ad esempio è stata diffusa una foto in cui era mostrato uno degli agenti del Secret Service sorridente a fianco dell’ex presidente ferito: l’immagine, come spiegato dal team di fact-checkers di Reuters, è stata digitalmente alterata e nella versione originale si vede chiaramente lo stesso agente che non sta sorridendo. 

In un altro caso  è diventato virale un video in cui un uomo affermava di essere Thomas Matthew Crooks, l’autore dell’attentato, e sosteneva: “Odio i repubblicani, odio Trump e indovinate? Avete preso la persona sbagliata”. BBC Verify ha però confermato che l’uomo nelle immagini non è l’attentatore.

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Deputato repubblicano: “Biden ha dato l’ordine”

Infine, è da segnalare il caso di Mike Collins, deputato repubblicano per lo stato della Georgia: in un post su X il politico, condividendo un post che riportava una dichiarazione di Biden di una settimana precedente all’attentato, ha scritto “Joe Biden sent the orders”. La community dell’ex Twitter ha segnalato il contenuto, su cui appare una label che recita: “Non ci sono prove che Joe Biden sia coinvolto nell’attentato a Trump. La citazione nel tweet è presa fuori dal suo contesto e si riferisce a battere Trump alle elezioni”. The Atlantic ha descritto il fatto come “una delle persone di più alto profilo a sostenere una teoria del complotto subito dopo” gli eventi.

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La disinformazione sull’attentato

I tentativi di assassinio dei presidenti degli Stati Uniti o di candidati in passato sono stati secondo la BBC “magneti” di teorie del complotto, in particolare l’uccisione di John Fitzgerald Kennedy nel 1963. L’attentato a Trump è però stato il primo a essere documento in tempo reale nell’epoca dei social, e secondo l’emittente britannica a impressionare è stato il fatto che la “frenesia” delle teorie del complotto abbia colpito tutti gli schieramenti del panorama politico. Per la BBC le teorie della cospirazione a volte sono partite da domande legittime e confusione. Sono partite da “presunti fallimenti della sicurezza, con molti utenti che si chiedevano comprensibilmente come questo fosse potuto succedere”. E in questo “vuoto si è riversata un’ondata di incredulità, speculazioni e disinformazione”.

Secondo un’analisi pubblicata dal Guardian, i militanti di diversi orientamenti politici stanno trasformando l’attentato in un’arma e stanno diffondendo bugie più rapidamente di quanto i giornalisti riescano a contrastarle con i fatti: “Questo è l’ambiente ideale per la disinformazione da ogni punto dello spettro politico”, ha detto la ricercatrice nel campo della disinformazione Amanda Rogers, “ed è qualcosa che mi preoccupa immensamente. Abbiamo bisogno di voci nei media che spieghino che questa è una situazione cruciale, e le persone devono calmarsi con le speculazioni”.

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La lotta alla disinformazione è al centro di AI4TRUST, un progetto europeo finanziato dal programma Horizon Europe dell’Unione Europea di cui Sky TG24 è partner e di cui questo articolo fa parte. AI4TRUST nasce con l'obiettivo di sviluppare una piattaforma contro la disinformazione che combini l'apporto dell'intelligenza artificiale con le verifiche di giornalisti e fact-checker.

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