Gaza, il fallimento dell'intelligence israeliana
Mondo ©AnsaLe nuove violenze arrivano in un momento particolare per la leadership politica, con una società spaccata. E la sorpresa e l’impreparazione della leadership israeliana è raccontata dal ritardo con cui il primo ministro Netanyahu ha commentato le drammatiche ore dell’attacco
Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu dovrà certo rendere conto di un enorme fallimento dell'intelligence nazionale. L'attacco lanciato da Hamas, gruppo politico e militare che controlla dal 2007 la Striscia di Gaza e considerato movimento terroristico da Stati Uniti ed Unione europea, non ha precedenti nella storia del decennale conflitto tra israeliani e palestinesi. Mai prima d'ora i commando militari erano riusciti a penetrare così in profondità in territorio israeliano, uccidendo civili e soldati e prendendoli in ostaggio, secondo diverse fonti.
Governo israeliano impreparato
La sorpresa e l’impreparazione della leadership israeliana è raccontata dal ritardo con cui il primo ministro Netanyahu ha commentato le drammatiche ore dell’attacco, annunciando la risposta militare israeliana: non “un’operazione militare”, ha detto, bensì una “guerra”.
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Società spaccata
Le nuove violenze arrivano in un momento particolare per la leadership politica, con una società spaccata: da mesi milioni di persone settimanalmente protestano contro il governo e contro la proposta di riforma della giustizia sostenuta dal premier. Per l’opposizione, la riforma rappresenterebbe infatti di uno stratagemma di Netanyahu per disinnescare i procedimenti legali a suo danno e le accuse di corruzione.
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I Paesi vicini
Anche a livello internazionale e regionale il momento è delicato. Una dichiarazione in arrivo da un Paese vicino, il Libano, getta luce sul timing di questo attacco. Le milizie sciite di Hezbollah, gruppo sostenuto dall'Iran, hanno rilasciato un comunicato in sostegno della sanguinosa operazione di Hamas: parla di un messaggio al mondo arabo e musulmano, alla comunità internazionale e a chi cerca di "normalizzare" le relazioni con Israele. Negli ultimi mesi, sono cresciuti gli indizi su un possibile, storico accordo tra Israele e l'Arabia Saudita, alleato chiave degli Stati Uniti che sono mediatori di questa intesa, come già avvenuto durante l'Amministrazione di Donald Trump, con la firma nel 2020 degli accordi di Abramo, che hanno coinvolto Emirati arabi e Bahrein, poi Marocco e Sudan e hanno rotto un tabù decennale e rivoluzionato gli equilibri della regione.
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Duro colpo a possibili accordi
Le fotografie di funzionari e politici israeliani in visita presso capitali e cancellerie finora a loro precluse hanno fatto in questi mesi il giro del mondo, invertendo equilibri cristallizzati da lungo tempo. La leadership palestinese - quella rivale di Hamas, che siede nella Cisgiordania, guidata dall’anziano e poco influente presidente Abu Mazen - rifiuta però un negoziato in cui non è stata mai inclusa: gli accordi internazionali sulla normalizzazione sono stati firmati senza il suo coinvolgimento, mettendo da parte la finora vincolante richiesta che la normalizzazione con Israele significhi anche la fondazione di uno Stato palestinese.
L'attacco senza precedenti dei gruppi armati di Gaza di queste ore e le sue possibili drammatiche conseguenze militari sono il colpo più duro nei confronti di qualsiasi possibile intesa internazionale.