Nagorno-Karabakh, separatisti armeni depongono le armi. Proteste e scontri a Erevan

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Nuove tensioni per il controllo dell'enclave armena in Azerbaigian: Baku ha bombardato la zona e poi, denuncia Erevan, ha avviato un'operazione di terra. Come chiesto dalle autorità azere, i separatisti hanno accettato di fermare il conflitto in vista di colloqui che si dovrebbero tenere il 21 settembre. Presidente Aliyev: riportata la sovranità in un solo giorno. Mosca: "Uccisi in un agguato peacekeeper russi". L'opposizione armena avviato un processo di impeachment contro il premier Pashinian

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Nel Nagorno-Karabakh le ostilità tra separatisti armeni e truppe azere "sono drasticamente diminuite di intensità", ma non sono ancora cessate del tutto. Lo fa sapere il primo ministro di Erevan Nikol Pashinian, dopo che è arrivata notizia della deposizione delle armi proprio da parte dei separatisti, come richiesto dall'Azerbaigian. E mentre l'opposizione armena in Parlamento ha avviato una procedura di impeachment contro Pashinian, accusato di non avere difeso gli armeni nella regione contesa, domani 21 settembre i rappresentanti delle due parti avvieranno negoziati nella città azera di Yevlakh. Dopo tre anni, martedì scorso, si è riacceso il conflitto tra Azerbaigian e Armenia per la contesa regione del Nagorno-Karabakh. Le forze di Baku hanno bombardato l'enclave armena e poi, secondo la denuncia di Erevan, hanno avviato un'operazione di terra per cercare di impossessarsi dei centri abitati. L'Azerbaigian aveva quindi chiesto la resa dell'Armenia. Condizione che sembra essersi avverata: il cessate il fuoco, riporta l'agenzia Interfax, sarebbe stato deciso sulla base delle proposte del comando dei peacekeeper russi, da tempo impegnati nella zona. L'operazione avrebbe causato "almeno 200 morti e più di 400 feriti", ha annunciato il difensore civico per i diritti della regione del Karabakh, Gegham Stepanyan. Il presidente Ilham Aliyev in un discorso alla nazione esulta: "L'Azerbaigian ha completato la sua operazione in Nagorno-Karabakh e ha riportato la sua sovranità sulla regione "in un solo giorno". Ma la situazione resta molto tesa: uomini armati - denuncia il Ministero della Difesa di Mosca - avrebbero aperto il fuoco contro un'auto del contingente di peacekeeper russi nel Nagorno Karabakh e tutti i militari che erano a bordo sono stati uccisi. Finora, ha fatto sapere la Russia, i suoi uomini hanno evacuato 3.154 persone, tra cui 1.428 bambini. Il vicepremier e capo della Farnesina, Antonio Tajani: "Ho incontrato ieri i ministri degli Esteri dell'Azerbaijan e dell'Armenia e ho proposto loro una mediazione italiana con un incontro a Roma. Il modello può essere quello dell'Alto Adige”.

Putin: domani negoziati con la mediazione russa 

I colloqui di pace tra l'Azerbaigian e i separatisti armeni del Nagorno Karabakh, previsti per domani, si svolgeranno con la "mediazione" delle forze di pace russe dispiegate nella regione. Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin. "Questi negoziati si svolgeranno con la mediazione della leadership del contingente russo di mantenimento di pace", ha detto Putin in una conversazione telefonica con il primo ministro armeno Nikol Pashinian, secondo una dichiarazione del Cremlino.

Baku: "Cerchiamo integrazione degli armeni del Nagorno-Karabakh"

Il premier armeno Pashinian ha intanto sottolineato di non aver partecipato alla stesura dell'accordo, aggiungendo che Erevan non ha più sue truppe nell'enclave in territorio armeno dal 2021. Da Baku, per bocca di Hikmet Hajjyev, assistente del presidente Ilham Aliyev per la politica estera, arriva la richiesta di "normalizzazione" delle relazioni con l'Armenia: si punta "all'integrazione pacifica dei residenti del Nagorno-Karabakh di origine armena" nello Stato azero. Hajjyev ha poi affermato che non vi è alcun bisogno di una riunione del Consiglio di Sicurezza sulla crisi in atto, come invece era stato chiesto ieri dall'Armenia.

Tensioni a Erevan

Dopo l'annuncio della deposizione delle armi dei separatisti armeni, migliaia di persone si sono radunate davanti al palazzo del governo di Erevan per protestare contro il governo. Lo ha riferito l'agenzia russa Ria Novosti, che ha postato un video in cui si vede un fitto schieramento di polizia a protezione dell'edificio. I manifestanti che accusano il primo ministro armeno di inazione nel Nagorno-Karabakh hanno lanciato bottiglie e pietre contro la polizia, che ha effettuato arresti davanti alla sede del governo a Erevan. La polizia ha usato granate stordenti e ha avvertito che avrebbe preso "misure speciali" se l'ordine non fosse tornato. Già ieri c'erano stati scontri tra polizia e manifestanti che accusavano il primo ministro Nikol Pashinian di essere un "traditore".

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La proposta di mediazione di Tajani

"Oggi stesso" le autorità italiane invieranno un documento ai governi di Erevan e Baku "con una fotografia di quello che è successo e di quello che è oggi il modello di autonomia dell'Alto Adige", ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine dell'assemblea generale dell'Onu in corso a New York. Gli omologhi del capo della Farnesina "si sono detti assolutamente interessati e disponibili a incontrarsi a Roma: siamo gli unici insieme agli Usa che hanno parlato con entrambi i Paesi e lavoriamo a una soluzione che possa portare pace". 

L’appello di Guterres e della Russia

Il riaccendersi del conflitto ha infatti preoccupato la comunità internazionale. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres aveva chiesto la "fine immediata dei combattimenti" nella regione, “la riduzione dell'escalation e un più rigoroso rispetto del cessate il fuoco del 2020 e dei principi del diritto internazionale umanitario". Nelle scorse ore era intervenuta anche Mosca. "A causa della rapida escalation delle ostilità armate nel Nagorno-Karabakh invitiamo fortemente le parti in conflitto a fermare immediatamente gli spargimenti di sangue, a cessare le ostilità e a prevenire vittime tra la popolazione civile", aveva detto il ministero degli Esteri russo in un comunicato citato dall'agenzia Tass. Nel Karabakh la Russia ha quasi 2mila peacekeeper, dopo aver mediato un cessate il fuoco che ha posto fine alla guerra tra Baku e Erevan nell'autunno del 2020, la seconda dopo quella degli anni '90. Mosca aveva quindi chiesto alle parti di tornare a rispettare gli accordi trilaterali di Russia, Azerbaigian e Armenia. "La cosa più importante ora è tornare immediatamente al rispetto degli accordi trilaterali firmati nel 2020-2022, che stabiliscono tutte le misure per una soluzione pacifica alla questione del Nagorno-Karabakh", si legge in una dichiarazione che sollecita entrambe le parti "a fermare le ostilità armate e a fare tutto il possibile per proteggere la popolazione del Nagorno-Karabakh e difenderne gli interessi".

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Un invito alla pace è arrivato anche da Papa Francesco. "Ieri mi sono giunte notizie preoccupanti dal Nagorno-Karabakh, nel Caucaso meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati", ha detto il Pontefice Francesco chiudendo l'udienza generale di oggi. Poi ha lanciato un appello "a tutte le parti in causa e alla comunità internazionale affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana".

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Il conflitto tra Azerbaigian e Armenia

La tensione nella regione contesa è riesplosa martedì, quando Baku ha annunciato il varo di quelle che ha definito "misure antiterrorismo locali" e ha chiesto il ritiro delle truppe armene dalla zona dopo aver lamentato che sei suoi cittadini sono stati uccisi da mine piazzate da gruppi armati armeni. Erevan ha respinto le accuse e ha detto che non ci sono sue forze in Karabakh, definendo ciò che sta accadendo "un atto di aggressione su larga scala". L'Azerbaigian ha assicurato di avere preso di mira nei suoi bombardamenti solo infrastrutture militari. Le autorità armene sostengono invece che almeno 32 persone, tra cui sette civili, siano morte e oltre 200 siano rimaste ferite nell'operazione militare lanciata ieri dalle forze armate azere. "Tra la popolazione civile, sette persone sono state uccise, due delle quali erano bambini, e 35 sono rimaste ferite, di cui 13 bambini", ha detto la responsabile armena della difesa dei diritti umani Anahit Manasyan, ancora una volta secondo l'agenzia Interfax. Tra le vittime, secondo i media di Erevan, ci sarebbe anche il sindaco della città separatista filo-armena di Martuni, Aznavur Saryan. L'esercito azero ha dichiarato di aver preso il controllo di più di 60 posizioni armene durante la sua offensiva. "Le attività antiterroristiche condotte dalle forze armate della Repubblica dell'Azerbaigian nella regione economica del Karabakh continuano con successo”, si legge in una nota del ministero della Difesa. Secondo le autorità separatiste armene dell’enclave, più di 7.000 civili provenienti da 16 località sono stati evacuati. Il governo armeno ha fatto appello al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per fermare il conflitto. Ieri, alcune ore dopo l’inizio dei bombardamenti, i separatisti della regione avevano chiesto a Baku un cessate il fuoco e di "sedersi al tavolo dei negoziati". Ma l'ufficio della presidenza azera aveva risposto di essere disposta a mettere fine all'operazione solo se i separatisti avessero deposto le armi e se fosse stato dissolto "il regime illegale", cioè l'autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh.

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