La città di Stepanakert, capitale del Nagorno Karabakh, è stata travolta da violenti bombardamenti da parte delle forze dell’Azerbaijan e di nuovo, nel Caucaso meridionale, è esplosa la guerra. IL REPORTAGE
La storia del conflitto tra Armenia e Azerbaijan affonda le sue radici nel 1921, quando Stalin decise di assegnare la terra caucasica, storicamente armena, all'Azerbaijan per rafforzare il paese asiatico nell'ottica di trasformarlo in un avamposto da cui poter esportare la rivoluzione socialista in Turchia. Negli anni, la convivenza tra la comunità armena e quella azera si è fatta sempre più difficile e nel 1992 è degenerata in un conflitto che ha provocato oltre 30mila morti e conclusasi con la vittoria dell'esercito armeno che ha proclamato la nascita della Repubblica dell'Artsakh: ad oggi mai riconosciuta da alcuno stato al mondo. L'Azerbaijan negli anni ha rivendicato l'appartenenza della regione poiché, in base ai trattati e agli accordi di cessate il fuoco, il territorio conteso appartiene formalmente al governo azero. Le popolazioni armene invece, appellandosi al diritto dell'autodeterminazione dei popoli, hanno richiesto il riconoscimento a livello internazionale della propria nazione (IL VIDEO DEL REPORTAGE).
La guerra del 2020
Questo impasse giuridico ha portato negli ultimi decenni a diversi scontri culminati nel settembre del 2020 con un attacco su vasta scala da parte delle forze azere. Dopo 44 giorni di combattimenti Baku, il 9 novembre del 2020, ha preso controllo di gran parte della regione contesa compreso il corridoio di Lachin, l’unica arteria che mette in comunicazione l’Armenia con il Nagorno Karabakh.
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L’escalation
Il 12 dicembre dello stesso anno il corridoio di Lachin è stato bloccato dall’esecutivo azerbaijano che ha impedito così il movimento di merci e uomini arrivando il 15 giugno 2021 a negare il transito anche di cibo e medicinali e causando in questo modo una grave crisi umanitaria nel territorio armeno. La tensione è aumentata in modo esponenziale e negli ultimi giorni si è assistito a un continuo dispiegamento di truppe dell’Azerbaijan lungo il confine con il Nagorno Karabakh e con l’Armenia, sino ad arrivare all’attacco con artiglieria e droni di quest’oggi.
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Le reazioni
Una situazione incandescente che ha scatenato diverse reazioni. Le autorità del Nagorno Karabakh hanno chiesto l'immediato cessate il fuoco. Secondo Mosca, l’Armenia "fa il gioco dell’Occidente", mentre il segretario di Stato americano Antony Blinken ha espresso la preoccupazione degli Stati Uniti: "L'Azerbaijan deve fermare subito le ostilità", ha detto. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha esortato l'Azerbaigian a cessare le operazioni militari "immediatamente per consentire un dialogo genuino tra Baku e gli armeni del Karabakh". A New York il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha incontrato il suo omologo azero Jeyhun Bayramov, invitando al "dialogo e alla moderazione per trovare una soluzione diplomatica".
Quanto sta avvenendo ora in Nagorno Karabakh, dove si registrano già decine di vittime tra la popolazione civile, compresi bambini, fa temere che il conflitto possa estendersi anche alla Repubblica d’Armenia e il rischio è che il Caucaso possa sprofondare in un abisso di violenza e devastazione.