Nel Paese continua a infuriare la guerra tra l’esercito e i paramilitari di supporto rapido. Tajani: "Chiusa l'ambasciata italiana". Sono restati solo alcuni connazionali che "non volevano partire: si tratta di cooperanti di associazioni non governative e di alcuni missionari". Blinken annuncia una tregua di 72 ore
L'Italia ha completato la missione di salvataggio dei quasi 150 connazionali intrappolati a Khartoum, in Sudan, a cui si aggiungono alcuni svizzeri, dei dipendenti della Nunziatura apostolica e una ventina di cittadini europei (LEGGI LE NEWS DI OGGI SULLA GUERRA IN SUDAN). Intorno alle 20.30 è atterrato il primo dei due velivoli con all'interno 96 persone, 83 italiani e 13 stranieri, all'aereoporto di Ciampino. Presenti il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il collega della Difesa Crosetto. "Si sta concludendo positivamente un'operazione condotta da ministero degli Esteri, Difesa e Intelligence con grande coordinamento anche del presidente del Consiglio. Non è stato semplice, ma i risultati sono ottimi", ha detto Tajani da Ciampino. L'ambasciata italiana in Sudan, intanto, ha chiuso. Nel Paese restano "alcuni italiani che non sono voluti ripartire: si tratta di cooperanti di associazioni non governative e di alcuni missionari", ha spiegato il ministro degli Esteri. Intanto, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annunciato che i generali in guerra hanno concordato un cessate il fuoco di tre giorni a partire dalla mezzanotte del 25 aprile, dopo che le precedenti offerte per sospendere il conflitto sono rapidamente fallite.
Ambasciatore: "Operazione pianificata perfettamente"
"L'operazione è stata pianificata perfettamente, siamo felici di essere rientrati. Il coordinamento ai vari livelli è stato perfetto, sono stato in contatto ogni giorno col ministro Tajani, ora siamo un po' stanchi", ha detto l'ambasciatore italiano in Sudan Michele Tommasi una volta sceso dall'aereo a Ciampino. È stato il primo a scendere dalla scaletta e a essere salutato da Tajani. Il generale Figliuolo lo ha brevemente abbracciato. "La situazione che abbiamo lasciato in Sudan è critica", ha ricordato Tommasi.
Mattarella: "Operazione brillante"
Ore prima, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva espresso "apprezzamento per l'operazione efficiente, brillante e rapida che è stata compiuta in Sudan per i nostri concittadini". Via dal Paese africano anche i cittadini di Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi. "Dopo una giornata di trepidante attesa, tutti i nostri connazionali in Sudan che hanno chiesto di partire sono stati evacuati. Con loro ci sono anche cittadini stranieri. L'Italia non lascia nessuno indietro", ha poi detto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "È stato un weekend lungo, abbiamo lavorato per portare via le nostre persone dal Sudan ed è stata un'operazione di successo: centinaia di cittadini Ue sono fuori dal Paese, più di un migliaio di persone, ringrazio la Francia e saluto con favore gli sforzi comuni di molti Paesi", ha dichiarato l'Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell. Secondo i dati delle Nazioni Unite, più di 420 persone sono state uccise e migliaia ferite.
Erdogan propone negoziati in Turchia
Intanto un funzionario diplomatico sudanese ha rivelato al Sudan Tribune che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha suggerito ai leader militari sudanesi di tenere negoziati in Turchia. Il confronto militare tra l'esercito sudanese e le Forze di supporto rapido (RSF) è in corso da nove giorni, provocando scontri in varie regioni di Khartoum. Secondo il funzionario diplomatico, Erdogan nelle telefonate degli ultimi due giorni ha parlato con Al-Burhan e Hemetti, trasmettendo il desiderio della Turchia di mediare la fine della guerra. Il leader turco si è offerto di ospitare negoziati diretti ad Ankara, con assicurazioni al comandante del supporto rapido, ha aggiunto il funzionario.
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Le evacuazioni
Lo scenario a Khartoum è talmente critico che gli Usa hanno dovuto chiudere la propria ambasciata ed evacuare il personale diplomatico con un aereo militare, come annunciato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden. L'avvenuta evacuazione del personale della propria ambasciata è stata annunciata dal Regno Unito. Quasi cento persone sono state evacuate anche dalla Francia, che conta di portarne in salvo altre cento. Anche Germania, Belgio e Olanda hanno annunciato le operazioni di evacuazione di loro cittadini dal Sudan dopo che sabato l'Arabia Saudita era già riuscita a rimpatriarne 91. Oltre 100 persone sono state evacuate a bordo di un aereo militare spagnolo. A Khartoum inoltre sono stati visti incolonnarsi alla volta di Port Said decine di veicoli bianchi delle Nazioni Unite e molti autobus.
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Cosa sta succedendo
I combattimenti sono scoppiati il 15 aprile tra le forze fedeli al capo dell'esercito Abdel Fattah al-Burhan e il suo vice diventato rivale Mohamed Hamdan Daglo, che comanda le forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Le RSF di Daglo sono nate dai combattenti Janjaweed che l'ex leader Omar al-Bashir ha scatenato nella regione del Darfur, dove sono stati accusati di crimini di guerra, tra cui il genocidio. I militari hanno rovesciato Bashir nell'aprile 2019 a seguito delle proteste di massa dei cittadini. I due generali hanno preso il potere con un colpo di stato nel 2021, ma in seguito si sono scontrati in un'aspra lotta per il potere, recentemente incentrata sulla prevista integrazione dell'RSF nell'esercito regolare. Negli ultimi giorni sono state concordate diverse tregue, poi ignorate. I combattimenti sono scoppiati anche altrove: nel Darfur il gruppo di soccorso Medici Senza Frontiere ha dichiarato che i suoi medici sono stati “sopraffatti” dal numero di pazienti con ferite da arma da fuoco, molti dei quali bambini, nella città di El Fasher. Il 69% degli ospedali che si trovano nelle aree di conflitto hanno sospeso i servizio e dei 79 nosocomi di base della capitale e degli Stati federali coinvolti 55 non funzionano, segnala il sindacato medico "Ccsd" sulla propria pagina Facebook. I 24 ospedali di queste aree ancora "completamente o parzialmente operativi" (alcuni forniscono solo servizi di primo soccorso) sono però "minacciati di chiusura a causa della mancanza di personale medico, forniture mediche, acqua ed elettricità", avverte il Ccsd segnalando che negli scontri fra esercito e paramilitari in corso da dieci giorni "sei ambulanze sono state attaccate" e "ad altre non è stato permesso di passare per trasportare i pazienti e prestare soccorso". A causa della distruzione di diversi mercati centrali causata dalla guerra, a Khartoum è in corso una grave crisi alimentare. I residenti sono fuggiti in altri quartieri e Stati per evitare i sanguinosi scontri e ci sono state anche segnalazioni di attacchi e saccheggi da parte delle Forze di supporto rapido contro famiglie che cercavano di lasciare la capitale.
Paramilitari: "L'esercito compie saccheggi per screditarci"
E continuano le accuse reciproche fra le forze in conflitto, con i paramilitari sudanesi che hanno preso le distanze da saccheggi e vandalismi denunciati in questi giorni attribuendoli a una strategia attuata dall'esercito per screditarli usando tecniche che risalirebbero al passato regime dell'allora presidente Omar al-Bashir, deposto quattro anni fa. "Negli ultimi due giorni abbiamo assistito a vandalismi e saccheggi diffusi nelle case dei cittadini e nelle sedi di aziende e fabbriche, dietro i quali si cela un piano astuto da parte di resti" del "defunto regime per cercare di incolpare le Forze di Supporto Rapido" con tecniche "che il nostro popolo ha sperimentato in trent'anni di crimini", sostengono le RSF su Twitter. Il tentativo di trarre "profitto tagliando i servizi necessari come l'elettricità e l'acqua ai cittadini è un vecchio atto criminale che i complottisti del colpo di Stato e le forze oscure hanno praticato a lungo in tali circostanze incolpando altri". I paramilitari sudanesi hanno anche denunciato su Twitter un raid aereo su aree residenziali di Khartoum da parte delle Forze armate: "Oggi, lunedì, le forze golpiste hanno effettuato un raid aereo su diverse aree residenziali della capitale Khartoum, colpendo direttamente i civili nel quartiere Doha di Omdurman e nell'area di Kalakla, nella parte sud".
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“Non lasciate solo il popolo sudanese”
La corsa alla fuga degli stranieri ha aumentato i timori dei sudanesi su ciò che accadrà quando i diplomatici che potrebbero fungere da potenziali mediatori se ne saranno andati. “Spingere per ottenere passaggi sicuri per l'evacuazione degli internazionali senza spingere contemporaneamente per porre fine alla guerra sarà terribile”, ha dichiarato il ricercatore Hamid Khalafallah. “Gli attori internazionali avranno meno impatto una volta usciti dal Paese”, ha detto, lanciando un appello alle nazioni straniere: “Fate tutto il possibile per andarvene in sicurezza, ma non lasciate il popolo sudanese senza protezione”.