Sudan, Tajani: "Tutti gli italiani che hanno chiesto di partire sono in salvo"

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E' decollato l'ultimo aereo da Khartum con l'ambasciatore e il personale militare. La premier Meloni sottolinea che insieme agli italiani, sono stati evacuati anche degli stranieri: "L'Italia non lascia nessuno indietro". Via dal Paese africano anche i cittadini di Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi. "Con la crisi in Sudan aumenteranno le partenze dei profughi", avvertono le ong. Sarebbero fino a 20mila le persone in fuga dal conflitto nella regione sudanese del Darfur, secondo l'Unhcr

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In Sudan, nonostante una tregua concordata tra le parti, proseguono i combattimenti fra esercito e paramilitari e si moltiplicano gli appelli ai due leader che si fronteggiano - i generali al-Burhan e Dagalo - per un cessate il fuoco. Ha parlato con entrambi l'Alto Rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell: "Ho insistito sulla necessità di proteggere i civili e di garantire l'evacuazione sicura dei cittadini dell'Ue". Tenendo conto della pericolosità della situazione, per l’Italia e per altri Paesi occidentali è infatti arrivato il momento di evacuare i propri cittadini: "Tutti gli italiani che hanno chiesto di partire dal Sudan sono in salvo ed in volo verso Gibuti. Sono orgoglioso del gioco di squadra che ha portato al successo di questa delicata e complessa operazione di evacuazione. Ringrazio i militari, l'intelligence e la diplomazia italiani", ha fatto sapere il ministro degli Esteri Antonio Tajani. In precedenza, Tajani aveva precisato che “noi contribuiremo anche all'evacuazione degli svizzeri e della nunziatura apostolica e di una ventina di cittadini europei". Tajani ha poi aggiunto di aver parlato con i due leader delle parti in guerra, il generale Dagalo e il presidente Al-Burhan, ricevendo garanzie di sicurezza: "Entrambi si sono detti favorevoli a far passare il convoglio degli italiani per lasciare il Paese" (VIDEO). Intanto, nella notte gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo con il gruppo paramilitare delle forze di supporto rapido (Rsf) e hanno già evacuato il personale dell’ambasciata a Khartoum. Lo stesso ha fatto il Regno Unito. Anche Belgio, Paesi Bassi, Francia e Germania hanno fatto sapere di aver dato il via alle operazioni di evacuazione. L'esercito sudanese e Rsf si sono poi accusati a vicenda di aver attaccato un convoglio di cittadini francesi, affermando entrambi che un francese è rimasto ferito: il ministero degli Esteri francese non ha commentato. “Rinnovo il mio appello affinché cessi al più presto la violenza e sia ripresa la strada del dialogo”, ha detto il Papa. Ma il capo delle Rsf Dagalo avverte: "Continueremo la lotta fino alla resa di Al-Burhan".

Tajani: “Aeroporto di Khartoum sotto controllo del governo”

A dare più sicurezza per le operazioni di evacuazione, aveva precisato in giornata Tajani a Mezz'ora in più su Rai 3, è il fatto che l’aeroporto di Khartoum "in questo momento è sotto controllo dei lealisti, quindi del governo", e "noi abbiamo avuto le autorizzazioni per far atterrare" gli aerei italiani, "quindi non dovrebbero esserci problemi". Il capo dei paramilitari Dagalo, scrivendo su Facebook di aver discusso con Tajani dei piani di evacuazione, ha affermato l’impegno delle Rsf “nei confronti del diritto umanitario internazionale e di tutte le leggi relative alla protezione dei civili in tempo di guerra”, aggiungendo che non avrebbero esitato "a fornire le strutture necessarie per assicurare il passaggio sicuro dei cittadini e delle cittadine di Paesi amici e fratelli verso le loro diverse destinazioni". Il ministro della Difesa italiana, Guido Crosetto, parlando di un costante monitoraggio dei fatti in Sudan, mette comunque in chiaro che "la preoccupante situazione in essere a Khartoum cambia in continuazione". Intanto, è finito l'incubo per 19 turisti italiani sorpresi dalla guerra mentre erano in crociera nelle acque di Port Sudan: come ha annunciato Tajani, sono potuti sbarcare a Hurghada in Egitto. 

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Evacuata l’ambasciata Usa a Khartoum

Tra le ambasciate di Khartoum che sono già state evacuate c’è quella americana. Nella notte i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno annunciato di essersi "coordinati" con gli Stati Uniti per l'evacuazione dei "diplomatici e delle loro famiglie". In mattinata gli Usa hanno fatto sapere di aver completato le operazioni con aerei militari e che l’ambasciata americana in Sudan è, almeno temporaneamente, chiusa. Diversi Paesi stranieri stanno ora preparando o portando avanti l'evacuazione di migliaia di loro concittadini. L'Rsf ha promesso "piena cooperazione con tutte le missioni diplomatiche, fornendo tutti i mezzi di protezione necessari e garantendo il loro ritorno sicuro nei loro Paesi".

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Colpito un convoglio francese, un ferito

Anche la Francia, ha fatto sapere il governo di Parigi in mattinata, ha iniziato una "operazione di evacuazione rapida" dei suoi cittadini e del personale diplomatico: 100 persone avrebbero già lasciato il Sudan e altrettante dovrebbero farlo nelle prossime ore. Anche i cittadini europei e quelli di "Paesi partner alleati" sono stati presi in carico, ha aggiunto il ministero degli Esteri francese, senza fornire altri dettagli. Più tardi si è diffusa la notizia che un convoglio francese è stato attaccato e che c’è un ferito. Parigi non ha commentato e tre le parti in conflitto in Sudan c’è stato uno scambio di accuse. Stamattina i paramilitari sudanesi delle "Forze di supporto rapido sono state attaccate da aerei durante l'evacuazione di cittadini francesi dall'ambasciata del loro Paese, passando per Bahri verso Omdurman", in un'azione che, oltre a bloccare il trasferimento, "ha messo in pericolo la vita di cittadini francesi, uno dei quali è stato ferito", hanno detto le Rsf su Facebook. Versione che l’esercito ha smentito.

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La situazione in Sudan

Intanto, in Sudan internet ha smesso di funzionare in quasi tutto il Paese. I combattimenti tra il gruppo paramilitare e l'esercito sono entrati nella seconda settimana dopo una breve pausa: sono centinaia i morti e migliaia i feriti, mentre i sopravvissuti devono far fronte alla carenza di elettricità e cibo. I combattimenti, dopo una tregua temporanea, sono ripresi anche nella capitale Khartoum. In particolare, a scontrarsi per il controllo del Paese - instabile dal 2019 - sono l'esercito sudanese guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan e i paramilitari Rfs di Mohamed Hamdan Dagalo. La tregua di tre giorni concordata venerdì su pressione Usa per la fine del Ramadan ha retto solo durante una notte. "Le forze golpiste, sostenute da gruppi estremisti, hanno violato la tregua e hanno attaccato le Forze di supporto rapido nella zona di Kafouri con attacchi aerei. L'attacco ha preso di mira le case di cittadini innocenti, provocando decine di morti e feriti", hanno scritto i paramilitari su Facebook.

Ong: "Aumenteranno partenze profughi"

La crisi che sta colpendo il Sudan, sottolineano le ong Mediterranea e Sos Mediterranée, farà aumentare le partenze di profughi. "Quello che sta accadendo aggrava una situazione di grande sofferenza per la popolazione civile e chiaramente spingerà le persone a spostarsi dal Paese", spiegano da Mediterranea, puntando il dito contro “il fallimento della politica dell'appoggio italiano, avvenuto con il precedente governo, delle milizie paramilitari del generale Mohamed Hamdan Dagalo, così come accade in Libia al solo scopo di fermare le partenze delle persone. La politica di esternalizzazione delle frontiere non ha funzionato in Libia, non funzionerà in Tunisia e non funzionerà in Sudan”. "A prescindere da dove vengono i profughi siamo pronti a salvarli", dicono da Sos Mediterranée. Anche l’Unhcr ha parlato della situazione profughi. "Il Ciad orientale ospita già oltre 400mila rifugiati dal Sudan e i nuovi arrivi stanno mettendo ulteriormente a dura prova i servizi e le risorse pubbliche del Paese, già sollecitate oltre misura. Negli ultimi giorni ci sarebbero tra le 10mila e le 20mila persone in fuga dal conflitto nella regione sudanese del Darfur per cercare rifugio nel vicino Ciad", spiega l'alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, secondo cui ci sono "milioni di persone in fuga nella regione" del Sudan.

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