Concordato un cessate il fuoco per facilitare i servizi umanitari e per celebrare la fine del Radam. Bruxelles intanto si dice preoccupata per i circa 1.500 europei che si trovano a Khartoum e pensa a un piano di evacuazione via terra. Il capo della Farnesina, Tajani, parla di 200 italiani in territorio sudanese
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Le forze armate in Sudan hanno accettato una tregua di tre giorni, a partire da stasera, per permettere ai cittadini di celebrare l'Eid El Fitrm, che segna la fine del Ramadan, e facilitare i servizi umanitari. L'annuncio arriva dopo che i paramilitari avevano avanzato la proposta di un cessate il fuoco per 72 ore. "I militari si aspettano che i ribelli rispettino tutti i requisiti della tregua e che interrompano qualsiasi movimento militare che la comprometta", si legge sulla pagina Fb dell’esercito. È ormai dallo scorso 15 aprile che vanno avanti gli scontri in Sudan, quando le tensioni tra le Rsf - le milizie guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, vicepresidente del Consiglio Sovrano - e l’esercito governativo, sotto il presidente al-Burhan, sono sfociate in guerriglia civile. A oggi, fa sapere il Ministero della Sanità sudanese, sarebbero 600 le persone morte nei disordini, a cui si aggiungono 3500 feriti. Intanto, l’Unione europea e gli Stati Uniti pianificano l’evacuazione dei propri cittadini dalla capitale Khartoum.
Ue pianifica l’evacuazione dei propri cittadini
Non appena la situazione di sicurezza lo consentirà, ha detto un funzionario europeo, l'Ue e sette Stati membri con missioni in Sudan (tra cui Italia, Francia e Germania) vorrebbero far partire “un'operazione per evacuare i nostri civili dalla città” di Khartoum. Si procederebbe "via terra", visto che l'aeroporto è chiuso. I cittadini europei ancora sul luogo sono circa 1.500. Tra questi ci sono anche 200 italiani, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Tajani. Prima dell'annuncio della tregua, aveva detto sempre la fonte europea, "la valutazione di coloro che operano sul campo, tra cui l'ambasciata Ue, è che non ci sono le condizioni di sicurezza per procedere con un'operazione di questo tipo". La preoccupazione è la stessa di Washington: "Ci stiamo preparando ad evacuare l'ambasciata in Sudan se necessario, ma non siamo ancora arrivati a quel punto", ha detto il portavoce della sicurezza nazionale americana, John Kirby. Tuttavia, stando al viceportavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel, i cittadini americani in Sudan non devono attendersi un'evacuzione coordinata dal governo americano, data la chiusura dell'aeroporto di Khartoum. Da Washington arriva intanto notizia della morte di un cittadino americano.
Ucciso un operatore umanitario dell'Oim
È stato ucciso in Sudan un operatore umanitario dell'Oim, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Lo riferisce da Ginevra la stessa agenzia dell'Onu in un comunicato, in cui si specifica che "il veicolo su cui viaggiava con la sua famiglia è stato colpito in uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le due parti belligeranti". Negli scorsi giorni erano già morti altri tre operatori Onu.
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Croce Rossa: “Assistere civili è obbligo di diritto internazionale”
Quella di oggi non è la prima tregua che è stata annunciata da quando sono scoppiati i disordini. Nessun patto è però finora stato rispettato. Molti gli appelli per una tregua che permetta almeno l’evacuazione e l’assistenza dei civili che si sono susseguiti. "Imploriamo le parti a concedere al Cicr un accesso umanitario immediato e senza ostacoli per assistere i civili sudanesi bisognosi. Questo non è facoltativo: è un obbligo legale ai sensi del diritto umanitario internazionale", ha detto la presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, Mirjana Spoljaric.
Haftar: "Da noi nessun sostegno alle parti in Sudan"
La situazione in Sudan preoccupa la comunità internazionale, visto anche il presunto appoggio alle Rsf dei mercenari russi della Wagner, che però continuano a negare di sostenerle. Dall’uomo forte della Cirenaica, il generale libico Khalifa Haftar, arriva intanto la smentita di aver fornito sostegno a una delle due parti in conflitto in Sudan. "Il comando generale smentisce categoricamente ciò che viene riportato da alcuni media a buon mercato e pagati circa le forze armate arabe libiche che forniscono supporto a una parte contro l'altra", ha detto il portavoce del comando generale dell'esercito libico, Ahmed al-Mismari. La Libia, ha aggiunto, chiede che "la formazione di un comitato di mediazione congiunto che includa la Lega degli Stati arabi e l'Unione africana per esercitare tutti gli sforzi per un cessate il fuoco immediato per raggiungere la calma e uscire da questa crisi preservando la sicurezza e la stabilità del Sudan".