
Sudan, cosa sta succedendo e da dove nascono le tensioni sfociate in guerra
Per le strade delle città dello Stato africano si scontrano l'esercito, ai comandi del presidente del Consiglio sovrano al-Burhan, e i potenti paramilitari delle Rsf, sotto la guida del vicepresidente del Consiglio, Dagalo. I due uomini sono stati tra i nomi principali per la caduta del regime di al Bashir prima e del governo che si era instaurato dopo. Dal 2021 si spartivano di fatto il potere

Il Sudan è tornato nel caos. Sabato 15 aprile la rivalità politica tra i due generali ai vertici del Consiglio sovrano che – al momento – guida il Paese, il presidente Abdel-Fattah al-Burhan e il vicepresidente filorusso Mohamed Hamdan Dagalo, è sfociata in scontri e violenze, prima concentrati solo nella capitale Khartoum e poi estesi anche in altre città. Si parla già di guerra civile. In foto: al-Burhan a sinistra e Dagalo a destra
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I combattimenti vedono da un lato i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf, Rapid Support Forces), agli ordini del vicepresidente Dagalo, e dall’altro l’esercito regolare, comandato dal presidente al-Burhan. Le due fazioni stanno portando avanti una prova di forza fatta di incursioni, sparatorie, raid aerei, mobilitazioni di blindati e annunci contrastanti. E la situazione è in bilico
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Come spesso accade in questi casi, è difficile capire chi abbia effettivamente il controllo del Paese in questo momento. Quello che è certo è che le milizie paramilitari non hanno nulla da "invidiare" all’esercito regolare, se non altro perché si stima che possano contare su circa 100mila uomini
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Le Rfs sono a tutti gli effetti un’evoluzione dei famosi “diavoli a cavallo”, i “janjaweed” che combatterono a fianco dell’ex presidente e dittatore Omar al Bashir per reprimere i ribelli del Darfur nei primi anni 2000. Negli ultimi mesi si è sottolineata la loro vicinanza con i mercenari della Wagner, militari di stampo ultranazionalista e filorusso che combattono oggi in Ucraina
A Khartoum scontri fra esercito e paramilitari
Per capire cosa sta succedendo bisogna comunque tornare indietro di qualche anno. Nel 2019, dopo 30 anni di dittatura, al Bashir fu deposto con un golpe. Al-Burhan e Dagalo stavano entrambi dalla stessa parte, contro l'ormai ex presidente. Si instaurò un governo transitorio che avrebbe dovuto portare poi a elezioni democratiche

Nell’autunno del 2021, Dagalo e al-Burhan unirono le forze per far cadere lo stesso governo civile a cui entrambi partecipavano. Diedero così vita all’alleanza militare del Consiglio Sovrano

I due si conoscono almeno dai tempi della guerra in Darfur: al-Burhan fu comandante in quel conflitto, Dagalo (in foto) combatteva direttamente con i sanguinosi janjaweed, di cui divenne uno dei nomi principali. Per volere di al Bashir furono poi istituite le Rsf, di cui Dagalo fu presto comandante. Insieme a loro depredò le miniere del Darfur nel decennio scorso

Verso la fine del 2022 l’equilibrio precario della convivenza tra Dagalo e al-Burhan inizia a cedere. L’esercito governativo, anche dietro la promessa di ricevere nuovi aiuti economici da parte della comunità internazionale, aveva infatti acconsentito a riprendere la via della democratizzazione che i due leader avevano bloccato l’anno prima

Si chiedeva però che le Rsf venissero integrate nell’esercito, in un periodo massimo di due anni, così da formare un unico corpo militare. Dagalo, a cui questa condizione non è mai piaciuta, ha proposto invece un processo per l’integrazione dei due comandi più lento, che potrebbe durare in tutto fino a 10 anni

Da quel momento l’unione tra i due si è rivelata come una lotta per il potere, a colpi di accuse reciproche che, negli scorsi giorni, si sono trasformate in scontri armati
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