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Patrick Zaki a Sky TG24 Live In Bergamo: "Sono bloccato, vorrei tornare in Italia". VIDEO

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Il giovane studente e attivista egiziano arrestato in Egitto parla della sua condizione: "Sto cercando di fare il possibile, ma non è una vita normale". L'ambasciatore Stefanini: "Vicenda Regeni pesa sui nostri rapporti con l'Egitto come un macigno". Durante il panel di Mondo è intervenuta anche la premier della Lituania sul tema della guerra Russia-Ucraina: "Inappropriato dire cosa dovrebbe fare Kiev per la pace". Il saggista Quammen ha invece affrontato il tema Covid: "Dobbiamo essere pronti a una nuova pandemia"

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"Sono qui bloccato, sto cercando di fare il possibile, ma non è una vita normale. Vorrei tornare in Italia". Così è intervenuto ai microfoni di Sky TG24 a Live In Bergamo Patrick Zaki, il giovane studente e attivista egiziano arrestato il 7 febbraio 2020 in Egitto, scarcerato nel dicembre 2021 e in attesa della nuova udienza del processo che lo riguarda: "Avrei voluto essere lì di persona, ma vi ringrazio per l’invito. Sono qui bloccato, non posso tornare in Italia. Il processo è continuamente procrastinato - spiega - sto cercando di riprendere la mia vita, di collegarmi con l’università di Bologna. Sto cercando di fare il possibile, anche se non è ancora una vita normale. Non posso fare dei piani da solo, né per il futuro. Sto aspettando che qualcosa accada, di poter tornare all’università, a Bologna. Vorrei tornare in Italia" (LA DIRETTA DELLA PRIMA GIORNATA DI LIVE IN).

Zaki: in Iran giovani chiedono libertà e diritti

Sulle proteste in Iran, Zaki spiega: "Purtroppo non so bene cosa avvenga lì perché non ho vissuto in quel Paese, ma dalle testimonianze di diversi amici che conosco penso che la situazione sia critica. Non si fermano alle proteste, stanno andando oltre: vogliono opporsi al governo conservatore. E’ una dimostrazione importante. Chiedono libertà, diritti, hanno colpito nel segno, vogliono difendere democrazia e libertà".

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Stefanini: vicenda Regeni è macigno sui nostri rapporti con Egitto

L'ambasciatore Stefano Stefanini, senior advisor dell’Ispi, ha spiegato i complessi rapporti tra Egitto e Italia: "Ci sono cose di interesse comune, ma il presidente Meloni ha messo i puntini sulle “i” sui diritti umani come ad esempio su Patrick Zaki. E la storia di Giulio Regeni è un macigno sui nostri rapporti con l’Egitto, che ha scelto di non collaborare con noi per risolvere questo caso. I nostri rapporti erano sempre stati eccellenti con l’Egitto in precedenza - continua  l’Italia si è trovata abbastanza sola e con un appoggio europeo limitato, soprattutto su Regeni. Qualcosa è cambiato ora, ma su Zaki non bisogna rallentare l’attenzione: questo è importante".

Sulle proteste in Iran, Stefanini commenta: "Noi non siamo in Iran e le notizie filtrano da chi si trova lì. Il Time ha eletto Zelensky uomo dell’anno, ma la palma dell’eroismo io la darei alle donne che scendono in piazza in Iran a rischio dell’impiccagione. Rischiano la vita per non voler portare una uniforme che non vogliono".

Infine, sul Qatargate che ha colpito il Parlamento europeo, sottolinea: "Metsola ha attaccato solo i corrotti coinvolti in questa vicenda, ma non ha parlato del problema della corruttibilità nel Parlamento europeo. Servono nuove regole. C’era un tallone d’achille che evidentemente è stato sfruttato da qualcuno".

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Premier Lituania: inappropriato dire cosa dovrebbe fare l'Ucraina per la pace

Ai microfoni di Live In Bergamo è intervenuta anche la prima ministra della Lituania Ingrida Simonité, che ha parlato della guerra in atto in Ucraina da parte della Russia e delle prospettive per la pace. "Nonostante ci sia una guerra vera in corso a 400 km dal nostro Paese, ci sono situazioni che riguardano la nostra sicurezza che sono differenti. Riguardano anche la Nato. Si è stabilito che la minaccia russa è reale e i partner della Nato hanno aumentato massicciamente il loro impegno. Finlandia e Svezia hanno deciso di unirsi all’Alleanza, cosa che ha cambiato anche il mio Paese e la regione. Questa minaccia ha cambiato anche le opinioni dei politici sulla spesa militare, è importante rafforzare le difese dei nostri confini".

Sulla possibilità o meno per l'Ucraina di recuperare anche il territorio della Crimea, spiega: "È inappropriato dire all’Ucraina cosa dovrebbe fare, sono loro che devono decidere cosa sia la pace per il proprio Paese. La Russia non vuole la pace. La Russia sta perdendo sul campo di battaglia, quindi vogliono un cessate il fuoco per farci accettare ciò che è successo, la situazione com’è adesso, e per prendere tempo. Non credo sia giusto".

Sulla dipendenza dei Paesi europei dalla Russia sul gas, sottolinea: "La dipendenza da un solo fornitore non è affidabile. In Lituania abbiamo iniziato un processo alternativo per il gas per diversificare, per evitare di dipendere dai prezzi della Russia, dal ricatto del gas. La Russia ha ridotto le forniture all’Europa e questo ha implicazioni sui prezzi. Ma noi in Lituania ora siamo sicuramente in una situazione più confortevole perché abbiamo iniziato a diversificare prima dell'Europa". Sul tema della sicurezza nei Paesi vicini alla Russia, Ingrida Simonité spiega: "La situazione della nostra sicurezza è cambiata in maniera positiva. La guerra in Ucraina non è iniziata a febbraio, ma è iniziata nel 2014 con l’annessione della Crimea. Alcuni Paesi erano scettici sul nostro stato d’allerta, dicevano che era dal nostro passato, ma in realtà noi avevamo già visto questa transizione verso un regime totalitario. Questo sta avvenendo ora. Ma Putin non si aspettava l’atteggiamento della Nato e l’aumento delle spese militari. Pensava che ci sarebbe stata divisione in Europa, e invece questo non è accaduto. Questo ha dimostrato quanto coesi possono essere i Paesi occidentali".

Ultimo capitolo su Taiwan e sulla pressione della Cina: "Si tratta di una battaglia per decidere che livello di cooperazione vogliamo avere con Taiwan. Quello avvenuto nei nostri confronti era un attacco al mercato internazionale tutto. Non si possono tollerare attacchi alle regole comuni sul commercio. Su questo fronte ha agito anche in Europa".

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Quammen: dobbiamo essere pronti alla prossima pandemia

Sul tema della pandemia mondiale dovuta al Covid è intervenuto lo scrittore e saggista David Quammen, autore di libri come "Spillover" e "Senza respiro", testi - il primo in particolare - che hanno anticipato l'arrivo del coronavirus. "Abbiamo imparato che gli scienziati avevano ragione, che ci sarebbe stata una pandemia portata da un virus animale al mercato, e che si sarebbe chiamato coronavirus. Le infrastrutture non erano adeguatamente preparate. Abbiamo imparato ad affrontare il virus e ora abbiamo anche il vaccino: dobbiamo aumentare le scorte". E sull'insofferenza per le regole di contenimento ora che l'emergenza è calata, sottolinea: "Tutti sono stanchi del Covid, anche io. Ma dire che la pandemia è finita significa che non dovremmo essere più vigili contro questo virus. Invece anche i virus endemici possono essere molto pericolosi contro le persone. Dobbiamo essere pronti a nuove ondate. Una di queste sta per colpire la Cina, ci sarà un picco nei prossimi mesi. A un certo punto dovremo tornare al distanziamento e alle mascherine, anche se la parte peggiore sembra passata". Infine Quammen guarda al futuro: "Dobbiamo essere pronti a una nuova pandemia, che sarà simile a un coronavirus o a un virus dell’influenza. Ma sicuramente ci sarà. Ho capito che il virus di Wuhan sarebbe stato un problema serio il 13 gennaio 2020, quando uscì il primo avviso: un servizio di allerta a cui ero registrato con scritta la parola coronavirus".

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