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Afghanistan, Free to Run: le donne e il sogno di una corsa non più concessa
È passato un anno dalla conquista di Kabul da parte dei talebani. E 12 mesi dopo, la situazione sul fronte dei diritti in Afghanistan non sembra suggerire miglioramenti. Le donne non possono andare a scuola, non possono uscire da sole e, di conseguenza, non possono fare attività sportive. Free to Run – un’organizzazione no profit che cerca, attraverso lo sport all’aria aperta, di restituire alle donne la propria libertà fisica e sociale – è stata proprio lì poco prima del 15 agosto 2021
A cura di Yara Al Zaitr
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Loro sono Zeinab e Zahra, due giovani studentesse afghane che – dopo la conquista di Kabul da parte dei talebani – sono uscite dal Paese per inseguire un sogno: completare la loro istruzione. Entrambe accettate con borse di studio Fulbright nelle università degli Stati Uniti - dove ora vivono - sempre però con uno sguardo rivolto alla madrepatria: l’Afghanistan. Paese nel quale hanno iniziato a correre, motivate dalle altre donne di Free to Run, e nel quale hanno riscoperto il desiderio di riaffermare i propri diritti
GUARDA IL VIDEO: Afghanistan, l'intervista a Stephanie Case
Per Zahra il sogno di contribuire a migliorare la vita delle donne in Afghanistan inizia con l’istruzione. Prima donna della sua famiglia a diplomarsi, Zahra si è laureata in Economia e commercio all’Università di Kabul e ha scoperto Free to Run in un momento in cui cercava nuovi stimoli e nuove fonti di ispirazione. Il running le ha offerto una nuova prospettiva, mettendola in contatto con gli altri e aiutandola a esplorare il mondo che la circonda
Afghanistan un anno dopo: cos'è cambiato dopo il ritorno dei talebani
Zeinab invece studiava all’American University di Kabul quando ha conosciuto due ragazze che si stavano allenando per un’ultra-maratona con Free to Run e si è unita al programma nel 2017. Impegnata negli studi e in un lavoro che la aiutasse a sostenersi economicamente, le sessioni di Free to Run rappresentano per lei una fonte di motivazione e un incoraggiamento a uscire dalla zona di comfort. Zeinab ha così potuto affrontare più maratone e ha trovato la forza per sfidare la società, cercando di cambiare la percezione di ciò che le donne possono fare nel suo Paese
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Free to Run, questo è il nome dell’organizzazione no profit fondata nel 2014 dall’ultrarunner canadese Stephanie Case e del documentario omonimo poi realizzato da The North Face proprio ispirato alla sua storia. L’azienda ha supportato e seguito l’atleta nel suo viaggio in Afghanistan e ha presentato al mondo Zeinab e Zahra, nei giorni precedenti la conquista della capitale da parte dei talebani, e raccontato poi – inaspettatamente – la loro fuga verso gli Stati Uniti
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Libere di correre. Un nome che è anche una missione. Stephanie Case è, infatti, un’attivista e un’avvocatessa per i diritti umani, da sempre impegnata a tutela della libertà delle donne. “Il modo con cui Free to Run opera è quello di lavorare direttamente con la comunità e con i genitori in modo che possano capire cosa significhi uscire a correre all’aperto – ci spiega Stephanie - Noi cerchiamo dei modi sicuri per far uscire le donne di casa e coinvolgerle nelle attività all’aperto"
Kabul, i diritti delle donne oggi a un anno dal ritorno dei talebani
“Non so cosa mi abbia spinto, è qualcosa che è sempre stato dentro di me”, ci racconta Stephanie quando le chiediamo cosa l’abbia motivata a intraprendere questo cammino. “È un dovere. Non è mai stata davvero una scelta. Per noi correre è una forma di esercizio, ma per le ragazze e le donne di Free to Run - nelle zone in cui operiamo - è un’opportunità per avere accesso a un nuovo tipo di vita"
Kabul, la calma apparente di una città in ginocchio
È per aiutare le donne a crearsi una nuova vita che Stephanie è partita per l’Afghanistan, poco prima di quel 15 agosto 2021 che ha cambiato le sorti del Paese di cui ci ha raccontato: “In uno Stato come l’Afghanistan - afflitto da conflitti da molto tempo – i rischi a cui si va incontro uscendo a correre o a fare attività all'aria aperta sono molto più alti rispetto a un Paese come l’Italia o come il Canada, mio Paese natale. Ci vuole molto coraggio per provare a fare qualcosa di nuovo. Per provare a fare qualcosa di differente e affrontare eventuali critiche"
"Kabul l'anno dopo": lo speciale di Sky TG24
Correre, fare sport o scalare una montagna non è mai facile per nessuna donna, ma a maggior ragione non lo è per quelle che vivono in Paesi come l’Afghanistan – dominati da una società patriarcale. Per spiegarci questo divario di genere Stephanie fa appello alla memoria e ci racconta un episodio del suo passato. “Ho avuto un incidente sulle montagne italiane anni fa e una delle reazioni che ho ricevuto non è stata ‘stai bene?’, ma ‘non avresti dovuto andare sulle montagne da sola"
“Free to Run”, il documentario dedicato alle runner afghane Zeinab e Zahra
“Siamo soggette a un tipo di sguardo critico a cui invece gli uomini non vengono sottoposti. E questo ha un impatto sulla nostra capacità di accedere agli sport. Come se il mondo esterno non fosse un posto adatto a noi, come invece lo è per loro. Quando le donne si allenano da sole c’è sempre la possibilità che subiscano uno sradicamento e un giudizio negativo, ma sfortunatamente è una cosa che le donne devono affrontare un po’ in tutto il mondo. Accade solo in una forma più estrema nelle zone dei conflitti"
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E proprio in Afghanistan questa forma di discriminazione di genere diventa sempre più forte. “Da quando i talebani hanno preso il potere, le donne sono state molto limitate, in termini di che lavoro possono fare, nel modo in cui si possono spostare in città e nelle zone rurali, perché hanno bisogno di accompagnatori – spiega Stephanie - Le ragazze non possono frequentare le scuole secondarie, ed è una cosa che non vediamo da nessun’altra parte del pianeta e certamente nemmeno gli sport sono permessi. Questa situazione è davvero insostenibile"
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Ma senza le donne, conclude con uno sguardo speranzoso Stephanie, non può esistere un futuro. “Il mio sogno per l’Afghanistan è che sia guidato dalle donne. Magari da una donna di Free to Run. Credo che ora lo spazio nel quale possono operare in Afghanistan sia molto ristretto e c’è una responsabilità in questo senso per chi è al potere di smettere di vincolare i loro diritti e di creare questo spazio. Un Paese come l’Afghanistan non conoscerà mai la pace e la stabilità senza il coinvolgimento delle donne"