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Guerra Ucraina, il profilo psicologico di Putin secondo Domenico Barrilà

Mondo

Gaia Mombelli

Con uno dei massimi psicoterapeuti italiani, abbiamo cercato di analizzare la personalità del presidente russo. Dietro la crudeltà con la quale sta conducendo la guerra contro l'Ucraina, ci sarebbe una personalità fragile, schiacciata da un forte sentimento di inadeguatezza

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In questi giorni, al dibattito politico sulla guerra, si affianca quello sullo stato di salute mentale di Vladimir Putin. Ne abbiamo parlato con uno dei massimi psicoterapeuti italiani, Domenico Barrilà, per cercare di capire quali sono le caratteristiche e le fragilità di quest'uomo. (GUERRA IN UCRAINA, LO SPECIALE - I REPORTAGE DEI PRIMI 10 GIORNI DI GUERRA - IL VIDEOBLOG)

Cosa si nasconde dietro quest'uomo

Qualcuno sostiene che sia pazzo, lei, da tecnico, considera il presidente russo un pazzo?

Le confesso che vorrei avere le certezze dei colleghi che diagnosticano a distanza, ma credo servano indizi seri e verificati per formulare valutazioni di questa natura.

Senza contare che se dovessimo appurare che la persona in questione è affetta da gravi disturbi mentali non potremmo certo ricoverarla; quindi, rimane un mero esercizio di stile.

Il presidente russo è semplicemente una persona sbagliata, il punto è che quando una persona non risolta, questo è l’aspetto tragico, assomma su di sé poteri inauditi, le conseguenze, nel bene e nel male, non sono mai piccole.

Forse sarebbe meglio concentrarsi sulla comprensione delle linee di movimento del suo mondo interiore, questo si che, aldilà delle etichette e delle diagnosi, potrebbe dirci qualcosa.

E quali sono queste linee di movimento?

Le stesse collaudate nella sua infanzia, consumatasi in uno degli anonimi casermoni dell’edilizia sovietica, dove tra i ragazzi non mancava la violenza, di cui probabilmente è stato anche vittima. È importante conoscere quelle fasi della vita del protagonista, perché le linee guida del nostro mondo interiore si strutturano allora, alimentate da percezioni soggettive precarie, e in seguito tendono a persistere. Pare vi fossero due fratelli morti prima della sua nascita, dal che potremmo desumere un probabile eccesso di accondiscendenza nei confronti dell’unico figlio sopravvissuto, almeno da parte della mamma.

Trovo significativa anche la sua narrazione soggettiva delle risse giovanili, sembra che a darle fosse lui, ma da quello che possiamo desumere dalle circostanze odierne, viene da pensare che il piccolo Vladimir in quelle tonnare fosse una vittima.

Il grande spirito di rivalsa attuale potrebbe essere segno di maltrattamenti e frustrazioni ascrivibili proprio alla fase di formazione dello stile di vita, generando quei tratti ottusamente aggressivi e vendicativi che vediamo agire oggi.

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Tratti della personalità

Qual è il tratto che prevale nella personalità del presidente russo?

Proprio la violenza e lo spirito di rivalsa. I bambini che in famiglia furono trattati con eccesso di accondiscendenza non possiedono anticorpi nei confronti dell’insuccesso, proprio perché non poterono sperimentarlo tra le mura domestiche; dunque, tendono a fare un caso personale di ogni rovescio, piccolo e grande, cercando compensazioni senza sosta, eccedendo nella misura.

L’accumulo di ricchezza, frutto di ruberie e corruzione, ricorda la parabola del protagonista del film “Quarto potere”, nato povero e rovinatosi per avidità. Gli eccessi sono sempre prodromi di naufragi, ma indicano una bulimia esistenziale sospetta, compensatoria a una qualche voragine.

Anche la dissoluzione dell’impero sovietico è stato un evento centrale nella vita di quest’uomo, pure in questo caso agisce lo stesso desiderio di riscatto. Anche su Hitler agì un mix simile, l’umiliazione del proprio paese durante la Grande Guerra, che seguiva un’infanzia e un’adolescenza molto complicate, dolorose, segnate da lutti pesantissimi, compresa la morte della madre quando Adolf era adolescente.

Possiamo anche essere solidali con questi personaggi dal passato difficile, ma nessuno può chiedere al mondo di pagare prezzi così tragici a disfatte personali o errori pedagogici altrui, sebbene quasi sempre, dietro eventi storici sfavorevoli vi siano circostanze simili.

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La paranoia

Cosa le dice la sua esperienza sull’uomo del Cremlino? Qualcuno dei suoi colleghi parla di paranoia.

Vladimir Putin è figlio di un preciso processo biografico dal quale arrivano eventi e interpretazioni soggettive, queste ultime, lasciate libere di agire senza verifica e senza correzioni educative, possono essersi cristallizzate fino a diventare verità assolute, ma questo non ci autorizza a cadere, a nostra volta, in abusi di soggettività. Spesso, quando ci sfugge qualcosa di qualcuno oppure gli vediamo fare delle cose distanti dalla nostra logica, tagliamo corto e gli diamo del pazzo, ma a noi spetta cercare un bandolo nel modo di agire di quella persona. Sotto le etichette, sotto le diagnosi, vi sono dei processi, quelli di cui una buona psicologia deve dare conto, per farlo c’è bisogno di elementi, quando non li abbiamo possiamo ricorrere a delle buone finzioni tenendo però conto che sempre di finzioni si tratta.

Detto questo, credo che se Putin fosse davvero paranoico, questa intervista non avrebbe luogo, la paranoia è la malattia mentale più grave in assoluto, che lascia poche via d’uscita perché le convinzioni che chi ne è affetto si porta appresso sono impermeabili. Gusci sigillati.

 

Escludendo quindi la paranoia, quali altre patologie si possono intravedere?

Parlerei comunque di coloriture paranoiche, un atteggiamento mentale piuttosto comune, che ci spinge a immaginare intenzioni e progetti ostili nei nostri confronti, da parte di una o più persone, comportandoci come se fossero veri e reagendo secondo la nostra indole, se siamo violenti risponderemo con violenza, come sembra suggerire la vicenda del presidente russo. Ripeto, sono processi molto comuni. Nel caso di Putin, il legame con eventi biografici col passato è forte.

Una signora si lamentava del fatto che, improvvisamente, la sua vicina di casa avesse preso a salutarla con meno cordialità, “come se io le avessi fatto qualcosa”. Le avevo suggerito di aspettare, ma anche di verificare che nella vita di quella donna non stesse accadendo qualcosa di grave. Dopo un mese, mi comunicò che il marito della vicina era stato arrestato per truffa.

Quando qualcuno ci dice: “ti stai facendo dei film”, in qualche modo ci sta dando del paranoico, ovviamente nella versione non patologica. Mi pare evidenti che in questo momento, nella sala di proiezione aperta nel paesaggio interiore di Putin, di film ne stiano passando parecchi, tutti figli della stessa sceneggiatura.

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La personalità

Come definirebbe, dunque, il presidente russo?

L’impressione è che si tratti di una personalità piuttosto fragile, diffidente, umorale, schiacciata da un forte sentimento di inadeguatezza. Il pavimento sul quale si appoggia la sua personalità è molto accidentato. Le persone insicure tendono a esercitare un controllo ossessivo sulla realtà e sulle persone, sono sempre sulla difensiva e si logorano molto perché il controllo brucia molte energie interiori, anche fisiche, facendoti perdere lucidità ed empatia, ove ve ne fosse stata.

È una legge, tutatvia, che possiede una sua ragionevolezza interna, è ovvio che se mi sento inadeguato devo incrementare il controllo su tutto ciò che può minacciarmi.

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Le fragilità

Sembrerebbe incredibile accostare Putin alla fragilità. Da cosa lo desume?

Proprio dal livello eccessivo di compensazione e di controllo, privo di misura. Questo atteggiamento lo ritroviamo, con gradazioni diverse, nelle persone che si sentono intimamente “scarse”, quanto più è forte il sentimento di inadeguatezza, tanto più grandi saranno gli sforzi e

gli investimenti per acquisire una posizione di potere. Più mi sento piccolo più cerco visibilità, più mi sono sentito scarso più coltivo una ipertrofica volontà di potenza.

Putin è ancora oggi il giovane Vladimir che le prendeva dai compagni e si compensava immaginando di essere lui a darle, questo, il grande sogno della sua vita, comporta continue violazioni agli interessi dei propri simili.

Il nostro stile di vita è costante e coerente, non si registrano mai grandi salti logici, anche col passare degli anni. Adesso che finalmente può darle a qualcuno, figurarsi se si lascia scappare l’occasione. Senza contare, che proprio quel ragazzino che agisce dentro di lui, presume si debba accondiscendere al suo volere, giustificarlo. Mette insieme fatti personali e drammi planetari, perché lui e il suo paese sono stato sfortunati. Infatti, ciò che più lo irrita è il fatto che gli altri eccepiscono, così come lo gratifica molto che si vada da lui a chiedere indulgenza. Lui, rozzo, privo di fascino, di stile, di censo sociale, ci mette pure una potente invidia verso i leader occidentali e verso un modello di vita che a lui è stato negato per mezzo secolo.

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Le categorie

Escluse le patologie gravi, se dovesse proprio inserire Putin in una categoria a noi familiare, come lo definirebbe?

Un bullo che è stato vittima, senza dubbio, una persona che nell’intimo è tormentata dall’angoscia essere niente, solo che in questo tipo di individui tale timore è accentuato fino al parossismo e favorisce compensazioni vendicative, antisociali. Tutti abbiamo il desiderio di elevarci, ma la strada che scegliamo per realizzarlo a segnare il nostro destino. Possiamo procedere in modo pro-sociale oppure agire in dispregio degli interessi collettivi. Semplificando, per diventare il primo, per farmi notare, posso scegliere di dipingere la cappella Sistina oppure rapinare una banca. Per chi sceglierà la seconda strada il vero godimento non è vincere ma fare perdere gli altri.

Questo, in particolare, è il momento più esaltante della vita per Vladimir Putin, sta facendo perdere gli altri e può decidere quando smettere, ci tiene al guinzaglio perché sa bene che non possiamo permetterci di scatenare reazioni irreparabili.

È evidente che siamo di fronte a un bambino arrabbiato e irresponsabile, che esercita con sadismo il piacere della funzione.

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Putin padre

Che padre può essere stato Vladimir Putin?

Anche in questo caso sappiamo poche cose. Ci sono due figlie, adulte, che pure avendo cambiato il cognome, si dice per ragioni di privacy, sono bene integrate nel sistema di potere del padre; tuttavia, farei fatica a pensare che siamo di fronte a un padre affettuoso. L’affettività non la trovi per strada, è qualcosa che si apprende per contagio diretto nella famiglia d’origine, dove, abbiamo detto, non sarà mancata la condiscendenza, ma non è detto si andasse molto oltre. Il padre di Vladimir Putin era un militare, lui stesso si è arruolato presto nei servizi segreti, c’è una visione del mondo fatta di stellette e gerarchie, che pervade ogni ambito della sua vita. In ogni caso è evidente a chiunque che quest’uomo sconta problemi importanti nel registro delle emozioni e dei sentimenti, il cinismo con cui amministra la guerra e i suoi lutti, molti dei quali coinvolgono innocenti o addirittura bambini, non può passare inosservato.

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Com'è il Putin capo?

Altrettanto interessante sarebbe capire che tipo di capo è il presidente russo?.

Nel lessico di Putin comandare coincide col potere di vita o di morte, questo fa parte della sua visione bipolare della realtà, elementare, molto vicina a quella dei bambini piccoli, dove esistono due cassetti, il buono e il cattivo, dunque non sono ammesse posizioni sfumate.

L’ambiente è lo scalpello principale della personalità, Vladimir Putin è stato per settant’anni immerso in un brodo di congiure e di violenza, lui ne è il frutto perfetto, quindi, valutato nel recinto di quella cultura, è una persona che non si può definire matta. Questo che gli è stato insegnato, è un ottimo allievo di una pessima scuola. Chi sta con lui si comporta come l’adepto di una setta, si saldano due finalismi complementari, uno vive arso dal bisogno di dominare, tanti altri dalla necessità di dipendere. In questo incastro tutti traggono vantaggi.

Il gioco si può rompere solo dall’interno, e credo così sarà, la coscienza civile dei russi che dissentono è diversa da quella presente nell’Unione Sovietica, ma soprattutto è più “invischiata” col mondo, più difficile da tenere in soggezione.

Le interlocuzioni

Come è più utile rapportarsi con un soggetto del genere? Conviene il dialogo, oppure è meglio lo scontro?

Quando si parla di dialogo occorre tenere presente che non può essere solo un’estensione di un solo punto di vista, anche quando l’altro ci ripugna. Immedesimarsi è necessario, cedendo parti sopportabili delle nostre attese, in vista di passi più evoluti.

La politica occidentale, però, in quanto democratica tende a cambiare i propri attori, mentre il blocco orientale è piuttosto stabile, ma questo non è certo un merito. La democrazia è ricca di protagonisti e di strategie, i grandi paesi dell’Est e dell’Estremo Oriente, sono di fatto delle dittature. In questi decenni, Vladimir Putin si è trovato di fronte una miriade di interlocutori diversi l’uno dall’altro, privi di una visione comune e spesso portatori di interessi specifici, questo lo mette in una posizione di forza, che lui usa benissimo, ora soggiogando, ora minacciando, ora vellicando. Un vantaggio paradossale, ma purtroppo vero.

In questi giorni, l’Occidente sembra avere trovato una strada comune, e questo, al netto della disinvoltura ostentata da Putin, lo mette in grosse difficoltà, più di qualunque arma, perché non è abituato a trovarsi di fronte un blocco coerente, lontano dagli atteggiamenti compiacenti della mamma. Quindi, emerge l’antica fragilità del bambino, da qui le minacce irrazionali con tanto di allusioni all’uso nucleare.

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Le paure di Putin

Da cosa è spaventato Putin?

Dal crepuscolo. Col potere ti puoi comprare tutto ma non gli anni, la decade tra i settanta e gli ottanta anni è quella dove è più probabile il congedo dal mondo. A quest’età, quelli che i meccanici chiamano pezzi a usura, possono scricchiolare, evocando la data di scadenza.

L’anagrafe può deformare la percezione delle cose, radicalizzando tratti presenti. Putin vuole lasciare disperatamente una traccia di se, ma la situazione economica del suo paese è disperante e l’Occidente rimane lontano, lui come amministratore pubblica è naufragato, quindi non è quella la strada attraverso la quale farsi ricordare, inoltre capisce di non possedere il talento più umano che esista, il sentimento sociale, quello che ti fa scalare la vita dal lato utile, così torna il bullo di un tempo. Piuttosto che perdere faccio perdere gli altri, così mi illudo di vincere. Questo è il destino di tutti i bulli, la disperazione di non sentirsi capaci e le conseguenti azioni antisociali.

La morte è stato un compagno di viaggio costante per quest’uomo, nella sua casa ne respirò la presenza e le conseguenze sin dal primo vagito, chissà che esaltazione potere determinare quella degli altri, non potendo addomesticare la propria.

 

 

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

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