Ursula von der Leyen e Charles Michel, i due volti di un Continente

Mondo

di Renato Coen, corrispondente da Bruxelles

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L'Europa unita è un gigante a due teste: una è della presidente della Commissione europea, l'altra del presidente del Consiglio europeo. Il problema è che a volte fanno a testate l'un con l'altra, in una gara a primeggiare diventata ormai palese a tutti

L'Europa unita è un gigante a due teste: una è la testa del presidente della Commissione europea, organo esecutivo dell'Unione che controlla il budget e il rispetto dei trattati; l'altra testa è quella del presidente del Consiglio europeo, istituzione che riunisce i 27 capi di Stato e di governo che di fatto ancora decidono la politica e gli indirizzi dell'Ue. Il problema è queste due teste a volte fanno a testate l'un con l'altra, in una gara a primeggiare che con Ursula von der Leyen e Charles Michel è diventata palese a tutti.

Due sponsor pesanti

Ursula von der Leyen è una politica tedesca di stretta osservanza merkeliana, cresciuta all'ombra della cancelliera di cui è stata tre volte ministro - tanto che fu indicata dalla stessa Merkel per il ruolo di capo della Commissione Ue. Charles Michel invece è un politico belga vallone, che ha servito per un mandato da premier del suo Paese prima di dimettersi per assumere il ruolo di presidente del Consiglio europeo. L'accusa che in molti muovono ad entrambi è quella di non essere leader abbastanza forti, e con sponsor troppo ingombranti cui devono rispondere: Angela Merkel per lei, che ancora la considera la sua capa; Emmanuel Macron per lui, di cui sarebbe un fedele e subalterno sostenitore.

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Un mandato difficile

Di fatto però i due si sono trovati a gestire l'Ue in uno dei momenti più difficili dalla sua nascita, la pandemia e la crisi economica che ne è conseguita, e nonostante l'inesperienza che molti gli imputavano sono riusciti a coordinare i lavori di approvazione del Recovery l'una e i difficili vertici dei 27 Paesi in cerca di una via d'uscita l'altro. Un risultato affatto scontato.

 

Certamente rimarrà alla storia lo sgarbo di Michel ad Ankara, quando si sedette sull'unica sedia disponibile messa a disposizione a fianco del presidente Erdogan lasciando a von der Leyen il posto sul divano. Scoppiò il cosiddetto sofa-gate, che la presidente non esitò a definire di fronte al Parlamento europeo un "momento umiliante" per lei come donna e come presidente di Commissione. Allo stesso tempo in altre occasioni è stata lei a cercare di mettere in risalto il proprio ruolo nei rapporti di politica estera nei quali è tradizionalmente più attivo il presidente del Consiglio Ue. 

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Una diarchia da risolvere

Nessuno dei due appare un leader in grado di oscurare i principali capi di Stato e di governo che siedono ai tavoli europei. E forse è anche per questo che sono stati scelti. Del resto, indipendentemente dai profili di von der Leyen e Michel, se l'Europa vorrà rafforzare la propria immagine un giorno dovrà risolvere la competizione continua tra le due cariche e decidere come farsi rappresentare. Anche perché nessuno dei due presidenti al momento tiene veramente in mano le sorti dell'Unione europea, decise non a Bruxelles ma a Parigi, a Berlino e, a volte, anche a Roma.

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