Trump, blocco sui social accende il dibattito. Francia contraria, Merkel: “Problematico”

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Il ministro francese dell'Economia Bruno Le Maire e l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell hanno osservato che la regolamentazione dei colossi del web non può avvenire basandosi sulle procedure delle stesse aziende private. Bolsonaro: “Paradossale e inaccettabile”. Navalny: “Questo precedente sarà sfruttato dai nemici della libertà di parola in tutto il mondo. Anche in Russia”

Sta facendo discutere in tutto il mondo la decisione di alcuni social network - Twitter, Facebook, Instagram - di sospendere gli account del presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump dopo quanto accaduto al Congresso lo scorso 6 gennaio, nell’irruzione che ha causato cinque vittime. La Francia ha fatto sapere di non essere d’accordo, mentre la Germania parla di situazione “problematica” e Bolsonaro invita i suoi follower a seguirlo su Parler (che però oggi è andato offline).  Un dibattito che si concentra soprattutto sul potere dei colossi del web e la regolamentazione, o più che altro la mancanza di essa, che li riguarda in quanto aziende private.

Le Maire: “Regolamentare la rete non spetta ai colossi del web”

La Francia deplora la decisione di Twitter di escludere Trump, sottolineando che regolamentare la rete non spetta ai colossi del web. "Ciò che mi sciocca è che sia Twitter a decidere di chiudere" il profilo del tycoon, ha dichiarato il ministro francese dell'Economia, Bruno Le Maire, intervistato ai microfoni di radio France Inter. "La regolamentazione dei colossi del web - ha avvertito - non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale".

Portavoce Merkel: “Problematico il blocco di Trump”

Più cauta la Germania: "La cancelliera Angela Merkel ritiene problematico che sia stato bloccato in modo completo l'account Twitter di Donald Trump", ha detto il protavoce Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo a una domanda specifica sull'argomento.

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Borrell: “Regolamentare rispettando la libertà di espressione”

Nella discussione si è inserito anche l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell: se a suo parere "occorre poter regolamentare meglio i contenuti dei social network, rispettando scrupolosamente la libertà di espressione", tuttavia "non è possibile che questa regolamentazione sia attuata principalmente secondo regole e procedure stabilite da soggetti privati".

Breton: “L’8 gennaio sarà una data spartiacque per le piattaforme digitali”

Dall’Ue è arrivato anche il commento del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, secondo cui l'8 gennaio 2021, giorno in cui Twitter ha sospeso definitivamente l'account di Trump, sarà una data spartiacque per le piattaforme digitali: "Questa data rimarrà come riconoscimento da parte delle piattaforme" on-line "della loro responsabilità editoriale e del contenuto che trasmettono. Una sorta di 11 settembre nello spazio informativo". In un editoriale pubblicato da Le Figaro e l'on-line Politico Usa, Breton ha espresso le sue "perplessità" per la decisione di bandire il tycoon "senza controllo legittimo e democratico", sottolineando che questo giustifica i progetti europei di regolamentazione dei giganti digitali. Secondo Breton, il fatto che un "amministratore delegato possa staccare l'altoparlante del presidente degli Stati Uniti senza alcuna forma di controllo e contro-potere" desta molti interrogativi.

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Bolsonaro: “Paradossale e inaccettabile”

Il capo della comunicazione del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, Fabio Wajngarten, ha criticato la decisione di Twitter di bloccare il profilo di Trump definendola "paradossale e inaccettabile". Bolsonaro ha invece invitato i propri follower di Instagram a seguirlo su Parler, il social network amato dai sostenitori di Trump che è stato però sospeso nella notte tra domenica e lunedì ed è ora offline.

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Navalny: “Censura inaccettabile”

Sull’argomento è intervenuto anche il dissidente russo Alexey Navalny: "Penso che il bando di Donald Trump su Twitter sia un atto di censura inaccettabile. Questo precedente sarà sfruttato dai nemici della libertà di parola in tutto il mondo. Anche in Russia. Ogni volta che avranno bisogno di mettere a tacere qualcuno, diranno: 'è solo una pratica comune, anche Trump è stato bloccato su Twitter'". "Certo, Twitter è un'azienda privata, ma abbiamo visto molti esempi in Russia e in Cina di aziende private che sono diventate i migliori amici dello Stato e gli abilitatori quando si tratta di censura - prosegue Navalny - Se sostituite 'Trump' con 'Navalny' nella discussione, otterrete una risposta accurata all'80% del Cremlino sul perché il mio nome non può essere menzionato nella TV russa e non dovrei essere autorizzato a partecipare a nessuna elezione. Se Twitter e Jack (Dorsey, ndr) vogliono fare le cose per bene, hanno bisogno di creare una sorta di comitato che possa prendere tali decisioni. Dobbiamo conoscere i nomi dei membri di questo comitato, capire come funziona, come i suoi membri votano e come possiamo appellarci alle loro decisioni".

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Il dibattito sulla censura

Nel bloccare Trump, Twitter e Facebook hanno mostrato i muscoli facendo "vedere chi ha il potere nella società digitale", ha scritto il New York Times ricordando come i nomi di Mark Zuckerberg e Jack Dorsey non sono mai apparsi in nessuna elezione, eppure i due manager, "responsabili solo davanti ai loro consigli di amministrazione e ai loro azionisti", hanno un "enorme potere". Secondo i costituzionalisti, chi come i repubblicani parla di violazione del primo emendamento per Twitter e Facebook - ma anche per Apple, Amazon e Google - sbaglia. L'oscuramento di Trump e lo stop di Parler sono perfettamente legali perché il Primo Emendamento vieta la censura al governo e non si applica alle decisioni di società private. Ben diverso è il caso di Trump, accusato nei mesi scorsi dal Knight First Amendment Institute della Columbia University di violare il Primo Emendamento per aver bloccato alcuni utenti su Twitter: il caso è arrivato fino alla Corte Suprema che non ha ancora deciso se occuparsene. Nonostante questo il dibattito è complicato. Pur ritenendo corrette le decisioni della Silicon Valley, molti si interrogano sul potere che ha accumulato e che le consente di rimuovere chiunque dalle loro piattaforme, divenute indispensabili per miliardi di persone. "Il presidente può rivolgersi al suo ufficio stampa o a Fox se vuole comunicare con il pubblico. Molti altri, quali gli attivisti afroamericani o Lgbtq bloccati dai social come Trump, non hanno questo lusso", denuncia l'American Civil Liberties Union. Gli stop decisi dai social sollevano anche, secondo gli esperti, dubbi sulla sostenibilità del loro modello di business per una democrazia funzionante e sui politici ormai troppo “dipendenti” dai social. Il primo nodo da sciogliere è quello normativo sulla Section 230 del Communications Decency, che garantisce l''immunità ai social, sollevandoli da ogni responsabilità.

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