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Esplosione Beirut, almeno 135 morti. Governatore: più di 300mila persone senza casa

Mondo
©Getty

All'origine della detonazione un incendio in un deposito nel porto della città libanese, dove erano immagazzinate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. Il governo libanese ha chiesto gli arresti domiciliari di tutti i responsabili dello stoccaggio. Oltre 5.000 i feriti, tra cui anche un militare italiano, e decine i dispersi. Il ministro della Salute avverte: aria tossica, chi può lasci la città. Ricercatori: no minacce alla salute. Il presidente francese Macron va in Libano

Almeno 135 morti e più di 5.000 feriti, con ancora decine di dispersi: è questo il bilancio, ancora provvisorio, delle fortissime esplosioni che hanno scosso Beirut nel pomeriggio del 4 agosto (FOTO - VIDEO). A provocare la sequenza di detonazioni è stato un incendio in un deposito nel porto della città libanese, dove erano immagazzinate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio (COS'È), sequestrate diversi anni fa da una nave. Il governo libanese ha chiesto l'arresto di tutti i responsabili dello stoccaggio dal momento del suo arrivo nel porto fino alle esplosioni. Intanto, a Beirut l'attenzione è puntata sulle sostanze che si sono sprigionate nell’aria, tanto che il ministro della Salute ha consigliato a chiunque possa di andare via dal centro abitato. Secondo il parare di alcuni ricercatori dell'American University di Beirut, però, l'aria ora sarebbe tornata normale e non ci sarebbero minacce per la salute. Nel mentre, una prima stima resa pubblica dal governatore della città parla di più di 300mila persone rimaste senza una casa. Proclamato lo stato d'emergenza per due settimane e per oggi, 5 agosto, il lutto nazionale (BEIRUT IL GIORNO DOPO L'ESPLOSIONE).

Il governo: arrestare responsabili dello stoccaggio di nitrato di ammonio

Rivolgendosi al "potere supremo militare", responsabile delle questioni di sicurezza durante lo stato di emergenza, il governo del Libano ha chiesto "gli arresti domiciliari di qualsiasi persona coinvolta nello stoccaggio dell'ammonio" dall'arrivo del carico a Beirut nel 2014 fino all'esplosione. Ad annunciarlo, in conferenza stampa, il ministro dell'informazione Manal Abdel Samad, senza nominare i responsabili o il loro numero, né fornire maggiori dettagli.

Oltre 100 dispersi, si continua a scavare tra le macerie

Intanto i soccorsi continuano a lavorare tra le macerie e per cercare possibili sopravvissuti. Sono centinaia le persone ritenute disperse. La deflagrazione - avvenuta in più fasi, come mostrano diversi video pubblicati online - ha devastato molti degli edifici vicini al magazzino e in particolare uno, di tre piani, è crollato. Si cercano quindi persone intrappolate sotto le macerie. “Le nostre squadre sono ancora impegnate in operazioni di ricerca e salvataggio nelle zone circostanti" al luogo delle esplosioni, ha reso noto la Croce Rossa libanese in un comunicato.

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I timori sull'aria tossica e i danni in città

L’ipotesi di cui ha parlato il ministro della Salute è che i materiali pericolosi che si sono sprigionati nell'aria possano avere effetti a lungo termine mortali. È “inaccettabile”, ha scritto il presidente Aoun in un tweet, che 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio fossero tenute immagazzinate in condizioni non sicure. Un’inchiesta è stata aperta per appurare l’accaduto. Secondo le prime valutazioni, i danni materiali ammontano a oltre 3 miliardi di dollari, con lo scoppio che ha causato gravi disagi in circa la metà del territorio cittadino.

Ricercatori: aria tornata normale, no minacce salute

Sulla possibilità che l'aria sia stata gravemente inquinata, però, è intervenuta - da Twitter - la facoltà di Ingegneria e Architettura dell'American University (Aub) di Beirut secondo cui la polvere prodotta dall'esplosione si è depositata a terra nelle sottovento del porto: a questo riguardo, "dovrebbero essere prese le stesse precauzioni adottate per tutte le polveri stradali, detriti da costruzioni e fuliggine prodotta da generatori diesel", ma "non vi è alcuna preoccupazione per gli inquinanti gassosi".  "Gli indicatori della qualità dell'aria di Beirut sono tornati a livelli normali dopo il forte aumento osservato tra le 18 e le 19 di martedì, a seguito della massiccia esplosione nel porto di Beirut", spiegano ancora gli esperti. "La nube generata dall'esplosione è  stata portata sottovento e sparsa nell'atmosfera sopra il Libano e nei Paesi circostanti al di sotto dei limiti rilevabili e non presenta una minaccia per la salute pubblica", sottolinea quindi la facoltà rimandando ai dati dell'Osservatorio sull'inquinamento atmosferico situato nel campus e che monitora costantemente il livello di inquinamento dell'aria di Beirut.

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Bierut dopo l'esplosione del 4 agosto 2020 - ©Ansa

Da dove arrivava il nitrato di ammonio stoccato nel porto

Ma da dove proveniva il nitrato di ammonio stoccato nel porto? Nel 2013, la "Rhosus", una nave battente bandiera moldava e proveniente dalla Georgia, fece scalo a Beirut, in rotta verso il Mozambico: a bordo aveva 2.750 tonnellate della sostanza. Secondo il sito Web Marine Traffic, la barca arrivò il 20 novembre 2013 a Beirut perché aveva problemi tecnici. E lì è rimasta. Secondo fonti di sicurezza libanesi, mentre la "Rhosus" era in transito a Beirut, una società libanese avrebbe presentato un reclamo contro la società di appartenenza della nave, spingendo la giustizia locale a sequestrare la barca. La maggior parte dell'equipaggio ucraino fu rimpatriato in quanto si trovava in "pericolo imminente" a causa della natura esplosiva del carico a bordo. Il carico invece fu sistemato nell'hangar numero 12, dedicato alle merci sequestrate. 

 

L'esplosione forse innescata durante lavori di manutenzione nel magazzino

Nel giugno 2019, la Sicurezza di Stato, una dei maggiori apparati di sicurezza del Libano, avviò un'indagine sul carico, perché c'erano state una serie di denunce innescate da cattivi odori emanati dall'hangar: nel rapporto, scrisse che il magazzino conteneva "materiali pericolosi che devono essere spostati". Ma indicò anche che le pareti del magazzino avevano fenditure, che rendevano possibile un furto, e raccomandava che il danno fosse riparato. L'ipotesi quindi è che siano stati proprio i lavori di manutenzione del magazzino a provocare l'inferno: la direzione del porto, consapevole della pericolosità dei prodotti, aveva infatti inviato operai a riparare le crepe, e proprio durante i lavori di saldatura potrebbe essersi generata una scintilla che ha innescato l'incendio e poi la duplice esplosione. 

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Solidarietà internazionale

Il presidente francese Emmanuel Macron sarà in Libano il 6 agosto per incontrare "l'insieme dei politici locali". Lo ha reso noto l'Eliseo. Intanto sono moltissime le offerte di aiuto a livello internazionale per il Libano. Il premier Conte ha fatto sapere che l'Italia farà tutto il possibile per dare supporto. Nella deflagrazione un nostro connazionale è rimasto ferito: si tratta di un militare che, da quanto emerso fino ad ora, non sarebbe in gravi condizioni. Solidarietà anche dagli Usa, con Trump che però avanza l'ipotesi che si sia trattato di un attentato. La Francia ha anche fatto sapere a sua volta che invierà aiuti medici, così come supporto è stato espresso dalla Germania, da tutta l'Ue, che ha attivato la sua protezione civile, e da molti altri Paesi.

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