Elezioni Spagna, domenica al voto: Psoe avanti nei sondaggi, resta l’incognita Vox

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Domenica 28 aprile il Paese torna alle urne per eleggere i 350 deputati del Parlamento, dopo la crisi di governo causata dalla bocciatura della Finanziaria. Il partito del premier Sanchez è il primo ma il vero nodo sono le alleanze post-elettorali

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Per la terza volta in meno di quattro anni, la Spagna torna alle urne. Domenica 28 aprile si vota per rinnovare i 350 seggi delle “Cortes Generales”: a contendersi la vittoria ci saranno partiti tradizionali, nazionalisti baschi e catalani e l'estrema destra che potrebbe entrare per la prima volta nel Parlamento nazionale (ECCO I RISULTATI). Al momento in vantaggio, stando ai sondaggi, sarebbero i socialisti del premier Pedro Sanchez, ma quello che risulta complicato è lo scenario delle coalizioni post-voto. Se le proiezioni saranno confermate, nè l'alleanza tra Psoe (Partito socialista operaio spagnolo) e Podemos, nè una coalizione PP (Partito Popolare)-Ciudadanos-Vox (di centrodestra ed estrema destra) supererebbe la soglia dei 176 seggi necessari alla maggioranza assoluta. "Nulla è deciso. La cosa importante non è come inizia una competizione, ma come finisce. E mancano solo pochi metri per raggiungere il traguardo", è l’appello con cui il premier Sanchez ha cercato di mobilitare gli elettori ad andare alle urne e a votare Psoe "per fermare la destra".

Il governo Sanchez e la sua caduta

L’attuale premier Sanchez (CHI È) è arrivato a presiedere la Moncloa – sede del governo spagnolo – in maniera non convenzionale: nel giugno 2018, avendo presentato e ottenuto una mozione di sfiducia contro il popolare Mariano Rajoy, affondato da uno scandalo per corruzione del suo partito, Sanchez si è ritrovato automaticamente alla guida del governo grazie a una regola interna all’istituzione di Madrid. Da allora, il socialista 47enne ha attuato politiche che hanno per lo più raccolto il favore degli elettori. Ma lo scorso 13 febbraio è arrivato lo stop. Il Parlamento (in particolare i partiti indipendentisti e quelli di centrodestra) ha bocciato la Finanziaria 2019 del governo, costringendolo di fatto a tornare alle urne per eleggere nuovi deputati.

Il nodo alleanze a sinistra

Se al momento i sondaggi indicano il Psoe di Sanchez come il primo (31,5%, tra i 134 e i 139 seggi, circa 50 in più rispetto a tre anni fa), a complicare il quadro saranno le alleanze. Il premier spagnolo potrebbe doversi alleare con gli eletti da formazioni nazionaliste per restare alla Moncloa, visto che un'alleanza con la sinistra radicale di Podemos (12,1% nei sondaggi), guidato da Pablo Iglesias, potrebbe non essere sufficiente per ottenere la maggioranza. Potrebbero dunque essere i catalani e i baschi a consentire la nascita di un esecutivo di sinistra. Ma si tratta di uno scenario non senza problemi. I rivali di Sanchez lo hanno infatti tacciato di legami con "i nemici della Spagna" (gli indipendentisti catalani) e di volere "liquidare" il Paese. Del resto, i partiti catalani, togliendo il loro appoggio al governo a febbraio, sono stati in parte responsabili della crisi che ha portato alle elezioni anticipate, mentre il fallito tentativo di indipendenza della Catalogna li ha resi impopolari in gran parte della Spagna. In un'intervista al quotidiano La Vanguardia dal carcere, dove affronta un processo per i fatti dell'ottobre del 2017, il leader del partito indipendentista Erc, Oriol Junqueras, non ha escluso di sostenere un eventuale governo socialista pur di fermare la destra.

I partiti a destra

Crolla invece nei sondaggi il Pp, guidato dal conservatore Pablo Casado, a causa del maxi scandalo di corruzione che lo ha colpito. Nelle intenzioni di voto il partito risulta al secondo posto col 20,1% (con 81-86 seggi), in netto calo rispetto alle elezioni del 2016. La destra liberale di Ciudadanos, guidata da Albert Rivera, è in terza posizione nei sondaggi, accreditata al 13,9% delle preferenze. Il partito, insieme a Podemos, ha perso molti consensi a causa del boom registrato dal controverso partito di estrema destra e nazionalista, Vox, di Santiago Abascal, in sorprendente crescita in un Paese che ha vissuto, nel suo passato recente, l'esperienza della dittatura franchista. In caso di vittoria del Pp, l'alleanza possibile - ma comunque non sufficiente per avere la maggioranza in Parlamento - sarebbe con Ciudadanos, che però ha già annunciato di non voler entrare in coalizione né con Vox, nè con i socialisti.

I temi al centro della campagna elettorale

Ma nulla è ancora detto, dato il peso degli 8 milioni di indecisi, una cifra record, e la difficoltà nel valutare con precisione il reale consenso politico di cui gode quella che sembra destinata a essere la rivelazione alle urne: il partito anti-immigrazione Vox che potrebbe ottenere l'11,4%, vale a dire tra i 30 e i 32 seggi. La crisi catalana e la crescita di questo partito di estrema destra hanno cambiato il dibatto politico nel Paese. Negli ultimi 20 anni, fanno notare gli analisti, la campagna elettorale era incentrata sui temi economici, mentre ora - nonostante le preoccupazioni soprattutto per i dati sulla disoccupazione e per il tema migranti - le questioni centrali sono quelle identitarie.

I quattro candidati premier

Oltre al primo ministro socialista uscente, Pedro Sanchez, ci sono altri tre candidati premier: il leader dei Popolari, Pablo Casado, quello di Podemos, Pablo Iglesias, e il candidato di Ciudadanos Albert Rivera. Sanchez è il più "anziano", a 47 anni di età, ed è in politica dal 2000, quando è stato uno dei delegati al 35esimo Congresso del Psoe che elesse come segretario generale José Luis Rodríguez Zapatero. Il primo incarico di Sanchez è stato quello di consigliere al Comune di Madrid, nel 2004. Casado, invece, 38 anni, è il presidente dell'altro partito "tradizionale" spagnolo, il Partito Popolare, dal 2018. Casado ha aderito al Pp nel 2003, di cui dal 2005 al 2013, è stato dirigente a Madrid di Nuevas Generaciones, l'organizzazione giovanile del partito. Nel 2011 è stato eletto deputato alle Cortes Generales e nel giugno 2015 è stato nominato vicesegretario generale della Comunicazione. Pablo Manuel Iglesias Turrión, 40 anni, è fra i fondatori nel 2014 di Podemos, di cui è segretario. In passato, è stato membro dell'Unione delle Gioventù comuniste di Spagna e parte del movimento no-global. Dal 2015 siede come deputato in Parlamento. Infine, Rivera, a 39 anni è il presidente di Ciudadanos dal 2006, anno in cui è stato anche eletto nel Parlamento della Catalogna. Ne è rimasto membro fino a che non si è dimesso prima delle elezioni parlamentari 2015, nelle quali è stato eletto deputato.

L’estrema destra sui social: Facebook blocca 17 pagine

Tra i canali utilizzati dall’estrema destra per fare campagna elettorale ci sono anche i social network. E proprio in questi giorni, come riferito da El Pais, Facebook ha annunciato di aver bloccato almeno 17 pagine presenti sulla sua piattaforma appartenenti a tre diverse reti di estrema destra spagnole. L’attività delle pagine in questione veniva coordinata da Barcellona e da Lanzarote, nelle isole Canarie. In un comunicato, Facebook ha specificato che la decisione di bloccare le pagine non si è basata "sui contenuti che hanno condiviso", ma piuttosto sulla condotta di chi le gestiva in quanto venivano utilizzati account doppi e falsi, un comportamento che viola le regole del network. La decisione è scaturita comunque da una segnalazione presentata a Facebook dalla Ong spagnola Avaaz. Nel complesso, le pagine interessate contavano circa 1,5 milioni di follower, accumulando circa 7 milioni di interazioni dall'inizio dell'anno. 

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