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Yulia Skripal: "Mio padre è ancora grave, non voglio l'aiuto di Mosca"

Mondo
La sede dell'ambasciata russa a Londra (archivio Getty Images)

Parla la figlia dell'ex spia russa dopo le dimissioni dall'ospedale di Salisbury tramite un comunicato diramato dalla polizia britannica. Rifiuta l'aiuto dell'ambasciata russa

"Contro di noi è stato usato gas nervino. Mio padre è ancora gravemente malato". Così "parla" Yulia Skripal per la prima volta dopo le dimissioni dall'ospedale di Salisbury dove era ricoverata dal giorno dell'attacco con agente nervino contro di lei e suo padre Serghei. La donna, 33 anni, ha affidato i suoi primi pensieri a un comunicato diffuso dalla polizia britannica perché, spiega, non si sente ancora nelle condizioni di rilasciare una vera e propria intervista. 

Il comunicato

La nota parte dagli ultimi aggiornamenti sul suo stato di salute e su quello del padre: “Sono stata dimessa dall'ospedale distrettuale di Salisbury il 9 aprile 2018 - scrive Yulia Skripal - sono stata curata lì con competenza clinica e con tanta gentilezza”. Poi un inciso sulle condizioni del padre: “Ho lasciato mio padre alle loro cure, ed è ancora gravemente malato. Anch'io soffro ancora degli effetti dell'agente nervino usato contro di noi”. La Russia è accusata da Londra e dall'Occidente di essere dietro l'avvelenamento di Yulia e dell'ex spia russa con un agente nervino di fabbricazione sovietica, il Novichok, il 4 marzo scorso in Inghilterra. Accuse che il Cremlino respinge ma che hanno portato a una guerra diplomatica profonda, con decine di diplomatici espulsi sull'uno e sull'altro fronte.

Freddezza verso l'ambasciata russa

Uscita dall'ospedale, Yulia è stata portata in un luogo sicuro dalle autorità britanniche, e Mosca ha accusato Londra di voler isolare la giovane “per nascondere importanti testimonianze e ostacolare un'indagine oggettiva e indipendente”. Dal suo rifugio Yulia stessa ha scritto: "Mi trovo in una vita totalmente diversa da quella ordinaria che ho lasciato poco più di un mese fa, e sto cercando di venire a patti con le mie prospettive, mentre mi sto riprendendo da questo attacco”. La donna ha poi spiegato di aver a disposizione personale specializzato che la sta aiutando a prendersi cura di se stessa e che la tiene costantemente aggiornata sugli sviluppi investigativi riguardanti il suo caso". Dopo aver precisato che nessuno “può parlare a nome mio o di mio padre”, la donna ha poi rifiutato l'offerta di aiuto dell'ambasciata russa in Gran Bretagna: "Mi hanno gentilmente offerto la loro assistenza. Ma al momento non intendo avvalermi dei loro servizi. Se dovessi cambiare idea, so io come contattarli".

Nessuna visita della cugina

Stesso trattamento è quello riservato da Yulia ad amici e familiari. In particolare alla cugina Viktoria che vive in Russia e nei giorni scorsi aveva richiesto un visto consolare rifiutato dalle autorità britanniche. “Ringrazio mia cugina Viktoria - ha scritto Yulia - per la sua preoccupazione per noi, ma chiedo che non mi visiti e che non tenti di contattarmi per il momento”.

I sospetti di Mosca

"Dubitiamo molto che il comunicato sia realmente di Yulia": così l'ambasciata russa a Londra ha commentato le dichiarazioni della donna. Un documento che "pone nuove domande invece di dare risposte" e "rafforza i sospetti che ci si trovi di fronte a un isolamento forzato di un cittadino russo". "Particolarmente sorprendente - continua la comunicazione - è la frase 'nessuno parla per me', quando la dichiarazione non viene letta davanti a una telecamera da Yulia in persona, ma viene pubblicata dal sito di Scotland Yard". L'ambasciata è tornata quindi a chiedere "prove tangibili che Yulia stia bene e non privata della sua libertà".

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