La manager è stata arrestata martedì 13 ottobre a Milano su mandato di cattura dell'autorità giudiziaria del Vaticano nell'ambito dell'inchiesta sul caso del cardinale. È accusata dalla magistratura della Santa Sede di appropriazione indebita aggravata
Non vuole essere estradata Cecilia Marogna, la manager arrestata martedì 13 ottobre a Milano su mandato di cattura dell'autorità giudiziaria del Vaticano nell'ambito dell'inchiesta sul caso dell'ex numero due della Santa Sede, il cardinale Angelo Becciu (LA DIFESA DI BECCIU - LE DIMISSIONI DEL CARDINALE - CHI È). Davanti alla quinta Corte d'Appello milanese, quest’oggi Marogna non ha dato il suo consenso all’estradizione. La decisione finale spetta comunque ai giudici della quinta Corte d'Appello, ma il loro provvedimento è impugnabile in Cassazione e diventerà esecutivo soltanto dopo la pronuncia definitiva dei giudici della Suprema Corte. La 39enne, detenuta nel carcere di San Vittore, è accusata dalla magistratura del Vaticano di appropriazione indebita aggravata.
Il procedimento
Da quanto si è appreso ieri, la Procura Generale milanese ritiene di non aver alcun interesse a trattenere in carcere in Italia la 39enne cagliaritana, esperta in relazioni diplomatiche e in grado, a suo dire, di tutelare la Santa Sede in contesti difficili come in Africa e Medio Oriente. La sua condotta, in astratto, per la legge italiana porterebbe configurare anche il reato di autoriciclaggio.
Nel mirino degli inquirenti vaticani ci sono bonifici per un totale di 500mila euro che la donna avrebbe ricevuto dalla Santa Sede per operazioni segrete umanitarie in Asia e Africa, e che, quasi per la metà, sarebbero stati utilizzati, tra il 2018 e il 2020, per l'acquisto di borsette, cosmetici e altri beni di lusso. Tra l'altro, 12mila euro sarebbero stati spesi da Poltrona Frau, 2.200 da Prada, 1.400 da Tod's, 8mila da Chanel.
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