Dazi Usa, Trump: “Accordo con Vietnam”. A che punto sono le trattative?
Il presidente americano ha annunciato su Truth l'intesa per tariffe commerciali al 20% sulle esportazioni vietnamite in cambio di zero dazi sui beni Usa importati. L'accordo arriva a una settimana dalla fine della sospensione di 90 giorni stabilita dallo stesso tycoon lo scorso aprile. Senza un esito positivo delle trattative, Paesi come Lesotho, Cambogia e Laos potrebbero subire aumenti dei costi fino al 50%. Anche di questo si è parlato nella puntata di “Numeri” di Sky TG24 del 2 luglio
TRUMP: "ACCORDO COMMERCIALE CON VIETNAM"
- Rush finale per le trattative per scongiurare l'aumento dei dazi dal 9 luglio, prima varati e poi sospesi lo scorso aprile da Donald Trump. Sul social Truth il tycoon ha annunciato un accordo commerciale con il Vietnam per tariffe al 20% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti in cambio di dazi zero per i beni americani importati. L'intesa però rischia di rivelarsi un caso isolato. Di questo si è parlato a Numeri, di Sky TG24, nella puntata andata in onda il 2 luglio (in foto la visita di Trump ad Hanoi nel 2018)
QUANTO VALGONO OGGI I DAZI USA?
- Secondo uno studio di istituto Axios e Università di Yale, ad oggi i dazi medi in vigore negli Stati Uniti si attestano intorno al 16%, un livello che non veniva raggiunto da almeno mezzo secolo. Dal 20 gennaio scorso, giorno dell'insediamento di Trump, la nuova politica tariffaria ha generato incassi per 81,5 miliardi di dollari, pagati prevalentemente da importatori Usa alla dogana
CHI HA PAGATO I DAZI ALLA CINA NEL 2018?
- La memoria corre subito al primo mandato di Trump alla Casa Bianca nel 2018 quando scoppiò una guerra commerciale con la Cina. A pagare l'inasprimento dei dazi furono per il 95% gli importatori americani e solo il 5% i produttori cinesi
QUALI PAESI SONO COLPITI DAI DAZI USA?
- Lo scorso 2 aprile, nel giorno da lui ribatezzato "indipendence day", Trump ha annunciato l'aumento dei dazi - a vari livelli - su quasi tutti gli Stati del mondo, ad eccezione di alcune realtà per mancanza di interesse o assenza di relazioni: Russia, Bielorussia, Cuba, Corea del Nord, Somalia e Burkina Faso sono tra i Paesi "esentati" dall'incremento delle tariffe commerciali
LA SITUAZIONE OGGI
- A scadenza quasi ultimata della sospensione di 90 giorni annunciata il 13 aprile scorso dopo il crollo dei mercati finanziari, solo una manciata di Paesi ha finalizzato un accordo con gli Stati Uniti. Tra questi il Regno Unito, già privo di surplus commerciale. La Cina ha strappato una tregua con un mutuo abbassamento delle tariffe in vista di una trattativa. Chiude l'elenco il Vietnam, Paese strategico per Stati Uniti soprattutto per la produzione e la vendita di prodotti di largo consumo dall'abbigliamento alla tecnologia
IL "CASO" SVIZZERA
- Tra i Paesi che in Europa premono per un accordo con Washington spicca la Svizzera il cui disavanzo commerciale si attesta su livelli bassi. Secondo uno studio di Pwc, nel 2023 gli acquisti americani nel Paese elvetico hanno superato 82 miliardi di dollari, poco sopra i 77 miliardi di acquisti svizzeri verso gli Usa
IL 10% NONOSTANTE DAZI ZERO
- Eppure la Svizzera è tra i Paesi che non applicano dazi alle merci importate dagli Stati Uniti a fronte di tariffe Usa - per ora solo annunciate - più salate del 10%
CHI RISCHIA DI PIU' DOPO IL 9 LUGLIO?
- Lo "sprint" per un accordo prima del 9 luglio, salvo ulteriori rinvii, trova in prima fila i Paesi che verrebbero colpiti più duramente dai dazi Usa. Laos, Cambogia e Lesotho rischiano di pagare le esportazioni verso gli Stati Uniti fino al 48-50%
IL "CASO" LESOTHO
- Si tratta di economie povere rappresentate in modo emblematico dal Lesotho, Paese enclave del Sud Africa che si trova al 161esimo posto nella classifica mondiale per Pil nominale ed esporta pochi beni e servizi verso gli Stati Uniti
COSA ESPORTA IL LESOTHO
- Come mostra l'Osservatorio sulla complessità economica (Oec), il Paese sudafricano esporta negli Usa per il 75% abbigliamento (di basso livello economico) e il 25% diamanti. Senza un accordo, l'economia locale potrebbe fronteggiare un crollo dei traffici con effetti negativi su un Pil già precario