Lavoro, referendum sul Jobs Act: cosa prevede la riforma proposta dalla Cgil
La sigla guidata da Maurizio Landini punta a smontare la riforma voluta dal governo Renzi. Lo slogan dell’iniziativa è “per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro ci metto la firma” e tra le richieste ci sono l’abolizione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e il ripristino dell’obbligo di causale per i contratti a termine
- La Cgil ha proposto un referendum che punta a smantellare il Jobs Act, la riforma del Lavoro ideata dal governo Renzi e varata tra il 2014 e il 2016 per aumentare l'occupazione provando a liberalizzare il mercato del lavoro. Lo slogan dell’iniziativa è “Per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro ci metto la firma”
- Il segretario Cgil Maurizio Landini ha spiegato che “oggi c'è troppa precarietà, salari troppo bassi. Il mondo del lavoro ha bisogno di migliorare la propria condizione” e il referendum “è una battaglia per unire la difesa dei valori della Costituzione con il lavoro”
- Il Jobs Act ha introdotto il concetto di un contratto unico con tutele crescenti che prevede una protezione in caso di licenziamento illegittimo proporzionale agli anni di anzianità in azienda. Per ottenere questo risultato, l’esecutivo modificò lo statuto dei lavoratori, imponendo un periodo di 3 anni in cui ai contratti a tempo indeterminato non si applicavano le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che permette il licenziamento soltanto per giusta causa
- Nei casi di licenziamento nullo, discriminatorio o intimato in forma orale, con il Jobs Act il dipendente ha diritto: alla reintegrazione nel posto di lavoro o, qualora non intenda riprendere servizio, spetta un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR
- È previsto anche il risarcimento del danno subìto attraverso l’erogazione di un’indennità. Questa va commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione (con un importo minimo pari a 5 mensilità)
- Altro diritto del dipendente licenziato è il versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione
- Il Jobs Act aveva poi portato le proroghe dei contratti a termine a un massimo di 5 nell’arco di trentasei mesi. Il Decreto Dignità del 2018 aveva poi abbassato a quattro nell’arco di ventiquattro mesi, a prescindere dal numero dei contratti. In caso di superamento il Decreto stabilisce che il contratto a termine si trasforma a tempo indeterminato a partire dalla data di decorrenza della quinta proroga e non dall’inizio del rapporto
- La Cgil chiede l’abolizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti senza giusta caus e l’abrogazione delle norme che limitano gli indennizzi nelle piccole imprese in caso di licenziamenti senza giusta causa
- Si chiede inoltre il ripristino dell’obbligo di causale per i contratti a termine e l’abrogazione delle norme che impediscono l’estensione della responsabilità all’impresa appaltante in caso di infortunio sul lavoro
- Per fare in modo che il referendum prenda davvero il via, la Cgil deve raccogliere 500mila firme entro l’estate e poi ottenere l’approvazone della Consulta sui quesiti. Si può firmare nei gazebo predisposti dal sindacato oppure online sul sito della Cgil