Lavoro, aumentano imprese che offrono benefit e welfare aziendale per attirare dipendenti
La Cgia ha rilevato come al Nord le Pmi cerchino di "rubarsi" il personale migliore aumentando il benessere aziendale, mentre al Sud sono numerosi i casi di lavoratori pagati meno rispetto alla mole e alla qualità di lavoro prestate. Dopo la pandemia il mercato ha subìto delle trasformazioni: le aziende faticano a trovare i profili adeguati e intanto si assiste alla fuga dal posto fisso
- Al Nord le imprese si "rubano" a vicenda i dipendenti più bravi e, per frenare il fenomeno, le Pmi stanno aumentando il benessere aziendale. A rilevarlo è la Cgia, che ha evidenziato come in Lombardia la qualità del lavoro e, conseguentemente, il benessere aziendale sia giunto al top
- Seguono la Provincia di Bolzano e il Veneto; e poi la Provincia di Trento, il Piemonte e la Valle d'Aosta. Male al Mezzogiorno ad eccezione della Sardegna. In fondo alla classifica la Sicilia, la Calabria e la Basilicata
- L’analisi di Cgia ha evidenziato come le incidenze regionali più alte di dipendenti che hanno dichiarato nel 2020 di aver ricevuto una paga bassa rispetto alla mole e alla qualità del lavoro prestate si siano registrate per il 16,1% in Sicilia, il 17,6% in Puglia e il 19% in Calabria. La soglia più contenuta, invece, è stata registrata nella Provincia di Trento (6,1%)
- Per quanto concerne gli occupati sovraistruiti - ovvero coloro che nel 2023 ritenevano di avere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati - la soglia sfiora il 30% al Centro, con punte del 32,7% in Umbria, il 33,2% in Basilicata e il 33,5% in Molise contro il 16,3% nella Provincia di Bolzano
- Sul numero di precari, cioè la percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni, le situazioni più critiche nel 2023 sono state in Calabria (25,5%), Basilicata (25,7%) e Sicilia (27,9%) contro il 10,7% in Lombardia. In merito agli infortuni mortali e a quelli che hanno provocato nel 2022 un'inabilità permanente ogni 10mila occupati, primeggiano l'Abruzzo (14,7%), la Basilicata (16%) e l’Umbria (16,7%). La più virtuosa è la Lombardia (7,4%)
- Dopo la pandemia il mercato del lavoro ha subìto delle trasformazioni. In molte aree del Paese le imprese faticano a trovare profili con competenze adeguate: così si fidelizzano i collaboratori con retribuzioni più elevate, trasformando i contratti a termine a tempo indeterminato, dando la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili e con il ricorso a strumentazioni professionali più innovative, favorendo gli avanzamenti di carriera e con l'implementazione di benefit e di welfare aziendale
- Nonostante ciò, la fuga dal posto di lavoro fisso prosegue. Per l'Inps le dimissioni volontarie dei dipendenti privati a tempo indeterminato con meno di 60 anni sono in salita: nel 2022 sono state 1.047.000 e, rispetto al 2019 (anno pre-Covid), sono cresciute di 236mila unità (+29%)
- La soddisfazione per il proprio lavoro, vale a dire l'appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l'opportunità di carriera, la distanza casa/lavoro, etc., tocca la punta più alta del 61,7% in Valle d'Aosta. Seguono la provincia di Trento (61,1%) e la Provincia di Bolzano (60,5%). Il livello più basso in Campania (41,2%). In Italia praticamente un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge (48,3% del totale)
- La paura di perdere il posto di lavoro è diffusa specie nel Mezzogiorno. Le situazioni più critiche in Calabria (5,9%), Sicilia (6,4%) e in Basilicata (8,8%). I più "sereni", invece, i lavoratori della Provincia di Bolzano (2,4%)
- Nel part time involontario presente ogni 100 occupati, vale a dire coloro che nel 2023 hanno dichiarato di essere stati assunti con un contratto a tempo parziale, perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno, le situazioni più critiche sono in Molise (13,8%), in Sardegna (14,7) e in Sicilia (14,8%) contro il 3,8% nella Provincia di Bolzano