Nomadi digitali, ora si può ottenere il visto per lo smart working in Italia: ecco come
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Dopo circa due anni di attesa, è arrivato il via libera di quattro ministeri. L’ingresso e il soggiorno di questo tipo di lavoratori è consentito a chi ha un reddito non inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, ovvero poco meno di 28mila euro annui, e rispetta determinati requisiti
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- I lavoratori definiti “altamente specializzati” potranno richiedere il permesso speciale di soggiorno se vogliono lavorare in smart working in Italia. Questa possibilità è riservata a quei professionisti noti ormai da tempo come “nomadi digitali”, che cambiano continuamente luogo di lavoro
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- L’Italia ha dato l’ok al visto dedicato a questa categoria dopo circa due anni di attesa, con il via libera di quattro ministeri. Il decreto attuativo firmato da Interno, Farnesina, Turismo e Lavoro definisce come nomade digitale il cittadino di Stati extra Ue che svolge un’attività lavorativa altamente qualificata con l’utilizzo di strumenti tecnologici in grado di consentirgli di poter lavorare da remoto, sia come lavoratore autonomo sia come collaboratore o dipendente di un’impresa anche non residente in Italia
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- Il visto può essere rifiutato se già rilasciato. Può anche essere revocato nel caso in cui il datore di lavoro o il committente residente nel territorio dello Stato sia stato condannato negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata dopo l’applicazione di una pena, anche pecuniaria ridotta a un terzo e, se detentiva, non superiore a un massimo di 5 anni di detenzione
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- L’ingresso e il soggiorno dei nomadi digitali è consentito ai lavoratori che hanno un reddito minimo annuo non inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria: poco meno di 28mila euro annui. Inoltre, il nomade digitale dovrà comunque avere un’assicurazione sanitaria valida per il territorio nazionale e per tutto il periodo del soggiorno, in modo tale da avere accesso a cure mediche e ricovero ospedaliero
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- Il lavoratore dovrà poi dimostrare dove si trova il proprio alloggio tramite apposita documentazione e dovrà aver maturato un’esperienza lavorativa di almeno sei mesi da svolgere come nomade digitale o lavoratore da remoto. Può chiedere il visto all’ufficio diplomatico-consolare competente, presentando una dichiarazione sottoscritta dal datore di lavoro, accompagnata dalla copia del documento di riconoscimento
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- In questa certificazione il lavoratore dovrà attestare anche l’assenza di condanne a suo carico, negli ultimi 5 anni, per reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, o ancora per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
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- Il permesso di soggiorno deve essere richiesto entro otto giorni dall’ingresso in Italia alla questura della provincia in cui il lavoratore si trova. Viene rilasciato, si legge nel decreto, solo con “mezzi a tecnologia avanzata”. E sul permesso sarà riportata la scritta “nomade digitale – lavoratore da remoto”. Sarà valido per un periodo non superiore a un anno e potrà essere rinnovato annualmente se resistono le condizioni e i requisiti che ne hanno consentito il rilascio
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- Al nomade digitale è consentito il ricongiungimento dei familiari e a questi ultimi potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari con una durata pari a quello rilasciato al lavoratore. Sarà poi la questura a comunicare il rilascio del permesso di soggiorno, trasmettendo copia del contratto di lavoro o collaborazione, anche in via telematica, all’Ispettorato territoriale del lavoro
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- Nei confronti di questi lavoratori si applicheranno – se sottoscritte tra Italia e Paese di provenienza – le convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale. In assenza di queste ultime si applicheranno invece le coperture previdenziali e assicurative previste dalla legislazione italiana, per tutta la durata del permesso di soggiorno
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- Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, i nomadi digitali potranno richiedere l’attribuzione di un numero di Partita Iva all’Agenzia delle Entrate, che avrà già ricevuto dalla questura la comunicazione del rilascio del visto. Il codice fiscale sarà generato e comunicato dalla questura al momento del rilascio del permesso di soggiorno
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- Il lavoratore sarà sempre soggetto alle regole oggi in vigore per l’accertamento degli obblighi fiscali, con la possibilità del Fisco italiano di attivare lo scambio di informazioni con altri Paesi sull’affidabilità fiscale del nomade digitale. Nel caso poi vengano accertate violazioni delle disposizioni di carattere fiscale dell’ordinamento tributario, l’Agenzia comunicherà direttamente in via telematica la posizione del lavoratore alla questura che ha rilasciato il permesso di soggiorno