
Smart working all'estero o in Italia per aziende straniere, come e dove si pagano le tasse
Per chiarire le regole sull’imponibilità fiscale del lavoro da remoto, l’Agenzia delle Entrate ha riassunto i criteri da seguire se si è assunti da un’impresa non italiana svolgendo le mansioni dal nostro Paese o, al contrario, se il datore è nei confini nazionali ma il dipendente o collaboratore ha residenza in un altro Paese

Sono sempre di più le persone che lavorano da remoto e scelgono di spostarsi dal Paese di residenza dell’azienda per la quale lavorano. Ma in tema di tasse, cosa succede se si vive e si svolge la propria attività professionale in Italia ma retribuiti da una compagnia estera oppure al contrario, se il datore di lavoro è nel nostro Paese ma il dipendente ha residenza fuori dai confini nazionali?
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Per rispondere a questi quesiti, l’Agenzia delle Entrate ha riassunto i criteri per stabilire l’imponibilità fiscale del lavoro da remoto. Il Fisco ha diffuso la circolare 25/2023 del 18 agosto nella quale ha esposto alcuni esempi sui profili fiscali dello smart working degli italiani e dei frontalieri
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Per esempio, non è soggetta a tassazione in Italia la retribuzione percepita da un lavoratore residente all’estero che svolge in smart working l’attività per un datore di lavoro italiano
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Paga invece le tasse nel nostro Paese il cittadino italiano, iscritto all’anagrafe dei residenti all’estero, che lavora per un’azienda straniera ma in modalità agile dall’Italia, dove ha dimora abituale
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Riguardo alla dimora abituale, in base all’articolo 2, comma 2, del Dpr 917/1986, si considerano residenti in Italia le persone fisiche che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, o hanno in Italia il domicilio, o hanno la residenza
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Con riferimento alla residenza, eventuali periodi di assenza anche lunghi non escludono il radicamento in Italia, mentre per individuare il domicilio effettivo pesa la presenza di rapporti personali ed economici. Chi si cancella dall’anagrafe italiano e si trasferisce in un Paese a fiscalità agevolata deve prestare attenzione, in quanto sussiste una presunzione di residenza italiana salvo prova contraria dell’interessato

La circolare delle Entrate specifica poi che “le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale”, e quindi continuano a rilevare le tre condizioni generali alternative tra loro (anagrafe, domicilio, residenza)

In merito ai trasferimenti fittizi di residenza all’estero, viene affermato che “la circostanza di prestare l'attività lavorativa parzialmente o integralmente da remoto per un soggetto estero non sono di per sé elementi sufficienti a escludere la residenza fiscale in Italia qualora, da una valutazione complessiva dei rapporti economici, patrimoniali e affettivi, risultino integrati i più volte citati criteri di individuazione della residenza fiscale nel nostro Paese”
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