
Auto diesel e benzina, rinviato voto su stop vendita dal 2035. Meloni: "Successo italiano"
Il Consiglio dell’Unione ha deciso di posticipare l’annunciata scelta di bloccare le immatricolazioni delle vetture diesel e a benzina, prevista per il 2035: gli Stati europei non hanno infatti raggiunto un accordo, con Italia, Polonia e Ungheria contrarie e la Germania che nicchia. La premier italiana esulta per il rimando: "La decisione del Coreper va nella direzione di neutralità tecnologica da noi indicata". La posizione degli altri Stati

Rinvio a data da destinarsi. È questa la decisione presa dagli ambasciatori degli Stati presso l'Unione europea, che hanno deciso di rinviare il voto e l'adozione del regolamento sulle emissioni di Co2 per auto e furgoni nuovi ad una nuova seduta del Consiglio. Come ha annunciato la presidenza svedese, “non è stata confermata alcuna data”. Esulta la premier Giorgia Meloni: "Vittoria italiana"
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LA POSIZIONE DELL’ITALIA E IL RUOLO DELLA GERMANIA – Ma cosa prevede il testo? In sostanza lo stop dell'immatricolazione a partire dal 2035. Il testo, concordato con il Parlamento europeo era già stato approvato in linea di principio con il solo voto contrario della Polonia e l'astensione della Bulgaria. Ai contrari si è ultimamente allineata l'Italia, che aveva finora dato il suo assenso. Resta la Germania in bilico: il partito liberale ha frenato sulla decisione aprendo un problema nella maggioranza (di cui fanno parte Spd e verdi)
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COSA PREVEDE L’ACCORDO – L’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento Ue prevede un obiettivo di riduzione, rispetto a quanto stabilito nel 2021, delle emissioni di CO2 del 55% per le autovetture nuove e del 50% per i furgoni, che andrà raggiunto tassativamente entro il 2030. C’è poi l’idea di ridurre le emissioni di CO2 del 100% sia per le autovetture nuove che per i furgoni nuovi entro il 2035: in questo modo verrebbe segnato difatti il definitivo e irreversibile passaggio alla mobilità elettrica
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CLAUSOLA 2026 - Nell’attuale accordo c’è anche una clausola di revisione in base alla quale, nel 2026, la Commissione valuterà in modo approfondito i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100% e si riserverà la possibilità di rivedere tali obiettivi, tenendo conto degli sviluppi tecnologici, specie per le tecnologie ibride plug-in, e dell’importanza di una transizione sostenibile e socialmente equa verso l’azzeramento delle emissioni
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EUROPA DIVISA – Le posizioni erano note alla presidenza Ue e riportate già da un documento del 24 febbraio, a cui si è aggiunto il no di Roma nella riunione del 28 febbraio. Il documento, frutto di un accordo tra Consiglio ed Europarlamento e approvato dai parlamentari europei lo scorso 14 febbraio, necessita di un ulteriore definizione. A questo proposito la posizione della Germania potrebbe risultare decisiva: per un blocco è necessaria l’opposizione di 4 Paesi
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LA POSIZIONE DI BERLINO – Al momento resta insondabile la posizione di Berlino: i liberali spingono per inserire una serie di condizioni a tutela dei carburanti puliti, mentre Verdi e socialdemocratici sarebbero per un via libera allo stop del 2035, ribadita negli incontri di ottobre e novembre
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LA SVOLTA DI ROMA – A cambiare posizione sarebbe stata soprattutto Roma, che con il cambio di governo ha rivisto la sua posizione. "ll rinvio del voto alla riunione degli ambasciatori Ue è un successo italiano. La posizione del nostro governo è che una transizione sostenibile deve essere pianificata per evitare ripercussioni negative sotto l'aspetto produttivo e occupazionale. Gli Stati devono poter scegliere la via migliore per ridurre le emissioni e non escludere vie diverse dall'elettrico", ha dichiarato sui social Giorgia Meloni
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L’OPINIONE DI URSO – A questo proposito il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha programmato diversi incontri bilaterali, incluso quello con la Svezia, che guida il Consiglio. Come ha dichiarato il ministro alla stampa, “l’Italia vota contro come segnale per quanto riguarda tutta l'attività che la Commissione, le istituzioni europee faranno, faremo insieme a loro, nei prossimi mesi che riguarderà gli altri dossier che sono ancora aperti, come il packaging e l'ecotessile. Dossier nei quali noi chiediamo ragionevolezza”

IL PENSIERO DELLA FRANCIA – E Parigi? Il ministro francese dell’Industria Roland Lescure ha confermato che la Francia sta lavorando affinché venga rispettato lo stop al 2035: “Stiamo lavorando sui dettagli per assicurarci che questo impegno comune sia in vigore quando dovrà esserlo: l'industria si sta organizzando per trovare il giusto percorso, ma questo deve essere in linea con l’obiettivo”, ha dichiarato

OLTREOCEANO – Nell’affrontare questo discorso molti Stati europei valutano anche quanto succede Oltreoceano. La Germania, ad esempio, nelle ultime ore ha spostato la discussione sul tema degli aiuti di Stato, contestando “le critiche aggressive” di alcuni governi europei al supporto economico che dovrebbe apportare l’Ue in risposta a quanto fatto da Joe Biden con l’IRA, “l’Inflation Reduction Act”, che ha significato ingenti aiuti di Stato alle aziende americane

LA QUESTIONE – Berlino contesta la lettera firmata dai Paesi del Nord Europa, che avevano scritto ai vertici Ue sostenendo come “una risposta a breve termine” alla corsa ai sussidi possa distorcere la parità di condizioni nel mercato europeo e indebolire “i fondamentali della nostra economia”. “Mentre economie mondiali stimolano gli investimenti con elevati sussidi pubblici, noi litighiamo sulla concorrenza equa nel mercato comune. Serve una soluzione”, ha detto il sottosegretario di Stato tedesco Sven Giegold
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