
Pensioni, l’uscita anticipata nel 2023 si complica: chi ci perde e quanto si rimette
La Legge di Bilancio, che adesso sarà al vaglio del Parlamento, evidenzia come in materia di trattamenti pensionistici verranno fortemente svantaggiati coloro che cercano di uscire prima dal mondo del lavoro: ecco quali sono le principali novità

La legge di Bilancio 2023 mostrerà in modo chiaro che chi intende andare in pensione prima dovrà considerare l’idea di rimetterci. Da Quota 103 all’Opzione donna fino all’Ape Sociale e alle rivalutazioni, questi sono i cambiamenti in materia che ci si aspetta saranno nel testo definitivo
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QUOTA 103 – Nel 2023, in attesa di una revisione completa del sistema pensionistico, al posto di Quota 102 ci sarà Quota 103: sarà possibile lasciare il lavoro a 62 anni con 41 di contributi. Tuttavia scatterà un tetto all’importo dell’assegno, che non potrà andare oltre le 5 volte il minimo Inps, spingendo così coloro che superano una certa soglia di stipendio a rinunciare all’uscita anticipata
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OPZIONE DONNA - Opzione donna sarà prorogata per il prossimo anno, così come l’Ape sociale. Nel primo caso sono in corso di definizione i limiti all’uscita anticipata, che si vorrebbe condizionata alla presenza di uno o più figli (59 se si ha un figlio e a 58 se almeno due). Probabile riguardi soltanto tre categorie di lavoratrici (caregiver, invalide almeno al 75% e licenziate o dipendenti di aziende in crisi), escludendo tutte le altre
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LE POSSIBILI MODIFICHE – Visti i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalle opposizioni, possibili le modifiche. “Come ha detto la presidente Meloni, la manovra va in Parlamento e il Parlamento è sovrano”, ha dichiarato la ministra del Lavoro, Marina Calderone. In audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sulla Manovra, il capo del dipartimento economia di Bankitalia, Stefano Balassone, ha osservato che “rendere possibile un’uscita anticipata con Opzione Donna frena la partecipazione delle donne al mercato del lavoro”
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APE SOCIALE – È stata invece rinnovata così com’era l’Ape sociale anche per il 2023. In questo modo alcune categorie di lavoratori potranno accedere alla pensione dai 63 anni, con anzianità contributiva a 36 anni. Gli anni di contributi scendono a 30 nel caso dei disoccupati da lungo tempo, invalidi civili e caregiver. Secondo l’Osservatorio Previdenza di Cgil e Fondazione Di Vittorio nel corso del 2023 solo 25 mila lavoratori utilizzeranno i canali di uscita anticipata Quota 103, Opzione Donna e Ape sociale, circa il 40% delle uscite stimate dal governo
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LE RIVALUTAZIONI - L’addio alla rivalutazione a tre “scaglioni” delle pensioni per il sistema a 6 premia le più basse, mantiene la rivalutazione piena per quelli fino a quattro volte il minimo, ma taglia gli adeguamenti per gli assegni oltre i 2100 euro, penalizzando coloro che superano i 2626 euro lordi. Un esempio sono coloro che hanno un assegno lordo di circa 3150, che perdono circa 46 euro rispetto alla precedente rivalutazione. Con l'adeguamento del 75% infatti avrebbero avuto 172 euro in più al mese, con quello al 55% invece se ne ritroveranno 126
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LE PENSIONI MINIME - Altro capitolo spinoso è quello delle pensioni minime: cresceranno, ma meno di quel che vuole Forza Italia. Non si arriverà, probabilmente, alla soglia dei 600 euro: non ci sono abbastanza risorse e l’intervento dovrebbe essere rinviato. Già a inizio 2023, con il primo tavolo convocato per il 19 gennaio, si inizierà a discutere della riforma pensionistica

LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA – La necessità di un cambiamento è evidente: in un suo report l’Istat ha evidenziato come nel 2021 le prestazioni pensionistiche erogate a 16 milioni di persone sono state 22,7 milioni, pari a 313 miliardi (il 17,6% del Pil). Dal dossier dell’Istituto nazionale di statistica emerge che il 72,6% delle uscite è assorbito da trattamenti di vecchiaia e di anzianità e che nel 2020 in quasi una famiglia su due c'era un pensionato. In aumento i percettori di pensione che ancora lavorano: lo scorso anno erano 444 mila, +13,3% rispetto al 2020
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