Decreto trasparenza, dalla retribuzione al periodo di prova: cosa cambia per le assunzioni
Il 13 agosto entra in vigore il decreto legislativo 104/2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 luglio. In piena estate, vengono modificate le regole per i datori di lavoro che assumeranno, comprese le famiglie alla ricerca di personale domestico. Tutte le novità
Il 13 agosto entra in vigore il decreto legislativo 27 giugno 2002, n. 104 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 29 luglio, il cosiddetto “Decreto trasparenza”. Famiglie e imprese si troveranno quindi a dover attuare nuove regole in fase di contratti d’assunzione
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I datori di lavoro che assumeranno, comprese le famiglie alla ricerca di personale domestico, dovranno fornire una comunicazione molto più dettagliata che prevede, tra le altre cose: informazioni di base su sede di lavoro, retribuzione e periodo di prova, l’eventuale variabilità degli orari lavorativi o dei cambiamenti di turno, le modalità di recesso e quelle di fruizione delle ferie
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Il timore è che le lettere di assunzione diventino documenti complessi e difficili da compilare. Attualmente le specifiche richieste sono sintetizzate attraverso il rinvio ai contratti collettivi di lavoro, dal 13 agosto questa procedura verrà invece meno. Per questo motivo, varie associazioni imprenditoriali stanno chiedendo un rinvio della normativa
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Per i datori che non rispettano gli obblighi sono previste sanzioni da 250 a 1.500 euro per ogni dipendente, e si applicano anche ai lavoratori già assunti che chiederanno di ricevere le stesse informazioni, nel caso di mancata risposta entro 60 giorni dalla richiesta
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Il Decreto trasparenza recepisce una direttiva europea riguardante l’obiettivo di fare chiarezza sulle condizioni di lavoro e assicurare maggiori tutele ai dipendenti. Nella platea coinvolta dal provvedimento ci sono tutti i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato, o a tempo parziale, compresi quelli del settore agricolo e della Pubblica amministrazione, poi i titolari di contratto di lavoro somministrato, intermittente, di collaborazione o di prestazione occasionale, infine i marittimi e i lavoratori domestici
Tra le novità, nell’articolo 10, si introduce una procedura definita di “transizione”. Il lavoratore con almeno sei mesi di anzianità lavorativa presso lo stesso datore di lavoro o committente diventa titolare di una sorta di “diritto di candidatura”. Ovvero “può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili”. La candidatura tuttavia può essere rifiutata, ma deve essere scritta e motivata. In seguito, il lavoratore può presentare una nuova richiesta dopo che siano passati almeno sei mesi dalla precedente
Riguardo al periodo di prova, nell’articolo 7 si stabilisce che, quando le parti prevedono nel contratto un periodo di prova, il patto relativo alla prova medesima non può avere una durata superiore a 6 mesi. I contratti collettivi possono stabilire una durata diversa dai 6 mesi, ma solo se prevedono una durata inferiore del periodo. Non è prevista, invece, la facoltà di estendere la durata della prova oltre i sei mesi
Se durante il periodo di prova intervengono eventi quali malattia, infortunio, congedi obbligatori di maternità o paternità, il periodo di prova si allunga per una durata pari a quella dell’assenza. Inoltre la nuova normativa vale solo per i rapporti privati
All’articolo 8 del Decreto trasparenza si stabilisce, invece, che un datore di lavoro non possa imporre al dipendente la clausola di esclusiva. Ovvero il divieto di svolgere un’attività aggiuntiva rispetto a quelle oggetto del suo contratto. Il dipendente potrà, quindi, fuori dall’orario di lavoro avere maggiore libertà
Vengono comunque previste delle eccezioni alla clausola di esclusiva. In alcuni casi il datore può chiedere l’esclusiva, come quando l’eventuale lavoro aggiuntivo possa recare un pregiudizio alla salute del lavoratore (per esempio per un orario troppo lungo), quando metta a repentaglio l’integrità di un servizio pubblico oppure, anche senza violare il dovere di fedeltà, l’altro impiego possa generare un conflitto di interessi con il primo datore