
Reddito di cittadinanza, la riforma allo studio del governo Draghi: come potrebbe cambiare
Una commissione di esperti è al lavoro per modificare la misura. Meccanismi più efficaci per trovare lavoro, più sostegno alle famiglie povere, parametri di valore basati anche sul comune di residenza e controlli su chi ne beneficia: ecco le ipotesi sul tavolo

Il reddito di cittadinanza ha diminuito il livello di povertà in Italia, ma pochi beneficiari sono riusciti a trovare un lavoro: è la sintesi dei risultati dell’analisi sulla misura condotta dall’Ocse. Cavallo di battaglia del MoVimento Cinque Stelle ma osteggiato dalla Lega, il beneficio continua a dividere la politica, con le forze di maggioranza che hanno istituito un’apposita commissione di esperti per modificarlo. Ecco le proposte a cui si sta lavorando
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Le novità operative sul reddito - che è appena stato rifinanziato con 200 milioni di euro per il 2021 dal Dl Fisco - dovrebbero essere inserite nella Legge di Bilancio 2022. Questa l’intenzione del premier Mario Draghi, che in passato ha detto di condividere la filosofia alla base del reddito di cittadinanza, sottolineandone però “alcuni limiti, soprattutto per quanto riguarda le politiche attive del lavoro”
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POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO – Una delle principali ragioni tra chi sostiene che la misura vada cancellata, o almeno modificata, è la scarsa efficacia che il reddito di cittadinanza ha avuto sul fronte della ricerca del lavoro e dell’inserimento professionale dei beneficiari
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Il ministro del Lavoro Andrea Orlando sta lavorando a un progetto per le politiche attive, che non andrebbe però a toccare il reddito di cittadinanza. Si punta ad esempio a rafforzare i centri per l’impiego, completando le molte assunzioni programmate ma non ancora avvenute
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LAVORO DI CITTADINANZA – Dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti arriva invece l’ipotesi di trasformare il reddito in lavoro di cittadinanza. L’idea è quella di rivolgere gli sforzi e gli aiuti statali verso la ricerca di manodopera che molte aziende dicono di non riuscire a trovare
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Il tema è anche quello della concorrenza che si viene a creare tra il reddito di cittadinanza e i lavori a basso salario. In pratica, in molti preferirebbero percepire l’aiuto statale invece che lavorare per pochi euro

Secondo dati Anpal, aggiornati al 30 giugno, su oltre tre milioni di persone interessate sono 1.150.152 quelle che devono sottoscrivere il patto sul lavoro, passaggio richiesto dalla normativa sul reddito di cittadinanza per la redazione delle competenze professionali, con l’obbligo di accettare almeno una su tre offerte di lavoro proposte

In base alle ultime cifre fornite dall’Anpal, nel novembre 2020 erano 92mila le persone che avevano trovato un lavoro con il meccanismo previsto dal reddito di cittadinanza. Ora sarebbero 392mila le persone prese in carico, ma non è chiaro quanti siano quelli che hanno trovato un lavoro, perché questi dati non vengono più diffusi

FAMIGLIE NUMEROSE – La misura si basa su un sistema di equivalenza di valori su cui viene parametrato l’assegno ricevuto dai beneficiari. Le famiglie più numerose sarebbero le più penalizzate, in quanto viene assegnato il valore “uno” al primo componente di una famiglia, “0,4” ai figli maggiorenni e “0,2” ai minorenni. Così, facendo l’esempio di una madre single con tre figli piccoli avrebbe un coefficiente di 1,6; mentre due adulti con un figlio maggiorenne arriverebbero a valori più alti. Si lavora a un sistema parametrale che valorizzi di più i figli minorenni

TERRITORIO E RESIDENZA – Un’altra critica al reddito è che non tiene conto di tutti i criteri con cui l’Istat stabilisce quando si può effettivamente essere considerati in stato di povertà. Tra questi, il parametro della residenza e del comune in cui si abita

In pratica, a parità di componenti della famiglia e di reddito ricevuto, si è più poveri se si vive a Milano piuttosto che in un comune in provincia di Crotone. È possibile che si lavori su un legame con il territorio per quanto riguarda la parte del beneficio erogata per l'affitto

PAUSA NELL’EROGAZIONE – La normativa prevede che, dopo 18 mesi di percezione del reddito, ci sia una pausa di tre mesi nell’erogazione. Il governo starebbe cercando di quantificare i costi della possibile eliminazione dello stop di tre mesi per le famiglie con figli minorenni

CONTROLLI – Anche quello dei controlli è un tema dibattuto. Allo studio degli esperti un metodo per far sì che il flusso di denaro investito nel reddito di cittadinanza raggiunga i cittadini davvero in difficoltà. Per fare un esempio, su 1,37 milioni di famiglie che hanno ricevuto il sussidio a luglio – per un totale di 754 milioni di spesa – la maggior parte di queste (44%) risulta essere “monofamiliare”, quindi composta da single, contro il 7,7% dei nuclei beneficiari con almeno cinque componenti