
Brexit, nel 2021 il Regno Unito saluta l'Europa. Dall'economia alla finanza: cosa cambia
Il primo gennaio sarà la fine di un'era. Il Paese, la cui capitale Londra è stata considerata per decenni come il centro finanziario dell'Unione europea grazie alla libera circolazione dei capitali, sarà investita da numerosi cambiamenti economici e non solo

Il primo gennaio sarà la fine di un'era per il Regno Unito e in particolare per la capitale Londra. La City è stata considerata per decenni il centro finanziario dell'Unione europea grazie alla libera circolazione dei capitali
Lo speciale Brexit
Dal 2021, infatti, la Brexit sarà ufficiale e cambieranno molte cose. I centri finanziari britannici vedranno così condizionato l'accesso ai principali clienti e saranno costretti a ripensare la propria posizione nel mercato globale
Brexit, dall'Erasmus ai trasporti: cosa succede ora e cosa cambia per gli italiani
Tuttavia, l'ottimismo nel futuro non manca, grazie al fatto che le peggiori previsioni sulla Brexit finora non si sono avverate. Inoltre, la prospettiva di passare da una condizione 'onshore' a una di centro 'offshore', attirando nuovi capitali, potrebbe aprire nuove opportunità di business
Brexit, trovato accordo fra Ue e Regno Unito
In ogni caso, tra gli operatori della finanza c’è anche una certa frustrazione nei confronti del governo che, durante le trattative con l'Ue, ha dato priorità a settori come la pesca, che rappresenta lo 0,1% dell'economia britannica, rispetto ai servizi finanziari, che hanno un peso pari a circa il 10%

Ad ammetterlo è stato lo stesso primo ministro, Boris Johnson, che nella sua prima intervista dopo la chiusura dell'intesa con l'Ue alla vigilia di Natale, ha dichiarato che "per alcuni aspetti, come i servizi finanziari, l'accordo non ci piace"

Tra le novità per le società finanziarie britanniche c’è quella della perdita del passaporto europeo: finora queste società avevano un passaporto che gli consentiva di concedere un prestito a una azienda di Parigi o negoziare l'acquisto di obbligazioni per un cliente a Madrid senza problemi

A partire da gennaio, però, opereranno in Europa attraverso un complesso regime di equivalenza, lo stesso a cui si attengono le aziende di paesi come Stati Uniti e Giappone

Bruxelles potrà ritirare questi permessi quasi senza preavviso. I permessi comprendono anche aree chiave come le banche commerciali e parte del settore assicurativo. Queste nuove barriere vengono innalzate tra la City e un mercato che rappresenta un quarto delle sue entrate annuali - tra 44.000 e 60.000 milioni di euro - secondo la società di consulenza Oliver Wyman

Il resto dei clienti internazionali al di fuori dell'Ue rappresenta un altro 25% del business e la restante metà è completata dal mercato nazionale britannico

C’è tuttavia un discreto ottimismo verso questi nuovi cambiamenti: Londra è abituata a vedersi come una delle capitali economiche mondiali e, nonostante le incertezze che incombono sul Canale della Manica, c’è un certo orgoglio tra i lavoratori del settore in vista della Brexit

"Non abbiamo paura", dice Michael Hewson, esperto di mercati dei cambi presso Cmc Markets, che sottolinea come la City sia stata "un centro finanziario da molto prima che l'Unione europea fosse anche solo un'idea"

"Londra sarà un centro finanziario più piccolo a causa della Brexit? Sì, senza dubbio. Non credo che possa mantenere lo stesso volume di affari di cinque anni fa", ma manterrà la sua importanza economica "per molti decenni", afferma Hewson, uno dei 522mila dipendenti presso le società finanziarie della città

Questa fiducia nel futuro è confermata da Emma Reynolds, direttore degli affari pubblici di TheCityUK: "Il Regno Unito continuerà a essere un centro finanziario leader nel mondo anche in futuro perché manterrà quegli standard elevati che la caratterizzano a livello internazionale"

Gli esperti sottolineano che ci sono vantaggi competitivi per Londra che non scompariranno con la Brexit

Tra questi, il fuso orario, favorevole per le chiusure dei mercati asiatici e l'apertura di Wall Street; l'uso della lingua inglese; le infrastrutture finanziarie consolidate e un numero di lavoratori con una vasta esperienza senza rivali nel continente

C’è fiducia inoltre nella capacità del Regno Unito di sviluppare una legislazione più favorevole ai servizi finanziari dopo la separazione con l'Ue. Il ministro dell'Economia Rishi Sunak ha rassicurato che la Brexit "ci permetterà di fare le cose in modo un po’ diverso", impegnandosi a rendere la città "il luogo più attraente" per le nuove imprese

L’ottimismo britannico deriva anche dal fatto che alcune delle previsioni più negative in vista della Brexit non si sono verificate

Tra queste l'esodo di 232mila lavoratori dalla City previsto nel 2017 dall'allora Ceo della Borsa di Londra, Xavier Rolet

Secondo gli ultimi dati EY, da allora solo 7.500 posti di lavoro nel settore sono stati trasferiti nell'Ue

"Forse ci saranno più partenze l'anno prossimo, dipenderà dal rapporto che si instaura tra il Regno Unito e l'Unione europea, ma non credo che vedremo un flusso enorme, almeno non nei prossimi anni come alcuni avevano previsto", dice Thomas Pugh, analista di mercato presso Capital Economics ed ex economista del Tesoro britannico

Fawad Razaqzada, della società di consulenza Think Markets, avverte, tuttavia, che le aziende potrebbero aver atteso i termini finali della relazione post-Brexit prima di decidere di intraprendere una ristrutturazione "costosa". Sebbene finora non si siano verificati drastici cali di posti di lavoro, la perdita delle attività bancarie verso l'Ue è stimata in 1.300 miliardi di euro, secondo EY, circa il 14% del totale detenuto dalla City

La società di consulenza avverte inoltre che si tratta di una stima prudente, poiché tiene conto solo dei movimenti dichiarati. L'esempio della banca svizzera Ubs lo dimostra bene: tra il 2015 e il 2020, la forza lavoro della banca nel Regno Unito è passata da 5.373 a 5.704. Nello stesso periodo, la sua forza lavoro nell'Ue è passata da 4.957 a 7.048 dipendenti

Efe Nicolas Veron, co-fondatore del think tank Bruegel, ha affermato che "fino al 31 dicembre, la City di Londra sarà un centro finanziario 'onshore' sia per il Regno Unito che per l'Ue", ma dal primo gennaio "diventerà un centro 'offshore'" per i suoi 27 Paesi vicini

Questo cambiamento sarà "molto dannoso" a medio e lungo termine, secondo Veron. "I servizi finanziari rappresentano tra il 10% e il 15% del Pil britannico, ma a quanto pare sono stati tenuti in scarsa considerazione" durante i negoziati con Bruxelles, lamenta Hewson

"È sorprendente quanto poco il governo britannico si sia preoccupato del settore finanziario durante i negoziati sulla Brexit", conferma Veron. Secondo altri analisti tuttavia, nonostante la differenza di grandezza tra i due settori, i "problemi politici" intorno alla pesca erano certamente maggiori