
Turismo e Covid, crollo del settore invernale : -70% di fatturato
Si tratta di 8,5 miliardi di perdite su tutto il territorio nazionale. Dalla Valle d'Aosta al Friuli, ecco le zone più colpite dalla crisi causata dalla pandemia

Meno 70% di fatturato, ovvero una perdita secca di quasi 8,5 miliardi di euro: è quanto rischia di perdere il mondo che ruota intorno al turismo invernale. A causa della pandemia da Covid le cancellazioni sono tante, sia da turisti italiani che stranieri e un intero settore è in crisi
Confcommercio: crollano i consumi a causa Covid
In Valle d’Aosta attualmente l'unica stazione sciistica operativa, aperta solo a sciatori professionisti a seguito delle restrizioni, è quella di Cervinia e negli ultimi mesi si registrano solo numeri in negativo per quanto riguarda l’arrivo di turisti italiani e stranieri
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In Piemonte la Vialattea che comprende Sestriere, Sauze d'Oulx, Oulx, Sansicario, Cesana, Pragelato e Claviere è il comprensorio più grande della regione. Sulle montagne piemontesi preoccupa già la quasi certa perdita della clientela straniera che è il 45% del fatturato della stagione invernale
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Da metà gennaio a fine febbraio i turisti sono prevalentemente esteri, dal Brasile alla Cina, dagli Stati Uniti alla Scandinavia, e sono il 70-80% della clientela. Ma con la pandemia tutto questo flusso non ci sarà
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A livello italiano a recitare la parte del leone sono i vacanzieri di Lombardia e Liguria. I lavoratori stagionali impegnati nel comprensorio piemontese sono oltre 4.000
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In Veneto oltre il 90% del turismo invernale è concentrato in provincia di Belluno. Località regina è sicuramente Cortina d'Ampezzo, la Perla delle Dolomiti, il centro sciistico che nel 2026 tornerà città olimpica
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Prima del lockdown (gennaio e febbraio) sulle Dolomiti venete è stato registrato un incremento pari al 17% nelle presenze (825.721) rispetto all'anno precedente. A marzo il crollo e la netta perdita da 295.725 presenze del 2019 a 70.993 del 2020
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Il turismo in Friuli Venezia Giulia è in forte incertezza perchè le prenotazioni con la seconda ondata sono state quasi azzerate. Le stazioni sciistiche friulane sono Tarvisio/Monte Lussari, Ravascletto/Zoncolan, in notevole crescita delle presenze nella stagione scorsa
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In Friuli si punta all'implementazione tecnologica per evitare assembramenti con una gestione corretta degli afflussi agli impianti. I comprensori montani friulani rischiano di perdere importanti numeri del turismo estero che in inverno sfiorano il 50% delle presenze
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Dopo il lockdown nell'estate 2020 alcune località sull'arco alpino friulano hanno recuperato fino al 92% rispetto al fatturato dello scorso anno. C'è la singolarità di Sauris: anche in virtù dell'albergo diffuso, un tipico sistema alloggiativo friulano, il fatturato tra luglio e settembre ha fatto segnare +20%

"Aprire per Natale? La vedo molto dura - spiega Valeria Ghezzi, presidente dell'Associazione Nazionale Esercenti Funiviari (Anef) - anche perché dobbiamo mettere in sicurezza le persone che sciano e garantire tranquillità nei soccorsi: impossibile con gli ospedali al collasso"

"In caso di apertura prima di Natale bisogna auspicare almeno la mobilità tra regioni ma verrebbero a mancare gli stranieri - aggiunge Ghezzi -. Aperture regionali? Forse Veneto, Piemonte e Lombardia potrebbero aprire e limitare le forti perdite con i loro residenti ma non saprei come potrebbero fare Friuli Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige e Valle d'Aosta che sono territori prettamente turistici”

In Trentino, in Val di Fassa, rischia di saltare il ponte di Sant'Ambrogio che da sempre viene considerato "un buon viatico per la stagione". Qui, nel luglio scorso, la perdita è stata del 33% rispetto a dodici mesi prima

In Alto Adige nella stagione terminata ad aprile il numero dei pernottamenti è stato pari a 9,7 milioni per un calo del 22% rispetto a quella precedente (da novembre a febbraio presenze erano +9,9%)