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Giovanni Falcone, dal maxiprocesso a Cosa Nostra alla morte a Capaci: la sua storia

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23 mag 2022 - 06:30 15 foto
Ansa/Ipa

Nato a Palermo il 18 maggio del 1939, Falcone cresce alla Magione, lo stesso quartiere del futuro collega Paolo Borsellino. Dai primi passi nella giustizia come pretore di Lentini al maxi-processo contro la mafia, fino alla morte nella strage di Capaci il 23 maggio 1992: fotostoria di uno dei più grandi magistrati della storia italiana

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Il 23 maggio 1992, alle 17:58, un’esplosione squarcia l’autostrada A29 che collega l’aeroporto di Punta Raisi con la città di Palermo. Il tritolo nascosto in un tunnel a pochi metri di distanza dallo svincolo di Capaci uccide il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. A ucciderli è la mafia di Cosa Nostra, il male che Falcone aveva combattuto tutta la vita

GUARDA IL VIDEO: Strage di Capaci, parla la vedova del caposcorta di Falcone
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Giovanni Falcone nasce a Palermo il 18 maggio 1939. Cresce alla Magione, stesso quartiere di un altro magistrato ucciso dalla criminalità organizzata, Paolo Borsellino. Falcone studia nella sua città: le elementari al Convitto Nazionale, le medie alla Giovanni Verga, il liceo classico Umberto I. Poi, nel 1957, si sposta a Livorno per frequentare l’Accademia Navale

Strage di Capaci, l'attentato che uccise Giovanni Falcone. FOTO
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Dopo pochi mesi Falcone torna a Palermo e decide di iscriversi all’università: sceglie Giurisprudenza. Nel 1961, con una tesi in Diritto Amministrativo, è già laureato. Tre anni dopo entra in magistratura e sposa la prima moglie, Rita Bonnici. Nel 1965 è pretore di Lentini, sempre nella sua Sicilia, nei pressi di Siracusa (in foto, Falcone il giorno della sua laurea)

Le frasi più celebri di Giovanni Falcone
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Dal 1966 al 1978 è al tribunale di Trapani, all’inizio come giudice istruttore e sostituto procuratore e poi nella sezione civile. Lascerà la città – e la moglie – per tornare a Palermo,  dove lavora nella sezione fallimentare del tribunale e dove conosce Francesca Morvillo, che sposerà nel 1986 (in foto, Falcone e Morvillo insieme nel 1990)

Falcone e la tecnologia per combattere la mafia
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Nel 1979 Falcone passa dal diritto fallimentare a quello penale, chiamato – insieme a Borsellino - all’Ufficio istruzione del tribunale di Palermo da Rocco Chinnici, un altro magistrato che morirà per aver combattuto la mafia (in foto, l'auto distrutta di Chinnici dopo l'attentato che lo uccise nel 1983)

Emessa moneta in onore di Falcone e Borsellino. LE FOTO
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Una scia di denaro sporcato dal traffico di stupefacenti collegava Palermo agli Stati Uniti. Falcone, reduce dalla sua esperienza come giudice fallimentare, sa che bisogna seguire gli spostamenti di denaro per arrivare ai suoi proprietari. Nasce il metodo d'indagine cosidetto ‘Follow the money’: ‘Seguire i soldi’, appunto. Il giudice inizia a fare avanti e indietro tra l’Italia e gli Stati Uniti per sgominare il narco-traffico internazionale, ottenendo la collaborazione di servizi Usa come la Dea – agenzia federale antidroga – e l’Fbi

Capaci, 23 maggio 1992. Attacco allo Stato
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Decolla l’inchiesta ‘Pizza connection’, che porta a processo diverse famiglie mafiose attive tra Sicilia e Stati Uniti: gli Spatola, i Gambino, gli Inzerillo. Intanto, nel 1983, Rocco Chinnici viene ucciso dalla mafia a Palermo. Sotto il suo successore, Antonino Caponnetto, Falcone – sempre con Borsellino, tra gli altri – entra nel pool antimafia che dovrà coordinare e seguire tutte le indagini sulle mafie (in foto, Falcone e Caponnetto)

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Centinaia di nomi sono sulla scrivania dei magistrati. Si arriva al primo maxiprocesso per mafia nella storia italiana. Quando il pool deposita gli atti gli imputati a vario titolo – tra cui omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione - sono 475. A molti di questi si arriva grazie alle rilevazioni che Tommaso Buscetta, il ‘Boss dei due mondi’, fa a Falcone. I condannati furono 366

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Intanto Caponnetto raggiunge i limiti di età per rimanere alla guida del pool e va sostituito. Falcone è in lizza insieme ad Antonino Meli per il posto. La scelta ricadrà sul secondo. Scoppiano le polemiche e il pool entra in crisi

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Nel 1989 Falcone sopravvive a un fallito attentato che avrebbe dovuto ucciderlo mentre si trovava nella villa affittata per l’estate in località Addaura, nei dintorni di Palermo. Il giudice parlò di “menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia”, ipotizzando l’esistenza di “punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi” (in foto, la villa dell'attentato)

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Intanto circolano lettere anonime che accusano Falcone e altri giudici di aver influenzato il pentito Totuccio Contorno, uno dei collaboratori di giustizia nel maxiprocesso di qualche anno prima, per spingerlo a uccidere il clan di Corleone. Il Csm nomina nella stessa estate Falcone procuratore aggiunto presso il tribunale di Palermo

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I due anni alla procura palermitana sono segnati da continui attacchi alla credibilità di Falcone: è la ‘stagione dei veleni’. Voce molto critica è quella del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che accusa il giudice di nascondere “le prove nei cassetti” (in foto, Falcone con la sua scorta a Palermo)

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Falcone, secondo le accuse, avrebbe insabbiato le indagini sul coinvolgimento di alcuni politici – come il parlamentare della Dc Salvo Lima – in delitti di altre figure politiche, come Piersanti Mattarella e Michele Reina. Anche Lima, come Matteralla e Reina, morirà ucciso da Cosa Nostra. Nel frattempo, con Ilda Boccassini e la sua inchiesta ribattezzata Duomo Connection, è sulle tracce delle infiltrazioni mafiose a Milano e in Lombardia (in foto, Falcone con Sergio Mattarella, attuale presidente della Repubblica e fratello di Piersanti Mattarella)

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Nel 1991 Falcone viene chiamato dal ministro di Giustizia Claudio Martelli per dirigere la direzione affari penali del ministero. Grazie anche al suo lavoro, il governo approverà l’istituzione della Dia (Direzione investigativa antimafia), della Dna (Direzione nazionale antimafia) e della Procura nazionale antimafia. Ma gli attacchi contro di lui non si fermano: è accusato di essere troppo vicino alla politica

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Si arriva al 1992, con Falcone sempre più isolato da varie correnti politiche e giudiziarie. “Mi hanno delegittimato, stavolta i boss mi ammazzano”, avrebbe detto Falcone pochi giorni prima di quel 23 maggio, come riportava il giorno dopo l'attentato il Corriere della Sera. Solo una volta morto, Falcone sarà riconosciuto da tutti come eroe nazionale e simbolo della lotta alla mafia (in foto, il murales dell'artista Andrea Buglisi dedicato a Falcone accanto all'aula bunker del carcere Ucciardone, Palermo)

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