
Dalla strage di Capaci alla scarcerazione: la storia di Giovanni Brusca
Membro di spicco di Cosa Nostra e capo del mandamento di San Giuseppe Jato, il 31 maggio 2021 è uscito dal carcere dopo 25 anni. Da collaboratore di giustizia ha ammesso la sua responsabilità in oltre 100 omicidi, fra cui l’attentato in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone e l’omicidio del 12enne Giuseppe di Matteo, ucciso e sciolto nell’acido nel 1996

Lo chiamavano “u verru” (il porco) oppure lo “scannacristiani”. Giovanni Brusca, scarcerato il 31 maggio 2021 dopo 25 anni di detenzione, è stato uno dei membri di spicco di Cosa Nostra, capo del mandamento di San Giuseppe Jato ed esponente del clan dei Corleonesi. Arrestato nel 1996, è diventato poi un collaboratore di giustizia e ha ammesso la sua responsabilità in più di 100 omicidi, fra cui la strage di Capaci e l’omicidio del 12enne Giuseppe Di Matteo
Mafia, Giovanni Brusca esce dal carcere dopo 25 anni per fine pena
Nato a San Giuseppe Jato il 20 febbraio 1957, Giovanni Brusca è figlio del boss Bernardo Brusca. Entra nella cosca del padre a 19 anni e inizia far parte di un gruppo che uccide su ordine di Totò Riina: accanto a lui Antonino Madonia, Giuseppe Giacomo Gambino, Pino Greco detto Scarpuzzedda, Mario Prestifilippo, Filippo Marchese, Giuseppe Lucchese, Giovanbattista Pullarà, Vincenzo Puccio e Calogero Ganci
La storia di Giovanni Brusca. VIDEO
È con Madonia che nel 1983 prepara l’autobomba (nella foto) - una Fiat 126 verde, imbottita con 75 kg di esplosivo - usata il 19 luglio di quell’anno a Palermo per uccidere il giudice Rocco Chinnici, ideatore di quello che sarà poi conosciuto come il pool antimafia, e gli agenti di scorta
Giovanni Brusca, polemiche sulla scarcerazione. Maria Falcone: "Questa è la legge"
L’anno successivo scatta per Brusca (a sinistra, nella foto con il fratello) un mandato di cattura per associazione mafiosa, scaturito dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno. Dal 1991 diventa latitante, ma continua a guidare la Famiglia di San Giuseppe Jato dopo l’arresto del padre
Giovanni Brusca libero, Santino Di Matteo: " Se lo incontro non so che succede"
Nel 1992 inizia la guerra allo Stato, e Brusca diventa uno dei killer più spietati della mafia. Uccide il capo della Famiglia di Alcamo, Vincenzo Milazzo, che si oppone a Riina, e pochi giorni dopo fa strangolare la sua compagna incinta di tre mesi

Nello stesso anno coordina i preparativi della strage di Capaci in cui muoiono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. È Brusca che materialmente spinge il tasto del radiocomando a distanza che fa esplodere il tritolo piazzato in un canale di scolo sotto l'autostrada

Il 15 gennaio 1993 Totò Riina viene arrestato, e Brusca continua la strategia degli attentati insieme ai boss Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro e ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Le esplosioni a Firenze, Milano (nella foto l'attentato in via Palestro) e Roma nell'estate 1993 provocano in tutto dieci morti e 106 feriti

Brusca, nel 1993, è anche responsabile del rapimento e dell’uccisione del 12enne Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo. Per indurre il padre a ritrattare, il ragazzo viene portato via, il 23 novembre, da uomini travestiti da agenti della Dia. Viene tenuto in ostaggio, tra vari covi, fino all'11 gennaio 1996 quando viene strangolato e sciolto nell'acido nel casolare-bunker in contrada Giambascio a San Giuseppe Jato

Il 1996 è l’anno dell’arresto. Scampato a gennaio a un primo tentativo di cattura in una villa a Borgo Molara, dove si nasconde insieme alla compagna Rosaria Cristiano e al figlio Davide di 5 anni, Brusca viene arrestato il 20 maggio in via Papillon numero 34, contrada Cannatello / Fiumenaro (frazione di Agrigento). All’operazione partecipano più di 400 uomini e 40 mezzi speciali della polizia: 80 uomini irrompono dalla porta della villa, altri 80 da una finestra

Tre giorni dopo, nel quarto anniversario della strage di Capaci, secondo il suo racconto, inizia a collaborare con gli investigatori. Nei lunghi interrogatori davanti ai magistrati di Palermo, Caltanissetta e Firenze, Brusca ammette la sua partecipazione alla strage di Capaci, a numerosi delitti ''eccellenti'' e all'uccisione di Giuseppe Di Matteo. Rievoca le riunioni in cui fu decisa la strategia criminale di Cosa Nostra, accusa altri boss, parla degli ''aggiustamenti'' dei processi

Le informazioni di Brusca portano a decine di condanne nei confronti di mafiosi, anche in procedimenti penali in cui è imputato lui stesso, e gli fanno ottenere sconti di pena: nel 1997 evita l’ergastolo per la strage di Capaci, nel 1999 per l’omicidio di Giuseppe Di Matteo

Nel 2000 Brusca, fino a quel momento considerato un “dichiarante”, ottiene lo status di collaboratore di giustizia, che gli consente di lasciare il regime del 41-bis. Nel 2004 il Tribunale di sorveglianza di Roma gli concede periodicamente dei permessi premio per buona condotta, consentendogli di poter uscire dal carcere ogni 45 giorni e far visita alla famiglia in una località protetta

Il 31 maggio 2021, a 64 anni, Giovanni Brusca esce dal carcere grazie ai benefici previsti per i collaboratori "affidabili". All’arresto nel 1996 si sommavano 26 anni di condanna, ma la pena si è accorciata per buona condotta