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Caso nave Gregoretti, cosa è successo e perché Salvini rischia il processo

Cronaca

A luglio 2019, un centinaio di migranti sono rimasti per 6 giorni sulla nave della Guardia costiera per il divieto allo sbarco dell’allora ministro, ora indagato per sequestro di persona. Il 12 febbraio è arrivato l'ok all'autorizzazione a procedere dall'Aula del Senato

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L'Aula del Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, presentata del Tribunale dei ministri di Catania, per il caso Gregoretti (LA FOTOSTORIA). Respinto l'ordine del giorno presentato da Forza Italia e da Fratelli d'Italia per ribaltare il primo via libera deciso a gennaio dalla Giunta per le immunità. "Lo sapevo. Sono assolutamente tranquillo e orgoglioso di quello che ho fatto. E lo rifarò appena tornato al governo", il commento dell'ex ministro. La vicenda nasce dalla decisione del leader leghista, all'epoca dei fatti ministro dell'Interno, di bloccare, nel luglio del 2019, la nave Gregoretti della Guardia costiera nel porto di Augusta, non autorizzando lo sbarco di oltre 130 migranti per diversi giorni, tra la fine di luglio e inizio agosto. Per questo il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto alla Giunta per le elezioni e l'immunità del Senato l'autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega per il reato di sequestro di persona. Salvini si è difeso invocando la collegialità delle misure prese insieme al resto del governo di allora e sottolinenando il coinvolgimento di Palazzo Chigi e il ruolo dei ministeri dei Trasporti, della Difesa e degli Affari Esteri. Ora si attende il verdetto della magistratura, che dovrà decidere se rinviare a giudizio o meno l'ex ministro. Ecco tutte le tappe del caso.

27-31 luglio: Salvini blocca la nave

Il 25 luglio 2019, al largo di Lampedusa, la nave Gregoretti fa salire a bordo 50 migranti che erano stati soccorsi dal peschereccio 'Accursio Giarratano' ed altri 91 salvati da un pattugliatore della Guardia di Finanza. Entrambi gli interventi avvengono in acque Sar (Ricerca e soccorso) maltesi. L’imbarcazione della Guardia costiera si dirige quindi verso Lampedusa dove sbarcano 6 persone bisognose di cure. Per le altre 135 arriva però il no del titolare del Viminale. ”Ho dato disposizione che non venga assegnato nessun porto prima che ci sia sulla carta una redistribuzione in tutta Europa”, dice. La barca ormeggia al molo Nato di Augusta in attesa dell’autorizzazione allo sbarco. La sera del 29 luglio vengono fatti scendere 15 minori. Il giorno successivo viene disposta dal procuratore di Siracusa Fabio Scavone un’ispezione sul pattugliatore per accertare le condizioni igienico-sanitarie dei migranti. La procura apre un'inchiesta, ma al momento nessuno viene iscritto nel registro degli indagati. Dopo sei giorni costretti a bordo della nave della Guardia Costiera, i 116 migranti toccano terra il 31 luglio: vengono trasferiti nell'hotspot di Pozzallo per le procedure di identificazione e successivamente vengono smistati nei cinque Paesi dell'Unione europea che hanno dato la disponibilità ad accoglierli: Francia, Germania, Portogallo, Lussemburgo e Irlanda. Cinquanta, invece, restano in Italia, ma non a carico dello Stato: se ne fa carico la Cei.

La procura di Catania chiede l’archiviazione

La procura distrettuale di Catania apre un’inchiesta su Salvini per sequestro di persona. Il 21 settembre il pm avanza richiesta motivata di archiviazione. La Procura di Catania nella richiesta di archiviazione scrive che "l'attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà", visto che le "limitazioni sono proseguite nell'hotspot di Pozzallo" e che "manca un obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato". Inoltre, osserva il pm, "le direttive politiche erano cambiate" e dal 28 novembre il Viminale aveva espresso la volontà di assegnare il Pos e di "farlo in tempi brevi", giustificando "i tempi amministrativi" per attuare lo sbarco dei migranti "con la volontà del ministro Salvini di ottenere una ridistribuzione in sede europea". Inoltre sulla nave "sono stati garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità" e "lo sbarco immediato di malati e minorenni".

Il Tribunale dei ministri la nega e chiede autorizzazione a procedere

A inizio dicembre, però, il tribunale dei ministri di Catania chiede al Senato - l’ex ministro è infatti un senatore - l’autorizzazione a procedere: Salvini è indagato. Secondo l’accusa, il leader leghista "abusando dei poteri" da ministro dell'Interno avrebbe "privato della libertà personale i 131 migranti bloccati a bordo della nave Gregoretti della Guardia Costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio" successivo, quando è arrivato il via libera allo sbarco nel porto di Augusta (Siracusa). Il tribunale contesta a Salvini anche di avere "determinato consapevolmente l'illegittima privazione della libertà personale" dei migranti "costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche" sulla nave Gregoretti. “Rischio fino a 15 anni di carcere, ritengo che sia una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del suo Paese”, commenta l’ex ministro dando notizia della notifica della richiesta. Il 19 dicembre la Giunta fissa un termine di 30 giorni perentorio entro cui deve arrivare il verdetto.

Il M5S annuncia che voterà a favore

Se per il caso Diciotti il M5s, votando contro, aveva evitato il processo all’allora ministro, stavolta Luigi Di Maio fa sapere che il Movimento dirà sì all’autorizzazione a procedere. Secondo Di Maio ”il caso Diciotti fu un atto di governo perché l'Ue non rispondeva e servì ad avere una reazione, che poi arrivò. Quello della Gregoretti, dopo un anno, fu invece un atto di propaganda, perché il meccanismo di redistribuzione era già rodato e i migranti venivano redistribuiti in altri Paesi Ue”. “Idealmente in quel tribunale ci saranno con me milioni di italiani”, replica Salvini, che attacca: "In questi mesi sto conoscendo la doppia faccia di Conte e Di Maio”.

La memoria difensiva: “Coinvolto tutto il governo”

Il 3 gennaio 2020 i legali del leader della Lega depositano una memoria alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari in cui viene tirato in ballo tutto il governo: ”Matteo Salvini - scrivono - ha agito nell'interesse dell'Italia, col pieno coinvolgimento di Palazzo Chigi e dei ministeri competenti, in modo perfettamente sovrapponibile a quanto accaduto per la nave Diciotti. Una vicenda, quest'ultima, che aveva convinto il Senato (20 marzo 2019) a negare l'autorizzazione a procedere nei confronti del titolare dell'Interno". In un'intervista del 13 gennaio al Corriere della sera, Conte chiarisce: "Tutta la fase decisionale è stata gestita dall'allora ministro dell'Interno, che l'ha anche rivendicata". Durissima la replica di Salvini: "A me la gente che perde l'onore e sacrifica la sua dignità per salvare la poltrona, fa un'immensa tristezza”.

17 gennaio, scontro in Giunta 

Il 17 gennaio la Giunta per le immunità del Senato decide che tre giorni dopo, cioè il 20 gennaio, verrà votata l'autorizzazione o meno a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Il secondo passaggio in Aula è previsto per metà febbraio. Protestano le opposizioni, che avevano chiesto il rinvio del voto a dopo le elezioni Regionali del 26 gennaio. Polemiche anche per il voto decisivo della presidente del Senato Casellati che si esprime a favore, con le opposizioni. “Sono curioso di vedere chi andrà in Giunta per le immunità al Senato a dire che sono un criminale. Lo vedremo se difendere l'onore di un Ministro che come suo dovere ha difeso l'onore e la sicurezza del suo Paese è un crimine”, dichiara il leader leghista.

20 gennaio, Giunta Senato: ok processo a Salvini

Il 20 gennaio arriva il via libera al processo al leader della Lega, con la Giunta che respinge la proposta del presidente Gasparri di negare la richiesta di autorizzazione a procedere. Contro la proposta votano i cinque senatori della Lega, mentre a favore si esprimono i quattro di FI e Alberto Balboni di FdI (in caso di pareggio, il regolamento del Senato fa prevalere i "no"). Lo stesso Salvini, prima della votazione, aveva chiesto ai senatori, anche quelli del suo partito, di votare sì al suo processo (LA LEGA CHIAMA ALLO SCIOPERO DELLA FAME). La maggioranza ha scelto invece di non partecipare al voto: "Siamo contrari all'utilizzo strumentale che il centrodestra sta cercando di fare delle istituzioni", si legge in un comunicato congiunto. 

12 febbraio, sì del Senato al processo

Il 12 febbraio anche l'Aula del Senato vota a favore della richiesta di autorizzazione a procedere, bocciando l'ordine del giorno presentato da Forza Italia e Fratelli d'Italia. Il documento chiedeva di dire "no" al processo all'ex ministro dell'Interno e quindi di ribaltare il voto della Giunta delle immunità. La Lega non partecipa al voto uscendo dall'Aula. La magistratura deve ora decidere se rinviare a giudizio il leader leghista.