Morbo della lingua blu, centinaia di focolai e migliaia di ovini morti: la situazione
CronacaIntroduzione
Febbre molto alta, secrezioni nasali, ulcere in bocca ed emorragie sulla lingua, che si ingrossa e diventa cianotica. Sono i classici sintomi della febbre catarrale degli ovini, detta anche "lingua blu", una malattia virale che viene trasmessa da alcuni moscerini e colpisce ruminanti domestici e selvatici come pecore, capre, bovini e cervidi. Anche quest'anno il morbo ha messo in ginocchio diversi allevamenti dalle Marche al Lazio, dall'Umbria all'Abruzzo, senza dimenticare le regioni del Nord e la Sardegna, con centinaia di focolai e migliaia di capi morti. Ecco la situazione nel nostro Paese.
Quello che devi sapere
Cos'è e come si trasmette
La Bluetongue, in italiano "lingua blu", è una malattia infettiva non contagiosa dei ruminanti, sostenuta da un virus del genere Orbivirus: allo stato attuale, se ne conoscono 27 sottospecie (detti "sierotipi"), con diversi tassi di aggressività e di mortalità. Il morbo si trasmette attraverso le punture dei moscerini del genere Culicoides: nel bacino del Mediterraneo, la specie epidemiologicamente più importante è C. imicola, che prolifera nei luoghi umidi, come su suoli paludosi e nelle cavità umide nei fusti degli alberi. I loro predatori naturali sono i pipistrelli.

Colpisce soprattutto gli ovini
Come spiega l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, praticamente tutte le specie di ruminanti, domestiche e selvatiche, sono recettive alla Bluetongue, anche se non tutte si ammalano. Tra i ruminanti domestici, il morbo si manifesta in modo più grave negli ovini (pecore) causando anche la morte. Nei bovini e nelle capre l'infezione decorre, salvo eccezioni, senza sintomi evidenti. Tra i ruminanti selvatici, la malattia è stata osservata in alcuni bovidi e cervidi nordamericani e asiatici. Non c'è comunque trasmissione diretta da animale ad animale. La malattia, inoltre, non è trasmissibile all'uomo: la carne e i prodotti a base di latte possono essere consumati senza riserve.
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Le origini e la diffusione
Dopo sporadiche incursioni nella penisola iberica, a fine anni Novanta la malattia della lingua blu è stata riscontrata nelle isole greche di Rodi e Lesbo e poi nei Paesi balcanici. Il primo caso registrato in Italia risale all'agosto del 2000, in un allevamento di Pula, nel Cagliaritano. In quei mesi, in Sardegna e nel Meridione si era scatenata una vera e propria epidemia, causando la morte di circa 300mila capi, compresi gli abbattimenti per cercare di contenere il virus. Il morbo si è quindi diffuso nelle aree settentrionali dello Stivale e dell'Europa, con ingenti danni per gli agricoltori. Ora è presente in tutti i continenti.
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I sintomi più comuni
I sintomi, come accennato, sono febbre molto alta, ulcere in bocca, emorragie sulla lingua che generalmente si ingrossa diventando cianotica e tumefatta. Oltre alle secrezioni nasali e alle difficoltà respiratorie, si registra un aumento del volume della testa e del collo. Come scrive l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, tra gli altri "campanelli d'allarme" ci sono anche gli arrossamenti cutanei, con dermatiti nelle aree esposte al sole e perdita di vello, nonché infiammazioni della pelle e del cuscinetto delle zampe.
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La diffusione nel 2025
Secondo un'elaborazione dei dati ufficiali condotta da Confagricoltura nell'agosto 2025, i focolai attivi da inizio anno hanno superato quota 760, di cui oltre 600 concentrati a giugno e luglio (rispettivamente 273 e 362). Numeri significativi se confrontati con quelli dello stesso periodo del 2024, quando i focolai erano stati meno di 100. Ad oggi, spiega ancora Confagricoltura, sono circa 160mila gli animali coinvolti, per la stragrande maggioranza ovini, con oltre 6mila capi ammalati e circa 3.600 decessi. Le regioni più colpite nel 2025 sono quelle del Centro Italia - in particolare Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria - mentre lo scorso anno la maggior parte dei casi si era concentrata in Sardegna e nel Nord Italia.
La situazione in Abruzzo
In Abruzzo, la sezione locale di Coldiretti ha invocato misure urgenti a sostegno del settore ovicaprino, che vede diversi allevamenti colpiti dal morbo. "Occorrono interventi mirati e tempestivi per contenere la piaga che sta colpendo i nostri allevamenti. Chiediamo azioni immediate di sostegno, ristori e indennizzi economici che tengano conto sia delle perdite subite che del mancato guadagno, senza dimenticare le spese sostenute per fronteggiare l’emergenza, come l’igienizzazione dei luoghi e le campagne vaccinali", ha detto Pietropaolo Martinelli, presidente di Coldiretti Abruzzo. Come riporta Il Centro, dai primi isolati casi a Carsoli, nell'Aquilano, risalenti a giugno 2025, i focolai sono diventati 140 nel giro di un mese, sparsi a macchia d'olio in tutta la regione, specie nel Teramano, nel Chietino e nel Pescarese. Ora quelli attivi sono circa 200, secondo il Bollettino epidemiologico nazionale veterinario.
La situazione in Umbria
In Umbria i numeri sono simili a quelli dell'Abruzzo. Come emerso dalla seduta dell'Assemblea legislativa regionale dell'11 settembre, i focolai attivi nella regione sono 140, con oltre mille capi morti. Dal 30 settembre 2025 gli allevatori potranno presentare le richieste per gli indennizzi: 250 euro a capo per i bovini e 70 per gli ovini. "Ci rendiamo conto di essere di fronte ad un indennizzo basso, ma sul quale non possiamo fare altrimenti", ha spiegato l'assessore regionale Simona Meloni. "Il problema Bluetongue esiste dal 2020 e dal 2025 viene considerata malattia endemica, ma non in fascia A e quindi non viene considerata un’emergenza sanitaria, per cui il ministero non mette a disposizione strumenti economici per eventuali indennizzi", ha aggiunto l'assessore Meloni.
La situazione nelle Marche
Nelle Marche, da inizio anno, sono stati accertati circa 120 focolai, secondo il Bollettino epidemiologico nazionale veterinario. L’Azienda sanitaria territoriale più coinvolta è quella di Macerata, che detiene quasi il 50% del patrimonio ovicaprino della regione. Nei focolai sono presenti oltre 24mila ovini e, di questi, ad oggi, ne sono morti 600. Colpiti anche un allevamento di alpaca e di yak. L’assessore Andrea Maria Antonini ha proposto una modifica di bilancio per garantire un sostegno immediato agli allevatori danneggiati dalla malattia: le somme potranno riguardare la copertura dei costi per il vaccino e per i prodotti repellenti per gli insetti vettori, o sotto forma di indennizzi. Gli aiuti potranno arrivare fino al 100% a seconda della tipologia del danno economico subito.
La situazione nel Lazio
Tra le Regioni più colpite c'è anche il Lazio, con circa 260 focolai registrati da inizio anno, secondo il Bollettino epidemiologico nazionale veterinario. La diffusione del virus ha particolarmente colpito gli allevatori di ovini della zona nord di Roma, il Reatino e la Tuscia viterbese. La Regione ha quindi optato per un bando straordinario a sostegno degli allevatori ovicaprini colpiti dalla malattia. La misura prevede contributi a fondo perduto in regime "de minimis" agricolo e prevede una dotazione iniziale di 300mila euro, con l’obiettivo di alleviare le difficoltà economiche causate dalla diffusione del virus in numerosi allevamenti.
La situazione in Sardegna
La lingua blu ha fatto di nuovo capolino anche in Sardegna, ma con numeri però decisamente inferiori rispetto all'anno scorso. Grazie alla massiccia campagna di vaccinazioni avviata nel 2025, allo stato attuale si contano "solo" 770 capi morti contro i 64mila registrati al 30 settembre 2024. E se ad agosto 2024 ben 11mila capi erano stati stroncati dalla malattia, quest'anno da inizio diffusione del virus - con i primi casi segnalati a luglio - il dato si attesta a circa l'1% rispetto all'anno precedente. I pochi focolai attivi interessano i territori del Cagliaritano, Nuorese e dell'Ogliastra. La Regione ha anche sbloccato indennizzi per un totale di quasi 26 milioni di euro come ristori per i danni della lingua blu nel 2024.
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Colpito anche il Nord Italia
Casi di lingua blu sono stati segnalati anche nel Nord Italia: in Trentino (l'ultimo a Piné, nella Provincia autonoma di Trento), in Friuli-Venezia Giulia (da inizio estate si sono registrati oltre 30 focolai), in Veneto (con circa 140 ovini morti nel Bellunese, insieme a una ventina di yac) e in Emilia-Romagna (una decina gli allevamenti colpiti).
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Le richieste di Confagricoltura
Alla luce della situazione in tutta Italia, Angela Saba, presidente della Fnp Allevamenti Ovicaprini di Confagricoltura, chiede alle istituzioni "di mettere in campo misure di coordinamento su tutto il territorio nazionale, a partire da piani di vaccinazione mirati e con copertura di tutti i costi a carico degli allevatori e di tutti sierotipi circolanti. Sarebbe necessario, poi, dar vita immediatamente a interventi di prevenzione e sostegno per le spese effettuate per l’acquisto e l’utilizzo di repellenti contro gli insetti vettori". Non solo: "Sono da prevedere indennizzi per le perdite dirette e indirette subite dagli allevamenti colpiti, inclusa la mancata produzione e i costi per il ripristino del patrimonio zootecnico. Infine, chiediamo l'istituzione di un Fondo nazionale per le malattie animali e vegetali, con una dotazione finanziaria adeguata per intervenire tempestivamente in situazioni di emergenza, come quella attuale e garantire il sostegno agli allevatori su tutto il territorio nazionale", dice Saba.
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